I 5 migliori film di Federico Fellini

Cinema

Paolo Nizza

Il 31 ottobre del 1993 se ne andava uno dei piu grandi registi della Storia del Cinema. Ecco le cinque migliori pellicole dirette da Federico Fellini

«Caro Joseph, io non rivedo mai tutti i miei film e quando un amico me ne parla perché ne ha visto uno di recente, ho sempre un soprassalto, come se avessero scoperto all'improvviso che non ho pagato le tasse, o come se venissi a sapere che il marito di una bella signora ha scoperto tutto e mi cerca...»

Con queste parole Federico Fellini rispondeva al regista Losey, esaltatissimo dopo aver rivisto in televisione La Dolce Vita. Il Maestro riminese era così, un gran bugiardo, un genio che modificava continuamente la versione dei fatti per non annoiarsi. D'altronde Fellini considerava il c Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio. Non a caso parliamo del regista su cui sono stati scritti in assoluto più saggi, biografie e libri. Senza dimenticare che parliamo di un cineasta trasfigurato in un aggettivo.  La parola “Felliniano” abita nel dizionario italiano tra la fellema, ovvero il sughero, e il fellino (fungo della famiglia delle Poliporacee). Perché Fellini è il cinema, come diceva Simenon. Un regista che non voleva dimostrare, ma mostrare. Un autore fiero di essere un provinciale perché “di fronte alla realtà metafisica siamo tutti dei provinciali.” Dalle prime esperienza come sceneggiatore (“La sceneggiatura è come la valigia che ti porti appresso, ma molta roba la comperi per strada”) alle regie di capolavori con cui vinse l’Oscar Fellini è, per usare le parole di Milan Kundera “il punto più alto dell’arte moderna”. Sicché è difficile scegliere i migliori cinque pellicole di un artista che ha cambiato il mondo e non solo la storia del cinema. Per Federico fare film era come fare un viaggio senza sapere dove andare, magari senza arrivare in nessun posto. Per cui anche questa classifica è solo un omaggio, una selezione arbitraria. Avremmo voluto mettere l’intera filmografia.  Perché, come ci insegna lo stesso Fellini: Nulla si sa, tutto si immagina” Ecco quindi la nostra top five felliniana

• I Vitelloni

• Le notti di Cabiria

• La dolce vita

• Otto e Mezzo

• Amarcord

 

I Vitelloni (1953)

Con Leopoldo Trieste, Alberto Sordi, Franco Interlenghi, Franco Fabrizi, Leonora Ruffo.

Il film viene interrotto quattro volte per mancanza di fondi.  La pellicola non vuole distribuirla nessuno. Federico vagabonda per mendicare un noleggio come un disperato. Il nome di Alberto Sordi, reduce dal fiasco epocale di Lo Sceicco bianco scompare da manifesti e dalle prime 50 copie del film.  E tra una domanda senza risposta: “Ma tu se adesso venisse Jean Russell e ti dicesse Dai pianta tutto e vieni con me, ci andresti?” e un gesto dell’ombrello accompagnato da un: “lavoratoriiiiii! Lavoratori della maltaaa! Prrrr...”  il film conia un neologismo: nasce il vitellone. Il perdigiorno  di provincia avvezzo alla crapula e all’ozio, si trasfigura in una categoria dello spirito.  Scritto in una quindicina di giorni, I Vitelloni shakera i ricordi riminesi di Fellini con le reminiscenze di Ennio Flaiano nato a Pescara. Per entrambi una giovinezza bagnata dal mare e sancita da un aforisma proprio di Flaiano: “Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno”. Alla fine del film, il personaggio di Moraldo, senza dire niente a nessuno, prende un treno per Roma.  Al pari di Federico la cui carriera è ormai sbocciata. Sara l’unico italiano a vincere 5 Oscar. Come dirà Orson Welles imbeccato da Pasolini in La Ricotta: “Egli danza”. 

