Presentato in concorso alla 73.ma edizione del Festival del Cinema di Venezia, Arrival è un gioiello del cinema di fantascienza firmato dal regista Denis Villeneuve. Interpretato da Amy Adams, il film è stato accolto dagli applausi dopo la proiezione stampa. Ecco la recensione
Se il buongiorno si vede dal mattino, Denis Villeneuve sta preparando un magnifico sequel di 'Blade Runner'. Con 'Arrival', presentato in concorso a Venezia e salutato dagli applausi alla proiezione stampa di stamattina, il regista canadese, autore del noir 'Sicario' e del sottovalutato thriller 'Prisoners', ci ha regalato uno splendido 'Incontri ravvicinati del terzo tipo' del nuovo secolo.
Ma, visto che nel frattempo di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, da Inception a Interstellar, Villeneuve contamina la fantascienza con altri linguaggi e altri generi. Tant'è che in certi momenti si trema come di fronte a un thriller riuscitissimo o ci si emoziona come quando assisti a un bel meló.
Arrival è il Mulholland Drive della fantascienza perchè, al di lá delle sequenze d'azione mozzafiato di una bellezza abbagliante, si concentra tutto nella mente della sua protagonista, una inarrivabile Amy Adams, e si sviluppa avanti e indietro nel tempo che - assieme al linguaggio - è il vero personaggio principale di questa storia. Tutto inizia da una vita che nasce e muore nell'arco dei primi tre minuti e mezzo, una ragazzina che si ammala di una malattia incurabile.
madre è Louise, linguista e traduttrice, che dopo il lutto viene ingaggiata dalla Nasa per comunicare con gli alieni. La posta in gioco è il destino del mondo perché le superpotenze stanno per scatenare un conflitto mondiale per respingere l'invasione aliena.
Il film è molto più ricco, sofisticato, sentimentale, toccante della breve sinossi che vi ho fatto. Nonostante il genere in cui verrà catalogato è un film molto intimo, molto femminile, forse il primo di fantascienza che parla alle donne più che agli uomini. Perché parla la lingua delledonne, parla di amore, di vita e di futuro.