La Mélodie di Rachid Hami: la recensione del film

Cinema

M.Beatrice Moia

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Il cinema che non conosci si propone di aiutare a far scoprire quei film “minori” che, per budget o per scelte tematiche, rimangono un po’ nell’ombra mentre meriterebbero di avere spinte promozionali più significative e impulso distributivo più ampio e convinto. Come La Mélodie di Rachid Hami, in questi giorni al Cinemino di Milano, distribuito da Officine Ubu. A seguire la recensione del film.

La Mélodie è un film semplice. Come semplici sono i sentimenti che lo attraversano. Ma anche fondamentali. Sono i sentimenti che nutrono anima e corpo, senza strafare, senza portarci in dimensioni troppo lontane dalla vita vera. Sentimenti che non restano limitati a un discorso filmico costruito su colpi di scena e fuochi d’artificio da grande schermo, ma che rappresentano ciò che quotidianamente ognuno di noi ricerca per la propria felicità. Condizione perseguita come bene fondamentale per una vita serena, che dovrebbe essere garantita a tutti. Ecco perché La Mélodie è un film lineare e bello. È un film giusto perché è giusto che per tutti ci sia la speranza di una gioia, di un riscatto, di un senso anche in mezzo a una vita fatta quasi esclusivamente di ostacoli e difficoltà, a un’esistenza trascorsa nella periferia più brutta e desolata di Parigi, tra casermoni stipati di appartamenti tutti uguali, fabbriche alienanti e scuole pubbliche fatiscenti. Questi “cittadini di serie b” - ci racconta il film - hanno lo stesso diritto di essere felici di chi vive in condizioni più favorevoli. Per loro, gli ultimi, coloro che non hanno quasi nulla se non se stessi, è forse più facile, più bello, più chiaro trovare un senso che vada oltre quel benessere materiale che comunque non hanno l'opportunità di conoscere.

È quello che capita ai ragazzi della scuola media dove lavora Simon, violinista concertista che, in mancanza di altro impiego, accetta di insegnare lo strumento a una classe dell’istituto di periferia. Aule fatiscenti, pareti scrostate e materiale didattico di pessima qualità. A questo si aggiunge un gruppo di ragazzini scalmanati e svogliati e un musicista che vive il passaggio dai teatri all’insegnamento come motivo vero e proprio di frustrazione. Ma quando scoprono “la mélodie” che li unisce, non c’è condizione sociale che possa intaccarne la magia e la passione che sgorgano nei loro cuori e per cui sentono che  l’impegno e la fatica siano ben spesi.

 

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