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Quo vadis, Aida?, la recensione: magnifica ricostruzione della tragedia di Srebrenica

Cinema

Giuseppe Pastore

Il film della bosniaca Jazmila Zbanic scomoda paragoni illustri: la vergogna europea dell'eccidio del luglio 1995 viene raccontata dal punto di vista di una donna in lotta contro il mondo

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Bosnia, luglio 1995: Aida, maestra elementare che fa da interprete tra la sua gente e i vertici dell'ONU di stanza a Srebrenica, deve trovare il modo di mettere al sicuro suo marito e i due figli.

Verso la fine di questo film c'è un'immagine feroce e brevissima, lunga non più di due secondi, che fotografa l'orrore universale di una guerra civile. Intendiamoci, in tanti ci sono riusciti in passato; ma questo fotogramma è cinema, semplice ma puro. Poco prima che si compia uno dei tanti vigliacchi massacri che hanno composto l'infamia internazionale di Srebrenica, il montaggio stacca sull'inquadratura del balcone di fronte su cui una famiglia sta pranzando tranquillamente, per nulla eccitata o sconvolta da quanto sta succedendo oltre il cancello dall'altro lato della strada. Per tradizione e per esperienza personale, i registi provenienti dalla Penisola Balcanica non hanno mai rinunciato a inserire nel dramma della loro guerra anche robuste dosi di grottesco, perché a essere grottesca era la realtà, fatta per esempio di compagni di classe che di colpo si ritrovavano a spararsi addosso. Questo film straordinario aggiunge al caos l'elemento dell'impotenza del comando olandese delle Nazioni Unite, corresponsabile di una vergogna europea come opportunamente ricordato nella didascalia che apre il film: Bosnia, Europa (Srebrenica è a quaranta minuti d'aereo da Vienna, due ore da Berlino).

 

La regista Jazmila Zbanic (Orso d'Oro 2006 a Berlino con la sua opera prima Il segreto di Esma) ci lascia la doppia chiave di lettura del titolo. Non solo la citazione biblica ma anche quella disperata ed esistenziale da Ultimo tango a Parigi di Bertolucci ("Quo vadis, Baby?", chiedeva a un certo punto Marlon Brando a Maria Schneider): non c'è ordine né salvezza nel delirio di una guerra civile. E allora, vista la chiarezza espositiva e il ritmo da film americano, è forse il caso di scomodare i grandissimi, per esempio Schindler's List di Steven Spielberg - esplicitamente citato in almeno una scena, la più dura e straziante dell'intero film - che era stato scritto e girato nel 1993, due anni prima che la realtà si incaricasse di dimostrare che quelle pagine non appartenevano solamente al passato del nostro continente. La protagonista Jasna Djuricic è formidabile nel continuo dinamismo del suo personaggio, pedinato dalla macchina da presa nei labirinti dei bunker, dei posti di blocco e della burocrazia. Approfittando della scia del cortometraggio di Almodovar, Quo vadis, Aida? è stato travolto dagli applausi del pubblico in sala nella proiezione pomeridiana riservata alla stampa: l'impressione è che - al contrario di altre volte, come succede nei festival - non si sia trattato di un semplice atto di cortesia.