Questi giorni di Giuseppe Piccioni. La recensione

Cinema
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Questi giorni è la terza pellicola italiana in concorso alla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Con Margherita Buy, Marta Gastini, Laura Adriani, Maria Roveran, Caterina Le Caselle e Filippo Timi, il film, ambientato in una città di provincia, racconta la storia di quattro amiche in viaggio con destinazione Belgrado.

di Fausto Galosi

 

Dopo Piuma e Spira Mirabilis il terzo film italiano in concorso a Venezia: Questi giorni di Giuseppe Piccioni, la storia di un viaggio molto particolare. "In questi giorni non è successo nulla ma è cambiato tutto". Con questa battuta si chiude l'ultimo film di Giuseppe Piccioni presentato in concorso al festival di Venezia. La storia di quattro giovani amiche che intraprendono un viaggio per accompagnare una di loro a Belgrado, dove l'attende una misteriosa amica e un improbabile occasione di lavoro. E, come spesso succede, il viaggio diventa un'occasione per mettersi in gioco, per scoprire i conflitti, le smagliature, per far emergere le contraddizioni.

 

All'origine un romanzo inedito di Marta Bertini e una poesia di Ada Negri, riscoperta grazie all'acquisto di un libro usato su una bancarella, e in particolare questi versi : "mia giovinezza non t'ho perduta, sei rimasta in fondo all'essere, sei tu ma un'altra sei".

Con il suo decimo film Giuseppe Piccioni cerca di restituire quel sentimento di aspettativa e incertezza tipico della giovinezza, quell'illusione di eternità che improvvisamente si inceppa quando il confronto con la realtà diventa pressante e imprescindibile. E fatalmente é portato a "vampirizzare" , per così dire, le sue giovani attrici, che sono il cuore pulsante del film, la sua ragione di essere, il suo valore aggiunto.


L'autore di Fuori dal mondo ha lavorato a lungo con Maria Roveran, Marta Gastini, Laura Adriani e Caterina Le Caselle, per ottenere quella naturalezza, quel coinvolgimento che ti porta a vivere sul set emozioni autentiche. E allora il viaggio raccontato nel film si specchia e si intreccia con il viaggio vissuto dalle ragazze sul set, dove il loro rapporto si è consolidato giorni dopo giorno, fino a raggiungere un alchimia ricca di suggestioni.

 

Convincente, come al solito, e per certi versi sorprendente la performance di Margherita Buy, che disegna sullo schermo il ritratto di una madre inaffidabile ma non priva di qualità nascoste. Da segnalare anche un inedito Filippo Timi che interpreta con delicatezza un romantico professore universitario ed un gustoso cameo di Sergio Rubini nella parte del padre di una della ragazze.

 

Il risultato è un film ondivago, che alterna colori e registri diversi, dalla commedia al road movie fino al melo, con una maggiore libertà espressiva rispetto al passato, anche a costo di concedersi qualche rischio, qualche sfasatura, qualche incrinatura...Anche perché se si gioca sul sicuro non si riesce a catturare quel senso "fisico" dell'esistenza, quell'energia non strumentalizzata, quel dispendio di intenzioni e di risorse caratteristico della giovinezza. Fra l'altro come di consueto, il cinema di Piccioni sembra attratto dalla ricerca di verità nascoste, di sfumature sottili, di percorsi non necessariamente premeditati.

 

E alla fine si esce dalla sala con la sensazione di aver assaporato qualcosa che ci appartiene (qualcosa che ha a che fare con il nostro modo di percepire il tempo, le stagioni della vita) e con la convinzione che, se lo vogliamo davvero, il meglio deve ancora venire, a qualsiasi età.
 

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