Tre mostri sacri del cinema e una storia vera sono gli ingredienti del successo di “The Irishman”, il nuovo film di Martin Scorsese
“The Irishman”, il nuovo attesissimo film di Martin Scorsese, è sbarcato nelle sale italiane il 4 novembre (dove rimarrà sino al 6 novembre). E si preannuncia un successo, considerato anche il cast d’eccezione: Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci disegnano l’adattamento cinematografico di “L'irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa”, saggio del 2004 scritto da Charles Brandt e basato sulla vita di Frank Sheeran.
Rifiutato da diverse case di produzione per via dell’alto budget richiesto, “The Irishman” è distribuito da Netflix. E ha richiesto una spesa notevole: i 100 milioni di dollari iniziali sono saliti sino a 140, e il motivo sta principalmente negli effetti speciali richiesti per ringiovanire di trent’anni i suoi protagonisti.
“The Irishman”: la trama
Frank Sheeran (Robert De Niro), soprannominato “The Irishman”, è un criminale realmente esistito. Un veterano della II Guerra Mondiale, implicato con il mafioso Russell Bufalino (Joe Pesci).
È attraverso gli occhi di Frank, che la sua carriera mafiosa e assassina viene ricostruita, a cominciare dalla misteriosa sparizione - nel 1975 - del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino), amico di Sheeran. Una vicenda, questa, che fu un vero e proprio mistero. E che ossessionò a lungo la stampa americana. Irrisolta nel tempo, la sparizione - di fatto - non sfociò mai in omicidio: il corpo di Hoffa non fu mai ritrovato, e nessuno venne condannato.
Così, “The Irishman” diventa il pretesto per sbirciare nella criminalità organizzata del tempo. Coi suoi intrighi, i suoi misteri, e i rapporti con la politica statunitense.
“The Irishman” raccontato da Martin Scorsese
Intervenuto alla Festa del Cinema di Roma, così Martin Scorsese ha parlato del suo “The Irishman”: «Volevo fare il film con i miei amici». Per questo motivo, anziché scegliere attori più giovani, ha optato per tre mostri sacri del cinema. E li ha incredibilmente ringiovaniti.
«Da molti anni, con De Niro, volevamo fare di nuovo un film insieme, a quasi venticinque anni da “Casinò”. Dopo alcuni tentativi mi parlò del personaggio di Frank, e facendolo si emozionò. Era sufficiente per capire come fosse la storia giusta, sentivamo di poter andare ancora più in profondità in quell’umanità che avevamo raccontato in “Quei bravi ragazzi” e poi in “Casinò”», ha continuato.
Tuttavia, l’età dei protagonisti spingeva il regista verso una prospettiva diversa: quella del rimorso, della colpa, della consapevolezza della maternità. Così, è nato un film in cui a contare non è tanto chi ha premuto un grilletto, chi è colpevole e chi no, perché col tempo ogni cosa cambia.
«Ci piaceva arrivare a raccontare l’esperienza di una vita intera, in un film con al centro il cuore e la condizione umana. Si svolge nel passato, ma questo non lo rende meno contemporaneo, riferendosi all’immediata esperienza umana, in cui tutti possono identificarsi», ha concluso il regista. Che, per tre giorni, regalerà agli spettatori la possibilità di vivere un film-capolavoro, godendosi tutta la bravura del trio Al Pacino - De Niro - Pesci.