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Titane, l'horror-noir sfrenato e muscolare di Julia Ducournau, da Palma d'Oro

Cinema

Dopo 28 anni una donna torna a vincere il premio principale al Festival di Cannes: merito di un film violento e provocatorio, ma non privo di senso dell'umorismo

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Con Titane di Julia Ducournau una donna torna a vincere una Palma d'Oro a ventotto anni dall'unica volta: Lezioni di piano di Jane Campion, 1993. E probabilmente, ammesso che l'espressione abbia senso, non potrebbero esistere due esempi più lontani di “cinema femminile”: quanto etereo e rarefatto era il film con Holly Hunter ambientato nell'Australia dell'Ottocento, tanto estremo, violento e provocatorio è questo con Agathe Rousselle. Il punto in comune è soprattutto uno: le passioni fortissime che attraversano e agitano le viscere delle due protagoniste, portate in scena con stili opposti.

In questi giorni Titane si è guadagnato la definizione di film “pugno nello stomaco”, con diverse scene davanti a cui non è facile tenere gli occhi incollati allo schermo. È la storia di una donna sola e tormentata, la trentenne Alexia che fin da ragazza vive con una placca in titanio impiantata nel cranio, eredità di un cruento incidente automobilistico, e cerca di cambiare (in meglio) la propria vita anche grazie a un incontro con il pompiere body-builder Vincent Lindon. Come avrete intuito, la trama non è semplice da riassumere e forse non è nemmeno giusto farlo, per non guastare l'effetto-sorpresa che si nasconde in ognuno degli snodi di Titane, alcuni dei quali incredibili da raccontare anche a parole (basti solo aggiungere che a un certo punto la protagonista rimane incinta di un'automobile). Non è ancora dato sapere quando Titane arriverà dalle nostre parti, né se lo farà sul grande schermo o in streaming (i diritti per il nostro Paese li ha comunque acquistati I Wonder Pictures); vi basti sapere che da più parti la regista parigina Julia Ducournau – che già nel 2016 si era fatta notare a Cannes e Toronto con l'horror vegano-cannibalistico Raw – ha ricevuto l'inevitabile paragone con David Cronenberg, il maestro delle trasformazioni fisiche e meccaniche che poi diventano anche psicologiche e lasciano segni sul corpo e nell'anima. Con lui, oltre che il gusto per la provocazione intellettuale e la messa in scena senza compromessi, Ducournau condivide anche un senso dell'ironia che affiora a più riprese in questo film duro e doloroso, che si scuote di continuo tra l'horror, il fantasy, il thriller e la commedia nera. Nell'edizione più femminile della storia di Cannes, in cui per la prima volta in giuria le donne erano più degli uomini, in un momento in cui il cinema sta finalmente dando cittadinanza all'altra metà del cielo (come dimostrano i due riconoscimenti a Nomadland di Chloé Zhao, premiata a Venezia e agli Oscar), Titane sembra far compiere un altro passo avanti all'idea che abbiamo delle donne in regia: anche loro possono osare, spiazzare, farci detestare una certa scena o farci urlare di meraviglia per un'altra, immaginare e poi realizzare film che possiamo odiare o amare, ma in ogni caso non accogliere con indifferenza.

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