Nome di donna, l'anteprima su Sky Cinema Cult

Nina è una giovane donna, sposata, con una bambina da crescere. Trova lavoro in una ricca clinica privata per anziani, inizialmente per una sostituzione estiva ma con la promessa di un’assunzione definitiva. Qui lavorano molte altre ragazze italiane e straniere. Stipendio fisso, tredicesima, ferie pagate. E quindi Nina decide di trasferirsi da Milano al paesino di campagna, nella bassa lombarda, dove ha sede la clinica. Due stipendi, due entrate e sembra che la vita possa essere affrontata in modo più sereno. Il  tranquillo paesaggio agreste che circonda l’elegante struttura e i ritmi pacati dei facoltosi anziani che ci vivono, danno l’impressione di essere immersi  in un ambiente fiabesco, fuori dal mondo. La comunità di donne che ci lavora, però, nasconde un segreto che con le favole ha ben poco in comune…

Forse l’isolamento del luogo lascia supporre che tutto sia permesso. Forse lontano da occhi indiscreti che possono vedere, giudicare e, magari, denunciare, può capitare, impunemente, qualsiasi ingiustizia di genere. Non è così, naturalmente, ma nel film si capisce come esistano ancora uomini per cui questo malcostume appare "normale", quasi un fatto scontato. Uomini purtroppo convinti che le donne possano subire ogni tipo di ingiustizia e violenza senza protestare. Ma oggi, per fortuna loro e della società tutta, le donne parlano, si difendono e denunciano. E, sempre più spesso, proprio come capita nel film, lo fanno senza timore, giustamente convinte che le conseguenze del silenzio siano alla fine peggiori rispetto a quelle della denuncia. La nuova pellicola di Tullio Giordana con Cristiana Capotondi e Valerio Binasco è proprio incentrata sul tema delle molestie sul luogo di lavoro.  E sul coraggio di una donna (Nina appunto) che conduce un’appassionata battaglia per far valere i suoi diritti e la sua dignità. Il regista sottolinea come trovare sostegno nella lotta alla violenza sul lavoro sia ancora, tristemente, tutt’altro che scontato.