Una famiglia coreana che cerca integrazione sul suolo americano, inseguendo un sogno. Minari è un film all'apparenza semplice, che a ben guardare nasconde molto di più
Candidato a miglior film, miglior regista (Lee Isaac Chung), miglior attore protagonista (Steven Yeun), miglior attrice non protagonista (Yoon Yeo-jeong), miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora. Si presenta così, Minari, alla Notte degli Oscar 2021 (in onda in diretta domenica 25 aprile su Sky, sul canale dedicato Sky Cinema Oscar®, canale 303), forte di 6 nomination, dopo aver conquistato il Golden Globe al miglior film straniero e il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival.
Minari rappresentazione del sogno americano
Minari come rappresentazione del sogno americano: tutti possono realizzare i propri desideri, nonostante qualche grossolano errore. Proprio come accade alla famiglia coreana protagonista della storia, che attraverso il lavoro cerca riscatto e accettazione, attraversando una profonda crisi e la conseguente trasformazione.
Jacob Yi e Monica, i genitori, di professione selezionatori di pulcini, coloro cioè che distinguono i maschi dalle femmine, dopo aver lavorato il California e a Seattle, si trasferiscono nel rurale Arkansas degli anni ‘80. L’intento del capofamiglia è provare a mettere in piedi una fattoria, coltivare ortaggi coreani e venderli ai tantissimi immigrati che ogni anno arrivano dal suo Paese d’origine. Tutto anche a costo di andare contro il parere di sua moglie – che non nutre molta fiducia nelle possibilità di Jacob di riuscire - e le difficoltà che si trova ad affrontare. Ad aiutarlo c'è Will Patton, che qui incarna un veterano di guerra, gran lavoratore, che nel tempo libero abbraccia e trascina per le campagne una pesante croce di legno, cercando così una possibile espiazione dei suoi peccati.
A completare il nucleo famigliare ci sono il piccolo David, bambino vivace e poco sensibile alle regole; la pacata sorella Anne e la loro volitiva nonna, che arriva direttamente dalla Corea per dare una mano.
In Minari è forte l'elemento autobiografico
Nella vicenda che il regista racconta, della quale è anche sceneggiatore, forte è l’elemento autobiografico: anche lui proviene da una famiglia di immigrati, anche lui è cresciuto in Arkansas. Minari è una saga famigliare tutt’altro che semplice, nonostante le apparenze. Jacob e i suoi devono decidere chi essere, come integrarsi, come accettare e farsi accettare dalla comunità nella quale si sono innestati. Se David dice alla nonna che “puzza di Corea”, la nonna non esita a definire “stupidi”, gli americani che non conoscono la pianta aromatica del Minari, molto utilizzata nella cucina coreana, che lei vuole far crescere nella fattoria; mentre un amichetto di David, incontrato in chiesa, gli chiede: “Perché hai la faccia piatta?”.
Il film procede calmo e poi sorprende
Un film che per oltre la metà procede calmo, come una canzone senza ritornello, salvo poi arrivare a sfiorare il tragico, ridestando la nostra attenzione, sino a farci comprendere che ciò che sembrava banale, in realtà, è la vita. “Anche se fallirò voglio finire quello che ho iniziato”, dice il capofamiglia nel film. Come il regista, Lee Isaac Chung, che potrebbe finire col vincere l'Oscar.
Anche quest’anno, la cerimonia di premiazione della 93ª edizione degli Academy Awards® sarà in onda in diretta su Sky, sul canale dedicato Sky Cinema Oscar®, canale 303, che si accenderà da sabato 17 a venerdì 30 aprile, con oltre 90 film premiati nelle precedenti edizioni, disponibili anche on demand su Sky e NOW TV