Era l'architetto Melandri di Amici Miei, una delle figure più belle della commedia all'italiana. Se ne è andato nel pomeriggio del 4 settembre Gastone Moschin. Attore tra i più amati del secondo Dopoguerra, fu diretto dai più grandi registi italiani: da Pietro Germi a Mario Monicelli, da Fernando Di Leo a Bernardo Bertolucci e lavorò anche con Francis Ford Coppola nel Padrino Parte Seconda
SkyCinema Classics rende omaggio a questo indimenticabile con la messa in onda (martedì 5 settembre alle 21) di Sissignore, beffarda commedia di e con Ugo Tognazzi. A seguire (alle 22:40) il Western Gli Specialisti di Sergio Corbucci.
L'omaggio sarà replicato domani a partire dalle 13:45
Certe facce celano un mondo. Un universo in cui Bene e Male si scambiano spesso e volentieri di posto. E in un attimo il sorriso si trasfigura in ghigno e viceversa. Perché, come avrebbe detto Pirandello, Gastone Moschin era Uno, Nessuno e Centomila. Nato come attore di teatro, un proteo (nato a San Giovanni Lupatoto, l'8 giugno 1929) capace di commuovere, emozionare, divertire, terrorizzare.
La sua figura imponente, suoi occhi, profondamente azzurri come un cielo dipinto da Tiziano, hanno attraversato con grazia ed energia la Storia del cinema italiano. Basti pensare al personaggio di Alfredo, il libraio che nell'Audace colpo dei soliti ignoti, (regia di Nanni Loy, 1959) vuol educare il figlio di Nino "Piede Amaro" Manfredi, portandolo a spasso per Mostre e Musei.
In virtù della notevole stazza e dell'incipiente e prematura calvizie, Moschin ha vestito sovente i panni dell'infingardo vessatore. Magari in Camicia nera come in Anni Ruggenti (Regia di Luigi Zampa 1962).
Il potere, specie se crudele, corrotto e codardo, si addiceva a Gastone. Tant'è che in Sissignore (1968) nei panni di un industriale, detto l'avvocato, maltratta, sbertuccia, infinocchia il malcapitato Ugo Tognazzi, mentre ne Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci è un disgustoso agente dell’OVRA dal cognome molto evocativo, Manganiello. Un personaggio tutto patria e famiglia. E la famiglia, nell'accezione più mafiosa del termine torna a palesarsi né 1974. Accreditato come Gaston Moschin, l'attore si ritaglia la parte di Don Fanucci in Il Padrino Parte Seconda. "Un tipo ben piantato, un italiano dall'aspetto crudele, che portava costosi completi dai colori vivaci e un cappello molle di feltro color crema. Aveva fama di appartenere alla «Mano Nera», un derivato della mafia che estorceva soldi alle famiglie e ai negozianti con la minaccia di violenze", per usare le parole di Mario Puzo.
Ma nella carriera di Moschin c'è stato spazio pure per la tenerezza, l'ingenuità, l'innocenza. Quel candore mostrato dal ragioner Osvaldo Bisigato che in Signore & Signori di Pietro Germi sogna la felicità al fianco di una cassiera. Un sogno dissolto dalla corriva vita di provincia e da un'Italia in cui era vietato divorziare.
Di sogni infranti ne sa qualcosa pure Ugo Piazza, il coriaceo protagonista di Milano Calibro 9, capolavoro firmato da Fernando Di Leo. Nei panni del malavitoso in un mondo malevolo e senza pietà, Moschin dà il meglio di sé. E davanti a questa interpretazione ci si può solo togliere il cappello.
Certo, la fama quella vera, quella che sfama arriva con il passo dinoccolato dell’architetto Rambaldo Melandri. Il più intellettuale degli Amici Miei, quello più incline all’innamoramento con conseguente fregatura. Un personaggio capace di perdere la testa per una donna che pare la fata di pinocchio e invece si rivela essere la "più gran puttana di tutta la storia millenaria del meretricio."
Di fronte all'incredibile popolarità della trilogia di Amici miei, Moschin si dichiarava spesso stupito per il successo senza tempo conquistato da quelle zingarate.
Si è spento in silenzio, all'età di ottantotto anni, nell'Ospedale Santa Maria di Terni, dove era ricoverato da qualche giorno. In quell'ambiente clinico spesso teatro delle gag irriverenti del Sassaroli e compagni, scompare un altro pezzo di storia del cinema. Addio Gastone, con te se va l'ultimo amico.