Ciak si mangia, un variegato menù tra film, feste e cibo

Si sa, durante le feste si appagano gli occhi e la bocca in un’orgia bulimica di film e prelibatezze. Come diceva Hitchcock: “Il cinema non è un pezzo di vita, è un pezzo di torta”. D’altronde, il 28 dicembre 1895, il giorno in cui nacque il cinematografo, i fratelli Lumière proiettarono La colazione del bimbo in cui due genitori imboccano il loro figlioletto. E nel 1904 Georges Méliés, con la sua fantasmagoria Sorcellerie culinaire, trasformò una cucina in un inferno. Insomma, quando si appropinquano gli ultimi dieci giorni di dicembre, è d’uopo aggiungere un posto a tavola e una poltrona al cinema. Nel 2016 è uscito addirittura un lungometraggio intitolato La cena di Natale, diretto da Marco Ponti. Nella splendida cornice di Polignano a Mare, tuttavia, il desinare risulterà non proprio festoso perché le sorprese a volte sono brutte e le meringhe possono pure andare di traverso. Pure i commensali di La Neve del cuore, necessitano di un Alka Seltzer per digerire le scottanti rivelazioni servite tra una portata e l’altra. Forse per evitare reflussi gastrici è d’uopo seguire l’esempio delle Bad Moms che nel sequel si gustano sotto l’albero un take away cinese. Shaobing per tutti, perché del doman non vi è certezza. Per trovare una cena natalizia tradizionale ma non smielata, occorre ripiegare sul classico Festa in casa Muppet con tanto di tacchino consumato da Scroodge, Kermit e Miss Piggy all’ombra del racconto di Dickens. Così, tra il Natale esplosivo griffato da quei mattacchioni della rivista National Lampoon con tanto di gatto fulminato e il magico Santa Claus di Harry Potter e l’ordine della fenice, finisce che persino lo sciroppo all’acero aggiunto agli spaghetti da Will Ferrell in Elf può risultare un condimento azzeccato. In fondo a Natale siamo tutti più buoni, dolci e zuccherosi. Il pranzo è servito A prescindere dal celebre quiz , il cibo riesce a rendere conviviale anche la galera se a occuparsi dei manicaretti sono Quei bravi ragazzi di Scorsese. Insomma, per usare un motto caro a Il Padrino di Coppola “Lascia la pistola e prendi i cannoli”. Perché in fatto di cucina gli italoamericani la sanno lunga. Basta pensare al succulento timballo di Big Night: “Al suo interno ci stanno le cose più buone del mondo!". Sfiziose pure le pietanze italo-turche che condiscono tutto il cinema di Ozpetek: da Le fate ignoranti a Saturno Contro. Per gli amanti delle Tapas, il nome giusto è Almodovar. Le tortillas di Penelope Cruz in Volver e il gazpacho di Carmen Maura in Donne sull’orlo di una crisi di nervi sono superbi. Se si parla di cucina francese, il maestro è Vatel, l’inventore della crema Chantilly. Ai fornelli se la cavano bene pure i messicani. Nonostante siano nervosi, in Come l’acqua per il cioccolato sfornano afrodisiache quaglie in salsa di petali di rosa e altre prelibatezze da gourmet. Al pari dei danesi: Chi non vorrebbe partecipare al Pranzo di Babette e annegare in brodo di tartaruga, caviale, foie gras, babà al rhum? Se poi si amano i sapori speziati, c’è il greco un Tocco di zenzero e il tunisino Cous cous di Abdellatif Kechiche che ha deliziato i difficili palati veneziani. Con l’oriente si va sempre sul sicuro: dal Banchetto di Nozze a Mangiare bere uomo donna , passando per Tampopo del nipponico Juzo Itami. Se invece al giapponese ci volete andare con il ragionier Fantozzi, è meglio optare per il più ruspante “Gigi il troione”. Anzi, vista la sfortuna proverbiale del ragioner Ugo con tordi e pomodorini è meglio darsi malati. Da evitare pure un eventuale passaggio in India. Si rischia di finire come in Indiana Jones e il Tempio maledetto, costretti a degustare cervelli di scimmia e altre amenità. Alla fine, forse è meglio farsi invitare dal topo di Ratatouille. Cucina italiana È dai tempi di Trimalcione che a noi italiani piace mangiare. Da Miseria e Nobiltà a Un americano a Roma, di fronte alla pasta ci esaltiamo. Di fronte al timballo di maccheroni del Gattopardo, incantati dall’oro brunito dell’involucro e dalla fragranza di zucchero e di cannella ci commuoviamo. Pure se siamo snob, ci sciogliamo se in tavola arrivano le mitiche zuppone alla Porcara celebrato dai Nuovi mostri. Ma a volte mangiare significa morire. Come accade alla comparsa Stracci che crepa di indigestione sulla croce nella Ricotta, capolavoro di Pasolini. O ai quattro crapuloni della Grande Abbufata di Marco Ferreri. "Aspiranti suicidi con lo stomaco traboccante e i genitali svuotati", come scrisse Moravia. Un film farcito di sesso e morte tra una bavarese di tette, una torta Andrea e un monologo di Amleto con in mano la testa di maiale al posto del teschio di Yorik. Ma a svelenire il clima, ci pensa semore Albertone: " Macaroni... m'hai provocato e io te distruggo, macaroni! I me te magno!” Digestioni difficili Il Maalox non serve. A volte solo il digiuno può salvare la vita. Altrimenti, il cenone natalizio può risultare acido come in Benvenuti in casa Gori di Alessandro Benvenuti o esplosivo come in Parenti serpenti di Monicelli. E il rischio è di deflagrare come il Mr. Creosote dei Monty Phyton. A meno che non si vogliano imitare i concorrenti di Taxidermia per cui la bulimia è uno sport e darsi alle perversioni nutrizioniste illustrate in Feed. Diffidare, inoltre, dei prelibati pasticci proposti dal protagonista dell’Oscar insanguinato. Nonostante nella vita fosse un ottimo cuoco, Vincent Prince nel film usa due graziosi barboncini per la sua ricetta. Da scartare anche il ristorante cinese di eXisteNz gestito da David Cronenberg con i suoi rettili mutanti e la cena rinascimentale offerta da Burt Lancaster in La pelle della Cavani con tanto di inquietante sirenetta, parente della mostruosa cernia servita in Lunga vita alla signora di Olmi. Se non si è antropofagi, sono sconsigliati sia le torte di Sweeney Todd sia gli stufati di Delicatessen. Per inciso, meglio declinare qualsiasi invito del dottor Hannibal Lecter. Il menù potrebbe prevedere il cervello di Ray Liotta al forno o, peggio, il vostro fegato con un piatto di fave. Parimenti è pernicioso prenotare un tavolo a Le Hollandass, il ristorante di Il cuoco, il ladro, sua moglie, l’amante di Grenaway. Non tutti gradiscono uno scrittore in salmì. Ma forse alla fine, è sufficiente una mentina per comprendere il senso della vita. Sicché per trascorre le feste in serenità e non scapicollarsi al pronto soccorso per una lavanda gastrica, basta evitare il ristorante dello chef Julian Slowik del film The Menù e astenersi dall’imitare i fruttivendoli Remo e Augusta di Le Vacanze Intelligenti, che per vendetta si sono mangiati l’impossibile. In fondo, persino Il Grinch alla fine si accomoda al desco natalizio e rende omaggio "alla gentilezza e all’amore, le cose di cui abbiamo più bisogno!”. E non soltanto dal 24 dicembre alla Befana.