Abbiamo incontrato Luca Argentero che interpreta il genio del rinascimento in Io, Leonardo, il film d'arte Sky diretto da Jesus Garces Lambert e impreziosito dalla voce narrante di Francesco Pannofino. Al cinema dal 2 ottobre. LEGGI L'INTERVISTA
“Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare”, scriveva Leonardo Da Vinci. E nell’osservare sul grande schermo Luca Argentero vestire i morbidi panni ed esibire i lunghi capelli ondulati del genio rinascimentale, sembra di volare in un’altra dimensione. Io Leonardo (nella sale cinematografiche dal 2 ottobre) trasporta lo spettatore in un sublime, labirintico spazio della mente, in cui realtà e immaginazione danzano abbracciate in un vortice di emozioni e suggestioni. Diretto magistralmente da Jesus Garces Lambert, un film che è un’autentica magia, una festa per gli occhi, grazie anche alla centrata performance attoriale di Argentero. Luca ha il phisique du role per interpretare un Leonardo, giovane, forte e fascinoso, come veniva descritto dei biografi dell’epoca. Argentero è, forse, il più vitruviano degli interpreti del cinema italiano. Nel camerino degli studi di Sky che rimanda alla celebre canzone di De Gregori, l’attore, tra un manifesto e lo specchio, si palesa in tutta la sua disponibilità ed empatia.
Qual è la prima cosa che ti è venuta in mente, quando ti hanno proposto di interpretare Leonardo?
Confesso che ero molto tentato di dire di no. Leonardo da Vinci è un’icona universale, molto difficile da affrontare, se alle spalle non c’è un progetto molto serio e strutturato. Infatti ho accettato di partecipare a Io Leonardo perché si trattava di una produzione estremamente autorevole e strutturata. E soprattutto non era una mera fiction, ma un film d’arte, quindi con un approccio narrativo completamente differente. Avevo già visto i precedenti film d’arte di Sky e avevo compreso perfettamente il format.
Come ti sei preparato per indossare i panni di un personaggio così celebre e conosciuto in tutto il mondo?
Ho letto e studiato moltissimo materiale. Immagina che, per poter leggere gli studi e gli scritti di e su Leonardo Da Vinci, potrebbe non bastare una vita intera. Quindi è stato realizzato un enorme lavoro di sintesi per raccontare in 90 minuti la vita del geniale artista italiano. Il merito va a Pietro C. Marani uno dei massimi esperti di Da Vinci al mondo, e al regista del film, Jesus Garces Lambert. E poi c’è il Leonardo intimo, privato, l’uomo oltre il genio e l’artista. Su questo aspetto ci siamo comportati come si fa abitualmente con un personaggio, provando e improvvisando.
Qual è stata per te la scena più complessa di Io Leonardo?
Più che di sequenze specifiche, parlerei della difficoltà di verbalizzare il pensiero. Nella vita di tutti i giorni nessuno esprime i propri pensieri a voce alta.
Hai trovato qualche punto in comune fra te e Leonardo?
Direi che ci accomuna una particolare fascinazione per la natura e per ciò che ci circonda
C’è un’opera vinciana che preferisci?
È una domanda che mi hanno fatto spesso. Oltre ai grandi capolavori conosciuti e amati in tutto il mondo, direi tutti i suoi lavori preparatori. Gli studi sul monumento equestre per Francesco Sforza, gli schizzi sulle teste grottesche.
Dopo Leonardo, c’è qualche altro illustre personaggio realmente esistito che ti piacerebbe interpretare?
Non saprei. Ho già fatto molti ruoli: uno sportivo (il pugile Tiberio Mitri N.d.R.) un genio del passato. Mi manca andare nello spazio.
Vittorio Gassman diceva: "un attore totalmente sano di mente mi è sempre parso un paradosso". Sei d’accordo?
In parte sì. C’è un certo squilibrio. Non vivi una vita ordinaria e ordinata. Gli orari e i ritmi sono sconclusionati, tra periodi di lavoro intensissimo e lunghi intervalli
Avresti sempre voluto essere un attore?
No, ho accettato le prime proposte a occhi chiusi e poi ho scoperto che mi piaceva e che avrei potuto continuare su questa strada
Se non avessi scelto di recitare, cosa ti sarebbe piaciuto fare?
Avrei fatto molto probabilmente il lavoro di mio padre, il costruttore. E, in fondo, esiste una certa assonanza tra costruire case e realizzare film. Entrambe sono cose che rimangono. Insomma è come lasciare una traccia di sé, qualcosa che ci sopravvivrà.