The Terminal, la vera storia del rifugiato politico che ispirò il film con Tom Hanks

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Mehran Karimi Nasseri veniva stato ritrovato all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi 35 anni fa, il 26 agosto del 1988. Qui è rimasto per circa 18 anni fino al luglio 2006. Dalla sua storia, Steven Spielberg ha preso spunto per la celebre pellicola con l'attore americano, Catherine Zeta-Jones e Stanley Tucci. Cos' è successo realmente

The Terminal, il famoso film di Steven Spielberg interpretato da Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones e Stanley Tucci è uscito nel 2004, ma dietro alle assurde vicende di Viktor Navorski c’è un caso di cronaca. La pellicola, infatti, è ispirata alla storia vera di un rifugiato politico iraniano: Mehran Karimi Nasseri. Sono passati 35 anni da quando l’uomo è arrivato all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, esattamente il 26 agosto del 1988, dove è rimasto a vivere per circa 18 anni. L’opera di Spielberg, in realtà, ha molte differenze rispetto a ciò che accadde realmente: il nome di Karimi non viene infatti citato in nessun materiale pubblicitario relativo al film, ma la sua storia è stata comunque usata dal regista come base per realizzare la commovente e divertente pellicola presentata come film d’apertura alla 61esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ecco cosa accadde realmente 35 anni fa.

Chi era Mehran Karimi Nasseri

Mehran Karimi Nasseri era nato a Masjed-e Soleyman nel 1945 e nel 1973 si era trasferito in Inghilterra per studiare all’università di Bradford. Nel 1976 era tornato in Iran prendendo parte, in prima linea, alle proteste contro lo scià Mohammad Reza Pahlavi. Secondo quanto affermato da Nasseri, sarebbe stato arrestato per il suo attivismo ed espulso dal Paese dopo quattro mesi di detenzione. Le indagini, però, non hanno trovato riscontro in quanto non risultò l’emissione di alcun ordine d'espulsione dal territorio nazionale. L’uomo provò comunque a emigrare nel Regno Unito che però gli rifiutò l'asilo politico. Cominciò quindi a vagare per l’Europa fino a quando, nel 1981 ottenne la tessera di rifugiato dalle autorità del Belgio. Con i documenti in regola provò nuovamente a entrare in Gran Bretagna, ma venne respinto e si ritrovò senza documenti perché li aveva inviati all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a Bruxelles.

Mehran Karimi Nasseri, who prefers to be known as "Sir Alfred", stands in front of a poster of Steven Spielberg's movie "The Terminal" loosely based on his life in Charles de Gaulle Airport Terminal 1 where he has been living since 1988. After Britain refused him political asylum (despite his Scottish mother) he eventually declared himself stateless. (Photo by Christophe Calais/Corbis via Getty Images)

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La sparizione e la riapparizione di Nasseri all’aeroporto Charles De Gaulle

Negli anni ’80 Nasseri iniziò a mostrare i primi segni di un declino mentale. Iniziò a farsi chiamare “Sir Alfred Mehram” e affermando d’ignorare chi fosse Mehran Karimi Nasseri a cui i suoi documenti facevano capo. Dopo un tentativo d’ingresso fallito in Francia, nel 1985, fece perdere le sue tracce. Il 26 agosto del 1988 venne infine ritrovato al terminal 1 dell’aeroporto Charles de Gaulle, mentre tentava ancora d’imbarcarsi per l’Inghilterra. Da quel momento rimase nello scalo per anni in una situazione di “limbo giuridico”, derivante da un circolo vizioso delle procedure d’ingresso degli Stati coinvolti. La regolarizzazione del titolo di permanenza dipendeva dalla sua tessera di rifugiato, accordatagli dal governo belga. Quest’ultimo chiedeva che fosse Nasseri in persona ad andare a ritirarla, ma lui non poteva uscire dalla Francia perché i suoi documenti erano all’estero. Nel 1999 la situazione sembrò sbloccarsi quando venne accompagnato al tribunale di Bobigny per ritirare i suoi documenti. Nasseri, però, in quell’occasione sostenne che i documenti erano errati e dichiarò: “Non sono a mio nome. Io non sono più quello che ero. Ormai mi chiamo sir Alfred Merhan e non sono iraniano. Mio padre era svedese e mia madre danese”. Tornò perciò a soggiornare al terminal 1 dell’aeroporto parigino fino al luglio 2006 quando venne ospedalizzato a causa di un’intossicazione alimentare. Una volta dimesso, venne preso in consegna dalla Croce Rossa francese del Charles De Gaulle, soggiornando in un albergo vicino all’aeroporto per poi essere trasferito, nel marzo 2007, in una casa d’accoglienza nel XX Arrondissement di Parigi. Poche settimane prima del decesso, avvenuto il 12 novembre del 2022, era tornato a risiedere nell’aeroporto.

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La vita in aeroporto e cosa è successo dopo l’uscita del film

Negli anni vissuti in aeroporto, Mehran Karimi Nasseri aveva tutto quello di cui poteva necessitare: cibo, alloggio e la stireria e la tintoria dell’aeroporto che lo trattavano con un occhio di riguardo. Grazie ai diritti della sua storia Mehran Karimi Nasseri ha guadagnato dei soldi e per un periodo, subito dopo l’uscita del film di Spielberg, è stato intervistato dai giornali di tutto il mondo. Le interviste venivano fatte dal divano rosso nell’angolo nel Terminal 1 diventato la sua casa. Grazie ai soldi guadagnati, per un periodo il rifugiato iraniano avrebbe vissuto in una stanza di albergo e, poco prima di morire, sarebbe tornato nel terminal perché avrebbe esaurito i suoi risparmi, anche se nelle sue tasche sarebbero state ritrovate alcune migliaia di euro. Su questa parte della vicenda, però, non si hanno notizie certe e non è chiaro chi abbia pagato il sostentamento e la permanenza dell’uomo nella casa d’accoglienza di Parigi. Di certo, il film The Terminal di Steven Spielberg rese nota al pubblico di tutto il mondo la storia del rifugiato iraniano anche se la pellicola è abbastanza diversa dalla vera vita di Nasseri.

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La storia narrata in The Terminal

La trama di The Terminal di Steven Spielberg è molto diversa dalla storia di Nasseri, nonostante il regista abbia preso spunto per il film proprio dalla vicenda del rifugiato iraniano. Nella pellicola il protagonista è Viktor Navorski, proveniente da un Paese immaginario dell’Europa orientale, la Krakozhia. Mentre è in viaggio verso gli Stati Uniti, in patria avviene un feroce colpo di stato che rende totalmente nullo il suo passaporto. Atterrato all’aeroporto J.F. Kennedy di New York, Navorski viene quindi bloccato e costretto dal capo della sicurezza a rimanere all’interno del terminal per un periodo imprecisato. Qui inizia un soggiorno forzato e surreale che lo porta a sperimentare l’amicizia, l’amore e la solidarietà da parte delle persone che incontra all’interno dello scalo.

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