Nato il 28 agosto 1962, il film-maker ha diretto svariati lungometraggi diventati veri e propri cult: da "Fight Club" a "The Social Network"
Tra i migliori film-maker della sua generazione, David Fincher taglia il traguardo dei 60 anni domenica 28 agosto. Candidato tre volte all'Oscar per la miglior regia, ha diretto in carriera alcune pellicole diventate veri e propri cult. Da Fight Club a The Social Network, ecco le sue cinque opere da rivedere appena possibile.
Seven (1995)
Primo grande successo del cineasta statunitense, Seven segna l’inizio del sodalizio tra Fincher e Brad Pitt, che divide qui lo schermo con Morgan Freeman e Gwyneth Paltrow. Il thriller si colloca nel filone degli omicidi seriali ma, a differenza dei predecessori, si caratterizza per colpi di scena continui e imprevisti cambi di registro.
Fight Club (1999)
Quattro anni dopo il successo di Seven, il film-maker torna a lavorare con il suo attore feticcio in un altro lungometraggio diventato negli anni un cult: Fight Club. Ispirato all'omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, il progetto ruota attorno a un club di lotta clandestina che assume ben presto connotati rivoluzionari.
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Il curioso caso di Benjamin Button (2008)
Non solo thriller ad alta tensione. Fincher e Pitt si ritrovano a lavorare assieme anche in un film drammatico/sentimentale come Il curioso caso di Benjamin Button. Il lungometraggio, su un uomo che vive la propria vita al contrario, viene candidato a 13 premi Oscar e se ne aggiudica tre tecnici (scenografia, trucco ed effetti speciali).
The Social Network (2010)
Tra le pellicole più attese di quell'anno, The Social Network racconta la nascita e l’ascesa del “papà” di tutti i social: Facebook. Sceneggiata da Aaron Sorkin, che ha adattato per il grande schermo il libro di Ben Mezrich, l’opera lancia la carriera di un allora quasi sconosciuto Jesse Eisenberg, affiancato da Andrew Garfield e Justin Timberlake.
Mank (2020)
Sceneggiato interamente dal padre di Fincher, Jack, Mank ruota attorno alla realizzazione dello script del film Quarto potere da parte di Herman J. Mankiewicz, interpretato da Gary Oldman. Il film, che vede nel cast anche Amanda Seyfried e Lily Collins, ha ricevuto dieci candidature ai Premi Oscar e ne ha vinti due.