The Marvels: stringiamoci intorno alla famiglia Marvel (come Carol Danvers). La recensione

Cinema
Vittoria Romagnuolo

Vittoria Romagnuolo

Courtesy Disney Italia
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Anche nella Fase 5 del MCU gli Studios non credono abbastanza in Captain Marvel che si ritrova a dividere la scena con altre due “meraviglie”, Monica Rambeau e Ms. Marvel, che conquista tutti con la sua spontaneità. Ma non è tempo di supereroi e i fan devono (e possono) sperare nel ricambio generazionale (temuto da molti)

Lo zoccolo duro dei fan delle storie targate Marvel Studios non ha saltato l'appuntamento con il titolo numero trentatré di quella che oggi è diventata la Saga del Multiverso dedicato a quella parte della macrostoria che ha a che fare con le avventure di Carol Danvers aka Captain Marvel.
Gli Studios, su cui soffiano venti di tempesta legati alle altalenanti fortune di titoli e serie tv, hanno affidato le proprie sorti all'attrice premio Oscar Brie Larson chiamata a riportare l'interesse sui film con i supereroi, su cui l'attenzione sembra essersi appannata. Nel giorno della sua uscita in Italia, l'8 novembre, il film si è piazzato secondo al box office, segnando il peggior debutto di un film del MCU nel nostro Paese ma questo record negativo non è sufficiente per decretare il fallimento dell'intera missione.

Tre eroine sono meglio di una

Come già accaduto nel 2019, quando in vista di Avengers: Endgame gli sceneggiatori ritennero opportuno ridimensionare il ruolo di Captain Marvel (che pure aveva i poteri per cambiare il destino della battaglia finale), anche nella Fase 5 del MCU gli Studios non credono abbastanza in Carol Danvers che si ritrova a dividere la scena con altre due “meraviglie” che possono vantare poca esperienza: Ms.Marvel, che ha salvato Jersey City ancora prima del diploma, e Monica Rambeau i cui poteri elettromagnetici sono più che utili in questa battaglia contro i ribelli dello spazio di turno che aprono squarci minacciosi tra una dimensione e l'altra.
Tre eroine sono meglio di una in questa missione intergalattica che, tuttavia, suona fin dagli inizi come un ulteriore momento di raccordo in vista di una nuova crisi che minaccia la sopravvivenza di tutti.
La domanda degli spettatori è la stessa dai tempi di Endgame: quando arriverà? In attesa della risposta non resta che prendere quello che c'è sul tavolo stringendosi a ciò che amavamo e che pure abbiamo trascurato. Che poi è la lezione che impara Carol Danvers nel film (e che insegna a tutti noi).

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Ms. Marvel la migliore delle tre

Carol Danvers ritrova la figlioccia Monica Rambeau dopo averla lasciata da sola per molto tempo convinta di non aver bisogno di nessuno, tantomeno di una famiglia, per portare avanti i suoi compiti. Per una strana connessione, per respingere Dar-Benn, una villain poco temibile con la faccia di Zawe Ashton, Danvers deve agire con la giovane Ms. Marvel e Monica.
Solo quando sono in team le tre possono confondere il nemico e la loro unione, che ha i tratti della più classica sorellanza, porta alla messa a punto della necessaria mossa finale.
Al di là degli scontri, dei salvataggi spettacolari e delle trovate visive ad effetto, è nei momenti in cui le tre scoprono i tratti più spontanei della loro personalità che il pubblico si sente più a casa. I vecchi fan Marvel cercano ancora i momenti in cui si ride e quelli in cui ci si emoziona e scoppiano in un boato quando sullo schermo riappaiono compagni di giorni migliori, come Tessa Thompson/Valchiria, la cui presenza era stata anticipata nel trailer finale.
Sorellanza e famiglia sono le colonne che tengono in piedi il film che non sarà ricordato per lo spettacolo o le mega battaglie (qui un po' sottotono). La migliore? Iman Vellani/Ms.Marvel che sgrana gli occhi davanti al sogno di lavorare al fianco del suo idolo Captain Marvel ma il giudizio non tiene conto degli adorabili gattini alieni Flerkens che quando compaiono conquistano anche i cuori dei più scettici.

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Quando Marvel raccontava l'apocalisse

Come Carol Danvers si stringe alla famiglia, così Marvel chiede di stringerci a una storia ultradecennale che in un'ora e quarantacinque minuti (una durata contenuta che è un punto a favore del film) fa qualche passo in avanti gettando le basi per quello che verrà, quel ricambio generazionale temutissimo dai fan della prima ora, a questo punto, inevitabile.
Non si esce proprio scontenti ma certamente pieni di (lecite) domande. Una su tutte: sono le trame Marvel ad essere diventate deboli oppure siamo noi ad aver perso lo slancio al cospetto di questo tipo di storie (che ci piacevano quando l'apocalisse sembrava lontana)? Una cosa è certa: non è più tempo di supereroi e il successo dei biopic prova la fame di storie vere del pubblico. Il cinema come via di fuga ora ci interessa poco, non è un caso che anche nell'universo rosa di Barbie le bambole soffrono. Sono i prodromi di un nuovo neorealismo? Solo quattro anni fa il problema più grande di tutti era il fatto che l'eroina più forte fosse una donna. Almeno questo ce lo siamo messo alle spalle.

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