Comandante, il film con Pierfrancesco Favino arriva al cinema. La recensione

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Il lungometraggio di Edoardo De Angelis trasporta sul grande schermo la vera storia di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina, durante la Seconda Guerra Mondiale. Un appassionato kolossal made in Italy che ci ricorda che la legge del mare è più forte di ogni guerra, Nelle sale cinematografiche dal 31 ottobre

“In mare, siamo tutti alla stessa distanza da Dio, a distanza di un braccio. Quello che ti salva”. Inizia con queste parole. pronunciate da un membro dell’equipaggio del trimarano russo “Russian Ocean Way” salvato nel marzo del 2023 nelle acque del Pacifico da una nave ucraina, Comandante, ha iinaugurato Mostra del cinema di Venezia 2023.; ) Edoardo De Angelis, dopo  Perez (2014) e Indivisibili (2016) ha firmato il  lungometraggio incentrato su Salvatore Todaro, il sommergibilista nato a Messina nel 1908 ma cresciuto a Chioggia. Un comandante che affondava le navi nemiche, ma che salvava gli uomini, al grido di “qui non siamo in guerra, siamo in mare”. Il l film arriva nelle sale dal 31 ottobre

“Perché noi siamo italiani”

15 milioni di euro di budget. Uno scafo in acciaio lungo73 metri copia pressoché autentica del Cappellini. 150 tavole da disegno che hanno restituito ogni dettaglio e particolare del sommergibile. Sono solo alcuni dei numeri del film Comandante. Ma la forza della pellicola non è soltanto nella matematica. Edoardo De Angelis, insieme a Sandro Veronesi che ha scritto la sceneggiatura ci hanno messo il cuore. Il risultato è un’opera che senza retorica cerca di spiegare il senso della famosa frase pronunciata da Totaro

Siamo nell’’ottobre del 1940, il sommergibile Cappellini naviga nelle acque dell’Oceano atlantico. Improvvisamente si palesa il Kabalo, un mercantile di nazionalità belga carico di materiale bellico destinato all’Inghilterra, che apre il fuoco contro l'equipaggio italiano. Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.

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Pierfrancesco Favino è il comandante, tra Sisifo e il Mago Bakù

Non è un eroe da operetta, il comandante interpretato da un Pierfrancesco Favino in stato di grazia.  Né tanto meno un pacifista ante litteram. È un militare che affonda il ferro, ma che salva l’uomo. E non è nemmeno un “mona” per dirla in dialetto veneto. È un marinaio consapevole che il suo destino sarà quello di morire in mare. Tormentato da una lesione alla colonna vertebrale rimediata durante un’esercitazione su un idrovolante, Salvatore Totaro sa che il fascismo è dolore e che la vita è un lampo con tutto ciò che ne consegue, come recita il triviale proverbio. Eppure, il sommergibilista pare dotato di capacità taumaturgiche. Tant’è che lo hanno soprannominato Mago Baku. Sarà per questo pratica lo Yoga, cerca di limitare la morfina e crede nella mitologia greca. Come Sisifo trasporta il masso, si sacrifica ogni giorno e accetta il proprio destino. In mare le trincee sono invisibili, i funerali frugali e le croci di corallo. Ma anche qui la guerra non è certa l’igiene del mondo.

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Da Un' ora sola ti vorrei a Il soldato innamorato

“Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità!”, recita il celebre inno composta durante il regime fascista su musica di Mario Ruccione. Ma il comandante è più affine, non solo musicalmente a Un’ ora sola ti vorrei o a Il Soldato innamorato. Nel rappresentare, la cruda quotidianità dell’equipaggio del sommergibile Cappellini in tempi di guerra, il film affida al cibo, la speranza di una vita migliore, di una felicità lontanissima, eppure tangibile. Quelle pietanze recitate come un mantra durante i titoli di coda si trasportano in un mondo in cui non c’è spazio per la guerra. E alla fine, saranno le patatine fritte a farci superare ogni conflitto. Bizzarro che le abbiano inventate i belgi e non i napoletani, avvezzi a friggere qualsiasi cosa.

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