Il primo re, così Matteo Rovere riscrive il mito di Romolo e Remo

Cinema

Andrea Cominetti

Al centro della pellicola, nei cinema da giovedì 31 gennaio, la storia di un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda

Due fratelli, soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile, che hanno avuto l’ardire di sfidare il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue, una città, Roma, e un impero, il più grande che la Storia ricordi. È vero che ne «Il primo re», nelle sale italiane a partire da giovedì 31 gennaio, Matteo Rovere racconta la storia di Romolo e Remo, ma è ancora più vero che al centro della pellicola del regista romano c’è soprattutto la storia di un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.

I due attori protagonisti


Ad aiutarlo nell’impresa, Alessandro Borghi ed Alessio Lapice, nei panni rispettivamente di Remo e Romolo. L’importante pellicola è la consacrazione del talento del primo, lanciassimo dopo i ruoli da protagonista in «Napoli velata» di Ferzan Ozpetek e «Sulla mia pelle» di Alessio Cremonini, in cui ha interpretato il delicato ruolo di Stefano Cucchi. E la vera occasione per emergere del secondo, dopo i ruoli in «Gomorra», «Il padre d’Italia» e «Nato a Casal di Principe».

Il ruolo fondamentale del paesaggio


La scelta delle location riveste un ruolo di primaria importanza per la realizzazione di questo film. L’ambientazione naturale è fortemente caratterizzante: paesaggi incontaminati e selvaggi sono lo scenario principale in cui si svolgono le vicende raccontate. È stata, in questo senso, spontanea la scelta di guardare al Lazio come area di ricerca principale, dove storicamente si è svolta la vicenda. E proprio in questa regione sono state individuate tutte le tipologie di paesaggi in cui si muovono i personaggi del film: zone paludose, greti di fiumi, montagne rocciose, foreste e boschi mediterranei, spiagge, saline, zone termali e sulfuree. Aree naturali protette che ci riportano a quella tipologia di ambienti incontaminati in cui l’intervento dell’uomo e le costruzioni moderne sono assenti o occultabili. Perché il paesaggio non è solo la cornice delle vicende ma è un elemento imprescindibile con cui i personaggi devono confrontarsi, a tal punto da diventare personaggio esso stesso: complice, nemico o divinità a seconda delle circostanze.

La lingua della pellicola


Altro elemento fondamentale è la lingua de «Il primo re», il linguaggio che i personaggi parlano. Si tratta di latino arcaico, attentamente ricostruito attraverso fonti contemporanee al periodo storico in cui si immagina che Romolo e Remo siano vissuti. Con un gruppo di semiologi dell’Università La Sapienza è stato fatto un lungo studio sul latino fondativo, pre-romano. Un lavoro molto appassionante di costruzione di una lingua che prende le parti di latino arcaico dalle fonti che ci sono pervenute: epigrafi, scritte sulle tombe e su oggetti utilizzati all’epoca. Non essendoci una stele di Rosetta del latino arcaico, dove mancavano i filamenti, è stato innestato l’indoeuropeo, una lingua di codice, mai realmente parlata in qualche regione ma una sorta di lingua di base dalla quale un po’ tutte quelle del ceppo indoeuropeo si sono dipanate. Un lavoro di ricerca e ricostruzione fonema per fonema. Questo crea una lingua incredibile, estremamente eufonica che ci porta alle radici dell’Europa, come una lingua madre, una lingua della fondazione. Che aiuta lo spettatore a calarsi nella realtà del film.

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