Mostra di Venezia, Pinochet è un vampiro nel film El Conde di Pablo Larrain. La recensione
CinemaIn un abbacinante bianco e nero, il regista cileno firma una feroce e geniale pellicola d’autore tra horror, satira e commedia nera. Un lungometraggio che si trasfigura in un importante monito perché la “Storia” non si ripeta
“The World is a Vampire” ("Il mondo è un Vampiro”) cantavano gli Smashing Pumpkins in "Bullet with Butterfly Wings". E Pablo Lorrain ha scelto per il suo decimo film di trasformare il generale e dittatore cileno Augusto Pinochet in un crudele epigono del conte Dracula. Dopo essere stato protagonista al Lido nel 2019 con "Ema" e nel 2021 con "Spencer", il cineasta è in concorso alla 80.ma Mostra del Cinema Venezia (SCOPRI LO SPECIALE) con "El Conde", una pellicola coraggiosa e sorprendente. Un’opera che dimostra quanto il regista di "No - I giorni dell’arcobaleno" e "Jackie" sia un autore nel vero senso della parola. Scevro da qualsiasi corrivo compromesso o ammiccamento piacione, Larrain firma un’opera personale destinata, con ogni probabilità, a non soddisfare i gusti di chi intende i film come puro e semplice intrattenimento, ma certamente destinata a chi crede ancora che il cinema possa essere una forma d’arte. Dopo il passaggio veneziano, la pellicola sarà visibile sulla piattaforma Netlix (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) a partire dal 15 settembre.
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El Conde, la trama del film tra vampiri e dittatori
In "El Conde", Pablo Larrain immagina un universo parallelo ispirato alla recente storia del Cile. In questo mondo immaginario Augusto Pinochet è un vampiro di 250 anni: ma l’ex dittatore è stanco di vivere. Come direbbe Borges “è immortale con il terrore di esserlo”. Si sente trattato alla stessa stregua di un ladro. Per usare le sue parole "a un soldato si può dire che è un assassino, ma non che è un ladro". Certo ammette di aver commesso degli errori, soprattutto di contabilità, ma d’altronde i suoi figli non sanno lavorare e lui non vuole che muoiano di fame. Tuttavia, l’incontro con una volitiva contabile porta il novello Conte Dracula a ritornare sui suoi passi e a decidere di continuare a succhiare sangue e a intraprendere una nuova relazione; tra suggestive sequenze ambientate durante la Rivoluzione francese e dialoghi sardonici, la pellicola, girata tra Valparaíso, Santiago, La Boca, Penquehue, la Patagonia e l'Antartide cilena, ci restituisce, grazie a un abbacinante bianco e nero, tutta la potenza del cinema inteso come settima arte.
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Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla
Come scriveva Stéphane Mallarmé “un tratto ai dadi non abolirà mai la sorte”. Sicché certe idee, sovente geniali, nascono per caso. Pablo Larrain osservava le fotografie di alcuni generali cileni, tra cui Pinochet con indosso un mantello e subitaneamente ha associato quelle figure ai vampiri. E in "El conte", quando l’ex dittatore si libra nel cielo in una sorta di perturbante mix tra Nosferatu e Batman, vengono in mente i capolavori del cinema espressionista tedesco e i cinecomic griffati Marvel o DC. Attraverso gli stilemi del genere horror e con un occhio alla trilogia del potere firmata da Alexander Sokurov, il regista ci parla di una ferita mai rimarginata, di un criminale, deceduto nel 2006, quando era ancora sotto inchiesta, che non ha dovuto confrontarsi con la vera giustizia. In fondo, la cosa più terrificante di questo magnifico e originalissimo lungometraggio non sono i cuori umani, strappati dal petto delle vittime e poi frullati e ingollati dai vampiri, ma l’impunità di cui ha goduto in vita Pinochet. Ed è ancora più spaventosa l’eventualità che tutto questo possa riaccadere. Visti i tempi non è affatto banale e scontato citare l’aforisma del filosofo britannico Edmund Burke che campeggia su un monumento collocato nel campo di concentramento di Dachau: “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla".