Dio è donna e si chiama Petrunya, la trama del film

Cinema

Nelle sale dal 12 dicembre, il film macedone “Dio è donna e si chiama Petrunya” denuncia il ruolo delle donne in una società limitante e maschilista

Firmato dalla regista macedone Teona Strugar Mitevska, “Dio è donna e si chiama Petrunya” è stato presentato al Berlinale 2019 e ha poi girato numerosi festival internazionali. Per la sua capacità di trattare temi rilevanti nel dibattito socio-politico, è nella rosa dei finalisti del Premio Lux, riconoscimento attribuito dal Parlamento Europeo.

È un film che tratta una tematica delicata, questo. E che ha la donna al centro. È un film al femminile o, meglio, un film che indaga il ruolo che le donne hanno in una società ancora patriarcale e maschilista.

“Dio è donna e si chiama Petrunya”: trama

Nelle sale dal 12 dicembre, “Dio è donna e si chiama Petrunya” racconta una vicenda che ha per protagonista Petrunya, una 32enne single e disoccupata costretta a vivere coi suoi genitori. Dopo l’ennesimo colloquio di lavoro fallito, la giovane si trova nel mezzo di una cerimonia religiosa che - nel villaggio di Stip - si ripete ogni anno.

È una cerimonia riservata agli uomini, quella a cui assiste. Una croce lignea viene gettata nel fiume e i partecipanti fanno a gara per recuperarla: chi la vince, secondo la credenza popolare, godrà di un anno di felicità e di prosperità. Così Petrunya - che a dispetto della sua condizione di disoccupata è laureata in Storia, ed è molto sveglia e intelligente - decide di sfidare gli uomini e di partecipare alla sfida, vincendo inaspettatamente la competizione. Tuttavia, nessuno dei partecipanti intende lasciare la croce nelle mani di una donna e la ragazza, durante la sua fuga, viene catturata dalla polizia locale, che la trattiene pur senza accusarla formalmente (alcuni video su YouTube provano infatti che la conquista della croce è avvenuta regolarmente).

In aiuto di Petrunya arriva una giornalista, che prova a farle riconquistare la libertà denunciando un sistema patriarcale, che impedisce alle donne di essere libere e di auto-affermarsi. Una volta libera, la giovane restituirà deliberatamente alla chiesa la croce. Una croce che, alla sua vita, sarà servita per davvero.

“Dio è donna e si chiama Petrunya”: la donna al centro

Film femminile e femminista,  “Dio è donna e si chiama Petrunya” ha un che di kafkiano.

«Il cinema deve provocare, attaccare i tabù, porre delle domande. Crescendo mi sono posta molte volte la domanda se ci sarà mai un Papa donna e anche dove mai fosse scritto che Dio sia un uomo. Una volta sono riuscita ad avere un colloquio con un cardinale a Roma ed ero davvero molto emozionata. Quando ho chiesto però al cardinale se forse tra cinquant’anni poteva sedere sul trono del Vaticano una papessa, il cardinale ha cambiato tono. Mi ha detto che per le donne era diverso, che sono esseri che danno la vita, esseri speciali in altre forme. Insomma ha evitato di rispondermi», ha raccontato la regista. Che ha deciso che, nel suo film, Dio è decisamente donna.

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