Origin, la recensione del film in concorso alla 80.ma Mostra del Cinema di Venezia

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Ava Du Vernay, prima regista afroamericana in gara per il Leone d'Oro, porta al Lido un lungometraggio ispirato al saggio "Caste: The Origin of our Discontents scritto da Isabel Wilkerson, autrice vincitrice del Premio Pulitzer

C’è sempre una prima volta nella vita. E anzi nel caso Ava Marie DuVernay, regista, sceneggiatrice, imprenditrice, produttrice e giornalista americana (nata a Long Beach, 24 agosto del 1972) le prime volte sono state addirittura tre. Infatti, dopo essere stata la prima cineasta nera a vincere al Sundance Film Festival nel 2012 con il suo secondo lungometraggio Middle of Nowhere, la prima donna afroamericana essere nominata per il Golden Globe per il miglior regista e l'Oscar al miglior film, grazie al documentario XIII emendamento, Ava è la prima autrice nera in concorso al Lido. Origin, infatti, è in gara per conquistare il Leone D’Oro alla 80.ma Mostra del cinema di Venezia. E pensare che DuVernay, ha preso in mano una telecamera per la prima volta all’età di 32 anni.

Origin, la trama del film

Origin è un film incentrato sulla vita e sul lavoro dell'autrice vincitrice del premio Pulitzer Isabel Wilkerson. La donna sta vivendo un momento molto complesso della sua esistenza. Sua madre è anziana e forse dovrà essere ricoverata in una casa di cura e come se non bastasse dovrà affrontare una terribile tragedia famigliare. Sarà attraverso le ricerche e le indagini compiute per realizzare il libro Caste: The Origin of Our Discontents, che la scrittrice troverà la forza per reagire al dolore e alle avversità. Tant’è che il suo libro diventerà un autentico best seller a livello mondiale oltre a un saggio seminale, un testo fondamentale per comprendere i tempi in cui viviamo e la struttura gerarchica e razzista della società americana.

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Sognare un mondo senza caste

Trasportare sul grande schermo, soprattutto se parliamo di un film di finzione, un libro complesso e stratificato, un saggio che cerca di trovare dei parallelismi tra il razzismo negli Stati Uniti, la persecuzione nazista nei confronti degli ebrei e il sistema della caste che regola la società indiana, sembrerebbe, almeno sulla carta, una missione impossibile. Ma Origin vince la scommessa alla grande, in virtù soprattutto dell’abilità registica di Ava Marie DuVernay e alle sue ottime capacità di sceneggiatrice, la cineasta riesce a rendere vivide ed emozionanti le pagine del libro. Dalla vicenda del ragazzo iscritto al partito nazionalsocialista tedesco, innamorato di una giovane, che si rifiuti di fare il saluto nazista con il braccio destro teso, durante il comizio alla tragedia dei Dalit i cosiddetti "intoccabili” che in India sono costretti a pulire le fogne a mani nude, il lungometraggio viaggia con successo nel tempo e nello spazio. Ci si emoziona e ci si indigna, con la speranza di poter sognare di vivere in futuro in un mondo in cui le caste non esistano. E se Origin raggiunge il proprio obiettivo, il merito è anche dell’attrice protagonista, ovvero Aunjanue Ellis-Taylor, . Una star talentuosissima che presto potremo ammirare nel remake di Il Colore Viola. Completano il cast del lungometraggio Jon Bernthal, Niecy Nash-Betts, Vera Farmiga, Audra McDonald, Nick Offerman, Blair Underwood e Connie Nielsen.

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