L'ultimo lupo, Annaud sette anni in Mongolia
CinemaJean-Jacques Annaud (Sette anni in Tibet), torna con un’epica e spettacolare storia di coraggio e amicizia. Un giovane studente cinese viene trasferito in Mongolia per educare una comunità di pastori nomadi, ma a contatto con una realtà tanto diversa dalla sua, si accorgerà di avere a sua volta molto da imparare; e mentre il governo ordina di sterminare tutti i lupi della regione, lui ne alleva un cucciolo di nascosto. Appuntamento, in prima tv, mercoledì 18 maggio alle 21.10 su Sky Cinema 1
Una Mongolia mai vista
Oltre quattro anni di lavoro, con riprese nella Mongolia Interna e l'addestramento per il progetto di alcuni cuccioli di lupo provenienti dagli zoo cinesi. Sono stati fra gli elementi necessari a Jean-Jacques Annaud, già regista del Il nome della rosa e L'orso), per realizzare il suo film L'ultimo lupo, il film da 38 milioni di dollari in arrivo, in prima tv, su Sky Cinema 1, mercoledì 18 maggio alle 21.10. La pellicola è la trasposizione del best-seller semiautobiografico Il totem del lupo (edito in Italia da Mondadori), scritto da Lu Jiamin nel 2004 sotto lo pseudonimo di Jiang Rong, tradotto in 30 Paesi e considerato con 20 milioni di copie vendute, il secondo libro più letto in Cina dopo il Libretto rosso di Mao.
La storia
Protagonista della storia, ambientata negli anni '60, è Chen Zhen (interpretato da Feng Shaofeng), un giovane studente di Pechino, che viene inviato nelle zone interne della Mongolia per insegnare a una tribù nomade di pastori. A contatto con una realtà diversa dalla sua, Chen scopre di esser lui quello che ha molto da imparare sulla comunità, sulla libertà ma soprattutto sul lupo, la creatura più riverita della steppa. Sedotto dal legame che i pastori hanno con il lupo e affascinato dall'astuzia e dalla forza dell'animale, Chen un giorno trova un cucciolo e decide di addomesticarlo. Il forte rapporto che si crea tra i due sarà minacciato dalla decisione di un ufficiale del governo di eliminare, a qualunque costo, tutti i lupi della regione.
Le intenzione del regista
La ricerca del regista giusto per il film, prodotto da China Film Group con Hong Kong e Francia, è durata a lungo, dopo che un iniziale accordo di coproduzione con Peter Jackson e la sua Weta Digital, non era stato finalizzato. ''Dicevano che un regista cinese non avrebbe potuto affrontare questi temi, sono troppi delicati, e loro non volevano un americano. Io sono 'neutro' e ho fatto molti film con gli animali'' ha detto il 71enne Arnaud a The Guardian spiegando come si fosse arrivati a lui. Una scelta tutt'altro che prevedibile, considerando che uno dei suoi maggiori successi, Sette anni in Tibet è un film ancora proibito in Cina, e che il regista fosse stato bandito dall'entrare nel Paese. Un problema ora del tutto superato: ''Ho offeso la Cina con Sette anni in Tibet ed è importante che dopo tutto questo abbiamo deciso di non parlarne. Sono molto grato, dice molto della Cina di oggi''. Quando al cineasta hanno offerto il progetto ''l'ho trovato del tutto nelle mie corde. Era un mio obiettivo trovare delle storie vere sull'ambiente. Ed ero molto eccitato all'idea che uno dei maggiori bestseller in Cina parlasse di qualcosa di cui nell'Occidente molti sono del tutto inconsapevoli - ha spiegato al Los Angeles Times -. In Cina c’è un forte movimento che comprende il bisogno della conservazione e della protezione della natura, e della promozione di temi ambientali''.