Wild Nights with Emily Dickinson, la recensione del film

Cinema

Paolo Nizza

Dal primo giugno arriva al cinema, con Cineclub Internazionale Distribuzione, il terzo lungometraggio della cineasta Madeleine Olnek, dedicato a Emily Dickinson, candidato a due Independent Spirit Awards nel 2020. Basato sulle lettere segrete della grande poetessa americana di metà Ottocento, pubblicate da Einaudi, un ritratto irriverente e geniale che ribalta l'immagine stereotipata dell'artista

A Emily Dickinson piacevano molto i fiori. Coltivava gelsomini, gardenie, camelie, orchidee, ma adorava anche le piante selvatiche come il trifoglio, le genziane, le margherite e le violette. E in fondo, Wild Nights with Emily Dickinson è una sorta di fiore raro e selvaggio che sboccia nelle sale italiane dal primo giugno, grazie a Cineclub Internazionale Distribuzione. Basato sulle lettere di Emily Dickinson, pubblicate da Einuaudi, il film libera l’immagine della poetessa dai polverosi e corrivi luoghi comuni, per offrirci un ritratto rivoluzionario, impavido e divertente di una delle figure più importanti della letteratura mondiale. Liberata dalle catene del conformismo di certi circoli letterari, da certi occhiuti club del libro, Dickinson evade da quella gabbia museale, da quella figura solinga, dolente e tristanzuola per restituire all’artista tutta la forza di una poetessa innamorata e geniale. Come diceva Jim Morrison “le poesia hanno i lupi dentro”. E il film, grazie all’ironia e all’intelligenza, demolisce il castello di quel patriarcato che spesso e volentieri ha negato in letteratura e pure in altri ambiti alle donne un ruolo da protagoniste.

 Wild Nights with Emily Dickinson, dalla regista alla protagonista

L’inarrivabile Giorgio Manganelli consigliava a un aspirante scrittore di iscriversi alla facoltà di geologia e non a quella di lettere. A volte le strade laterali più tortuose e meno battute sono quelle che ci portano a destinazione. Sicché Madeleine Olnek, metteur en scène di spettacoli di Standup comedy su Zoom con la comica Jackie Monahan durante la pandemia, nonché regista di Codependent Lesbian Space Alien Seeks Same (2011) e The Foxy Merkins (2014), insieme a Molly Shannon, nota comica del Saturday Night Live e bizzarra vicina di casa nella serie tv Will & Grace, ci hanno rivelato molte più verità su Emily Dickinson di tanti saggi letterari uggiosi e lapalissiani. Sulle note di una raffinatissima colonna sonora che spazia da Mozart a Listz, da Hayden a Schubert, da Paganini a Bach, il film è un beffardo e audace vaudeville vittoriano, inframezzato da momenti di autentica poesia, che attraverso l’irriverenza e lo stile squarciano il velo dell’ipocrisia. E se si ride amaro di fronte alle meschinità e alle piccinerie, purtroppo non solo appartenenti a quell’epoca lontana, ci si emoziona nell’ascoltare versi come questi: “Notti Selvagge, fossi io con te sarebbero notti selvagge nostra voluttà! Labili i venti a un cuore in porto già. Via la bussola, via le carte! Remare nell’eden! Ah, il mare! Potessi appena stanotte buttare l’ancora in te!”

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Emily Dickinson, la forza rivoluzionaria della poesia

Come recita il cartello finale: “Emily Dickinson riuscì a pubblicare solo 11 delle sue quasi 1.880 poesie durante la sua vita. Nel 1914, la figlia di Susan pubblicò un libro delle poesie di Emily, dedicato all’amore tra Susan ed Emily. Nel 1951, uno studioso che scoprì che le lettere di Emily a Kate, scrisse un libro riguardo a quella storia. Nel 1998, un articolo del New York Times ha documentato l’uso di un software per ripristinare il nome cancellato di Susan nelle lettere di Emily. Ancora oggi persiste il mito che vede Emily Dickinson, una delle poche donne entrate nel canone, come una reclusa mezza pazza, non amata e timorosa di pubblicare la sua opera.”

Cosi, con le potenti armi della poesia e del cinema, Wild Nights with Emily Dickinson ci restituisce tutta la vitalità di un’autrice prolifica innamorata e ricambiata dalla cognata Susan. Una poetessa combattente in un mondo letterario dominato dagli uomini e dal patriarcato.

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