THE DINNER di Oren Moverman, domenica 18 febbraio alle 21.15 su Sky Cinema Uno
Richard Gere, Laura Linney, Steve Coogan (Philomena) e Rebecca Hall in un dramma da camera a sfondo esistenziale, tratto dal romanzo di Herman Koch. Due fratelli si incontrano a cena con le rispettive mogli e si trovano a discutere di un grave crimine di cui sono colpevoli i loro figli adolescenti. La serata volge in dramma famigliare quando le due coppie devono decidere come gestire la delicata situazione.
“The dinner” di Oren Moverman è tratto dal libro “La cena” dello scrittore olandese Herman Koch (a cui tra l’altro si è ispirato anche “I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo). Due fratelli si trovano a cena con le rispettive mogli (Laura Lynney e Rebecca Hall) per discutere di un grave crimine commesso dai loro figli adolescenti. I ragazzi, dopo una notte brava, hanno dato fuoco a una senzatetto. La serata si trasforma in un dramma quando si tratta di decidere come gestire la delicata situazione. I padri, tra loro fratelli, sono Stan (Richard Gere) e Paul ( Steve Coogan). Il primo è un politico affermato che corre per la carica a governatore, il secondo è un ex insegnante affetto da disturbi psichici. La decisione da prendere non coinvolge quindi esclusivamente i ragazzi, ma anche Stan e la sua carriera e, in generale, la reputazione di due famiglie perfettamente inserite in uno stimato contesto borghese.
Il film ha alcuni tratti di schizofrenia. Da una parte è ordinatamente suddiviso in capitoli, ognuno coincidente con una diversa portata della cena, dall’altra è sincopato da continui flashback che puntano a rievocare e ricostruire quello che è successo in un crescendo di pathos e orrore. Tutto il film è incentrato su una doppia possibilità. Denunciare i propri figli alla polizia o difenderli nascondendo la loro colpa per rifugiarsi in una sorta di “punizione domestica”. Quale è la soluzione eticamente percorribile? Il regista attua un’operazione di smascheramento dell’ipocrisia in cui vive la società borghese mettendo i suoi protagonisti davanti a tutte le responsabilità civili, sociali, politiche e familiari del caso.
Nel corso della narrazione si susseguono le possibili soluzioni. A volte sembra che le varie ipotesi si srotolino in modo razionale, in altri momenti sembra di perdersi in un groviglio senza uscita. Le difficoltà sono accresciute da due padri agli antipodi e da due madri che amano troppo (o meglio, nel modo sbagliato) i loro “bambini”. Ogni personaggio sembra quindi avere una visione diversa su ciò che sarebbe giusto fare. Quello che è certo è che Moverman non vuole prenderci per mano, non intende suggerire possibili sbocchi, decidendo al posto dello spettatore. Ovvero, non ha la pretesa di indicare risposte, ma sembra lasciare a noi l’ultima parola.