The Pride: la bellezza e la fatica di essere se stessi

Cinema

Paolo Nizza

Maurizio Lombardi (Oliver), Valeria Milillo (Sylvia) Luca Zingaretti (Philip) in The Pride
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Sino al 4 dicembre, il piccolo teatro Strehler ospita The Pride, spettacolo teatrale di Alexi Kaye Campbell, diretto e interpretato da Luca Zingaretti. Tra destino, amore, fedeltà,  perdono, un viaggio emozionante alla ricerca della propria identità. Sul palco, insieme a Zingaretti, tre attori in stato di grazia: Maurizio Lombardi, Valeria Milillo e Alex Cendron

 

"Diventa ciò che sei", scriveva Friedrich Wilhelm Nietzsche, citando un verso di Pindaro. E  l'ombra del più grande tra i lirici greci si manifesta all'inizio di The Pride, attraverso il racconto di un viaggio a Delfi compiuto da uno dei protagonisti.

Ma a differenza del famoso oracolo, The Pride non fornisce risposte, ma domande: Chi  siamo veramente, cosa veramente vogliamo dalla vita e saremo mai capaci di raggiungerlo?

Con coraggio e passione, Luca Zingaretti ha portato per la prima volta su un palcoscenico italiano lo spettacolo di Alexi Kaye Campbell, autore nato ad Atene nel 1966 da padre greco e madre inglese e sceneggiatore di The Woman in Gold (il film che racconta la vera storia di Maria Altmann, una sopravvissuta all'Olocausto, che ha combattuto il governo austriaco per quasi un decennio per recuperare il quadro di Gustav Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bauer, appartenuto a sua zia e confiscato dai nazisti.)

The Pride è un testo enigmatico costruito magnificamente: due storie si svolgono in periodi di tempo lontani tra loro, il 1958 e il 2015.
Londra 1958. È una serata speciale. Sylvia, una ex attrice reduce da un esaurimento nervoso, sta lavorando alle illustrazioni del libro di Oliver, uno scrittore per ragazzi. Non vede l’ora di presentarlo al marito Philip e quella sera, finalmente, usciranno a cena insieme.
Londra 2015. È una serata da incubo. Oliver, un giornalista gay, ha appena rotto con Philip, un fotoreporter con il quale ha avuto una storia di due anni. Sylvia, amica di entrambi, cercherà di indagare i motivi per cui Oliver sta cercando di sabotare una relazione importante come quella che ha con Philip.
Le due storie, interpretate dagli stessi attori, procedono a scene alterne. A prima vista, sembrano non avere nulla in comune, a parte i nomi dei personaggi.

Ma via via che ci si inoltra nelle due vicende, si scoprono echi, rimandi, problematiche che invece hanno molto in comune.

Come in un film o in una serie tv passato e presente danzano con disinvoltura tra una dissolvenza e un cambio di scena. Un teatro di parola in cui i dialoghi si inseguono come onde

In The Pride si ride ci si commuove ci si  interroga, al pari dei protagonisti sul concetto di identità e sulle scelte che determinano il nostro io più profondo.

Essere è essere percepiti, come diceve George Berkeley. Per cui in un gioco di specchi ogni personaggio si cerca nello sguardo dell'altro. 

Tra un'agghiacciante cura lodovico per guarire dall'omosessualità (purtroppo simile alle tecniche di modificazione comportamentale a cui fu sottoposto il matematico Alan Turing) e un escort gay in uniforme nazista, i personaggi di The Pride cercano un senso in un mondo che un senso non ha.

Un po' come cercare al buio una cosa che non esiste e riuscire a trovarla

E la forza di The Pride è proprio nelle voci, negli sguardi, nei gesti dei quattro attori.

Maurizio Lombardi, già meraviglioso nei panni porporati del Cardinale Mario Assente in The Young Pope, è straordinario e travolgente sia quando interpreta l'Oliver, scrittore e garbato sognatore, sia quando presta il suo puro talento e la sua vis comica all'Oliver giornalista incasinato e sessuomane

Luca Zingaretti è un latente e dolente Philip, che ti strazia il cuore quando durante la terapia di conversione dall'omosessuale si domanda "Le altre cose, non di natura sessuale... se ne andranno anche quelle?

In un mondo di uomini,Valeria Milillo è Sylvia, svalvolata Fag Hag, ma pure smagata moglie frustrata dalla mancata maternità.

Last but not Least, il proteiforme Alex Cendron è uno e trino;  marchettaro in uniforme, triviale direttore di giornale e crudele dottore omofobo.

Insomma, in The Pride l'io è diviso e forse è un altro (Rimbaud insegna), fra palloncini colorati che cadono in senso contrario

Ma ciò che resta è uno spettacolo da veder perché oltre a divertire e commuovere fa rifettere.

In fondo, tutti vorremo essere felici del nostro riflesso quando ci guardiamo allo specchio

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