Riccardo Scamarcio è il protagonista di un intenso dramma familiare. Marco è un avvocato barese, nonché padre assente di un bambino di sette anni e compagno inesistente di una donna sudamericana. Quando la donna, stanca delle incomprensioni con il compagno decide di portare via dall’Italia il figlio, l’uomo dovrà fare i conti con la disperazione della perdita. Appuntamento, in prima tv, giovedì 2 febbraio alle 21.15 su Sky Cinema Uno
Un viaggio intercontinentale tra Italia e Cile, alla ricerca del figlio conteso, ma anche nei propri errori ed egoismi. E' il percorso del protagonista, interpretato da Riccardo Scamarcio, in La prima luce di Vincenzo Marra, ispirato in parte da una vicenda autobiografica del regista, in onda, in prima tv, giovedì 2 febbraio alle 21.15 su Sky Cinema Uno. ''L'idea del film (prodotto da Paco Cinematografica con Rai Cinema) nasce dalla somma di tante cose: la mia costante osservazione della realtà, la voglia di raccontare le trasformazioni in atto nella società – ha spiegato Marra nelle note di produzione - e questa storia sempre più urgente. Narra della vicenda dei figli contesi, bambini figli della globalizzazione: una storia di fatto universale, al di là dei due paesi scelti''.
La vicenda prende il via a Bari, dove Marco (Scamarcio), giovane avvocato rampante è in piena crisi con la compagna latinoamericana, Martina (Daniela Ramirez), con cui ha avuto Matteo (Gianni Pezzolla), 8 anni. Marco è tanto affettuoso con il figlio, quanto poco empatico nei confronti del malessere sempre più profondo di Martina, che si è trasferita per lui dal Cile in Italia all'inizio della loro storia. Lei vorrebbe tornare a casa ma l'uomo è fermo nel suo rifiuto sia di seguirla che di concedere a Martina e al figlio il permesso legale di lasciare l'Italia. La donna, però riesce lo stesso a partire con il bambino. L'avvocato sconvolto, non ricevendo più notizie dalla donna, vende tutto e parte in cerca del figlio. Ma dovrà affrontare la giustizia cilena dopo la denuncia di Martina".
Il senso del film lo ha spiegato lo stesso regista. “Quando una storia d'amore finisce e ci sono i bambini di mezzo è sempre molto doloroso e difficile ricomporre l'esistenza delle persone coinvolte, ma quando a questo si aggiunge la distanza fisica, la complessità che nasce da mentalità e culture differenti, le complicazioni diventano imponenti''. In questi anni ''ho visto una trasformazione inversamente proporzionale tra l'Europa e l'America Latina. Da una parte la decadenza, la crisi economica e meccanismi invecchiati, dall'altra, un paese giovane che scommette nel futuro e in espansione economica''. Tra le tante metafore che Marra ha voluto inserire nella storia, c’è anche quella ''dei desaparecidos cileni. Martina di fatto fa scomparire suo figlio e Marco è costretto a tutto pur di ritrovarlo''.