Le notti di Cabiria (1957)

Con Franca Marzi, Giulietta Masina, Amedeo Nazzari, Dorian Gray, François Périer

Basterebbe l’inquadratura finale del film, incensata da André Bazin, in cui Giulietta Masina. la donnina della passeggiata archeologica ci sorride guardando la macchina da presa, perché la pellicola possa assurgere allo stato di capolavoro. In fondo. come dichiarato dallo stesso Fellini Le notti di Cabiria è la storia di “Una creatura che vuole bene e che vorrebbe essere amata e vivere in un rapporto di lieta semplicità con gli altri." E poco importa che si tratti di una prostituta, Perché. al netto di tutti i dolori, le umiliazioni, le offese subite, nel cuore della protagonista alberga ancora un po’di grazia. Tra il ragioniere malandrino e il benevolo "uomo del sacco", il film vince il Premio Oscar, mentre Giulietta Masina si aggiudica la Palma d’Oro per la miglior interpretazione femminile. E alla fine ha ragione la minuta passeggiatrice: “è vero che ce sta una giustizia, a questo mondo... Uno soffre, ne passa di tutti i colori, ma poi viene il momento d'esser felici per tutti. “

La Dolce Vita (1960)

Con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimè>, Yvonne Furneaux, Alain Cuny, Annibale Ninchi

Un viaggio che inizia con la statua di un Cristo Cronocratore sospeso nel cielo di Roma e finisce sul lungomare di Ostia cristallizzato sul sorriso muto di Valeria Ciangottini. In mezzo frammenti di vita più o meno dolce, schegge di costume, episodi realmente accaduti e magnificamente trasfigurati. Come riporta lo stesso regista nel libro di Tullio Kezich “Fellini e altri: bloc-notes per la dolce vita. “Dobbiamo fare una statua, romperla e ricomporre i pezzi. Oppure tentare una ricomposizione picassiana. Il cinema è narrativa ottocentesca: ora tentiamo di fare qualcosa di diverso." Tutto ricostruito in studio, dalla cupola di San Pietro a Via Veneto (fatta eccezione per l’epocale scena di Anita Ekberg nella fontana di Trevi, il film è un caleidoscopio di personaggi e situazioni. Una Babilonia in bianco e nero vista attraverso gli occhi di Marcello Rubini (un Mastroianni fortemente voluto da Fellini, visto che la produzione voleva scritturare Paul Newman.) Alla prima milanese al cinema Capitol, il regista fu accolto con fischi e sputi. Il film vincerà la Palma d’Oro e un Oscar per i costumi. Molti anni dopo Woody Allen dichiarerà: "La dolce vita ha sconvolto la nostra concezione della realtà, il mondo non sarebbe com'è se non fosse esistito Federico Fellini."

 

Otto e Mezzo (1963)

Con Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Anouk Aimée, Sandra Milo, Barbara Steele

Ennio Flaiano, sceneggiatore del film, avrebbe voluto intitolare il film la Bella confusione. Ma Federico Fellini opto per Otto e Mezzo, titolo provvisorio che si trasformò in definitivo. Ma il concetto di caos rimane nel monologo finale del regista Guido Anselmi: "Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo. Com'è giusto accettarvi, amarci. E come è semplice! Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire... Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io, io come sono, non come vorrei essere adesso. E non mi fa più paura dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita: viviamola insieme! Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. È l'unico modo per tentare di trovarci.” Un film iconico tanto da diventare il manifesto ufficiale del 67.mo Festival di Cannes. Dalla Saraghina allo "sgulp" pronunciato da una bamboleggiante e indimenticabile Sandra Milo, sino alla Ragazza della fonte (Claudia Cardinale), una onirica mise en abyme premiata con l’Oscar. Un capolavoro che sembra riflettersi nelle parole del suo protagonista .... "Non ho proprio niente da dire! Ma voglio dirlo lo stesso”.

 

Amarcord (1973)

Conn Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Giuseppe Ianigro, Gianfilippo Carcano

Dalla Gradisca (Magali Noel) che in lingerie sexy offre le sue grazie al Principe alla Zio Patacca. Federico Fellini ci porta a spasso nei luoghi della sua giovinezza. Ma Attenzione, non è una ricerca del tempo perduto in salsa riminese o una nostalgica rievocazione di un passato brioso e godereccio. Come dichiarato dallo stesso regista: “Amarcord, non vuol dire affatto mi ricordo, è invece una specie di suono cabalistico, seducente la marca di un aperitivo. Sentivo che autorizzare una lettura in chiave autobiografica sarebbe un grave errore. Tant’è che a un certo momento volevo intitolarlo addirittura Viva l’Italia. Poi ho pensato che sarebbe stato troppo misterioso o troppo didascalico." Cosi, tra Volpine e tabaccaie, tra una fogazza e un ballo d’estate, il film ci trasporta nel mondo di un geniale bugiardo. A bordo del transatlantico Rex attraversiamo gli oceani del tempo per approdare nella terra dell’immaginazione e della fantasia 

 

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