Il regista più cinefilo di Hollywood ha illustrato durante un’intervista i motivi per cui a suo avviso recarsi nelle sale cinematografiche è un atto importantissimo. Più che un atto, un rito laico da celebrare assieme alla collettività di altri adepti che si radunano di fronte a un totem immortale: il grande schermo
Quentin Tarantino ha spiegato con le sue parole traboccanti sempre entusiasmo perché secondo lui recarsi fisicamente nelle sale cinematografiche è un atto importantissimo.
Intervistato da Stephen Colbert al The Late Show With Stephen Colbert, il regista più cinefilo di Hollywood ha detto la sua, assimilando l'andare al cinema a qualcosa di ascrivibile a un rito.
Prima abbiamo detto che andare in sala è un atto importante ma in realtà Tarantino l’ha definito più come un rito, qualcosa che quindi antropologicamente è di vitale importanza, alla base delle società umane, come la storia e soprattutto le religioni ci hanno insegnato.
“La TV è un qualcosa di buono ma per certi versi è un’esperienza usa e getta. E c’è un qualcosa che ha di particolare il cinema: quando esce un film che si vuole vedere si è disposti a lasciare la propria casa e a comprare un biglietto, si potrebbe fare di tutto quella sera, ma, alla fine, si decide di andare al cinema a vedere quel lungometraggio. E perciò si compra il biglietto, ci si siede in poltrona e si guarda quel film in particolare, godendosi l’esperienza. E intorno ci sono altre persone che hanno fatto la stessa cosa, e quando si spengono le luci il tutto diventa un qualcosa di collettivo. E quando l’esperienza è buona rimarrà nella memoria per sempre, diventando un’immagine indelebile”, ha affermato il regista di Pulp Fiction e Le iene.
Un rito laico
Dalle parole di Quentin Tarantino emerge proprio l'idea di un rito laico: recarsi nel tempio in cui viene celebrata la settima arte, con funzioni durante le quali si ascoltano sermoni cinematografici e in cui vengono illustrate parabole hollywoodiane (o d’essai che siano) è qualcosa di ben diverso dalla fruizione a casa di un film.
Starsene a casa propria, seduti sul divano in tuta mentre si armeggia il telecomando che idealmente equivale a uno scettro del potere equivale rimanere ben ancorati nella propria comfort zone. Quella home sweet home composta dalle pareti domestiche offre un tipo di esperienza ben lontana dal cinema in sala.
Le differenze casa-cinema sottolineate prima sono dunque quelle per cui ci si trova in un territorio altro, in una zona neutrale che non è dominata da noi, che qui non siamo i padroni di casa e non decidiamo nulla.
Un luogo che, anzi, potremmo viceversa definire con l'etichetta coniata dall'antropologo francese Marc Augé, ossia un non luogo, tanto quanto gli aeroporti, gli hotel, le stazioni e tutti quei posti in cui l’umanità si incontra ma poi sfugge a/da sé. I non luoghi sono "spazi architettonici e urbani di utilizzo transitorio, pubblico e impersonale, destinati a essere utilizzati in assenza di ogni forma di 'appropriazione' psicologica", scrive l'enciclopedia Treccani, facendovi rientrare anche le multisale.
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Determinante la mancanza di telecomando e di controllo
Tornando alla discrepanza casa-sala, poi, determinante è la mancanza del telecomando, quello strumento che ha tramutato l'uomo da homo sapiens a "homo zappens", non nel senso che zappa ma che fa zapping senza sosta e senza criterio.
Ma soprattuttoa fare la differenza è la mancanza di intimità: in sala non siamo sulla nostra poltrona, dove possiamo stare in pigiama e sgranocchiare patatine in maniera rumorosa senza che nessuno ci zittisca. Ma questo essere super relaxed non è sempre un bene, perché spesso va a braccetto con l'essere soli.
La forza dell'esperienza della sala cinematografica sta proprio nel farla vivere non in solitaria ma collettivamente.
Il fatto di condividere qualcosa di esperienziale con altre persone,
che sono sconosciuti ma che condividono con noi qualcosa (gusti
cinematografici ma anche "solo" quellka specifica esperienza di stare
seduti e respirare nella stesso luogo), è ciò che rende immortale il
film al cinema.
Siamo tutti estranei in una sala cinematografica ma
lo siamo anche in una chiesa, eppure a legarci nel cinema sono i nostri
gusti, la sensibilità, l’idolatria per un regista/attore, così come in
un tempio religioso ci accomuna un credo.
Se tra teatro e cinema la differenza è la quarta parete, che nel teatro c'è diegeticamente ma non veramente (gli attori recitano davvero davanti agli spettatori, le due "entità" cast e pubblico si potrebbero toccare se solo volessero), la grossa differenza tra cinema e streaming video ormai in voga è un’altra parete: in sala non ne abbiamo tra noi e gli altri spettatori, il che ci fa sentire meno soli e maggiormente parte di un coro, di un organismo, di una società.
Lo
streaming o l’home video, invece, alzano quelle pareti tra noi e gli
altri, concedendoci solo le mura domestiche che ci fanno credere di
essere nella nostra comfort zone. Ma alla fine nella comfort zone si sta
soli, il che è la condizione anti-umana per eccellenza.
Quindi stasera tutti al cinema.