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La paranza dei bambini, intervista a Francesco Di Napoli

Cinema
Francesco Di Napoli ne La paranza dei bambini

Il film diretto da Claudio Giovannesi e tratto dal romanzo di Roberto Saviano è nelle sale italiane dal 13 febbraio: ne parla in un’intervista l’attore protagonista, che prima di allora come gli altri suoi colleghi di set non aveva mai recitato.

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di Marco Agustoni

Prima di salire sul set de La paranza dei bambini, film targato Vision Distribution tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, nelle sale cinematografiche dal 13 febbraio, Francesco Di Napoli non aveva mai recitato in vita sua. Ma da quando è stato scelto per interpretare il protagonista Nicolas, ha scoperto una vocazione per il cinema. Ne abbiamo parlato con lui in un’intervista.

Come ti hanno preparato a questa esperienza?
Sono andato lì che ero un ragazzo molto timido, per cui mi assegnarono un coach per togliermi lo scuorno, come diciamo a Napoli, cioè la vergogna. Eravamo dieci-quindici ragazzini, mi hanno fatto salire su una sedia a urlare “Io sono Zeus!”. Che non è una cosa tanto normale da fare davanti a tutta quella gente. Ma da quel momento la vergogna scomparì.

C’è stata qualche scena che ti ha messo particolarmente in difficoltà?
Non ho mai pensato di non essere in grado di farcela, perché sono un ragazzo molto grintoso. Ma le scene più difficili sono state sicuramente quelle di pianto, perché sono arrivato sul set non preparato, eppure le ho fatte lo stesso. Io prima non sapevo di saper fare questa cosa. Per me è stata una sofferenza, perché mi immedesimavo nel personaggio e nel suo dolore, ma è anche stata una gioia scoprire che ero in grado di piangere per finta.

Lavorare davanti a tante persone ti ha imbarazzato?
No, anche avere davanti la camera non mi scandalizzava. Magari c’erano trenta persone, ma era una cosa mia, come se mi trovassi da solo. Poi sono stati sempre comprensivi, ad esempio per la scena di pianto mi hanno lasciato il tempo necessario per concentrarmi.

Questo ti fa pensare a una prospettiva su lungo termine nel mondo del cinema?
Sì, mi piacerebbe molto continuare. Poi io di mio faccio il pasticcere, lavoro da un anno, ho fatto la gavetta e pian piano ho imparato a fare un po’ di cose. Per cui, comunque vada, c’è sempre un’alternativa.

Il libro di Saviano ti ha aiutato a prepararti?
Il libro lo stavo leggendo un mese prima delle riprese, ma non sono uno che legge molto, per cui avevo delle difficoltà e alla fine ne ho letta solo una metà. Per cui sono arrivato preparato solo in parte, l’approccio è stato più libero e naturale.

Con gli altri ragazzi che recitano nel film si è creata una buona alchimia?
Sì, sì… non ci conoscevamo proprio, mentre ora siamo fratelli per sempre. Sono dei ragazzi magnifici, usciamo insieme e via dicendo.

La scena in cui invece ti sei divertito di più?
In discoteca, perché eravamo gasati. C’erano duecento comparse tutte giù, e noi su nel privé, avevamo l’impressione che fosse tutto vero.