In occasione dell'arrivo su Sky Cinema 1, lunedì 10 ottobre alle 21.15 in prima tv del film di Steven Spielberg Il ponte delle spie, vi riproponimo l'intervista di Francesco Castelnuovo a Steven Spielberg e Tom Hanks, rilasciata in occasione dell'uscita della pellicola nelle sale
In occasione dell’uscita del loro ultimo film assieme, Il ponte delle spie (lunedì 10 ottobre alle 21.15, su Sky Cinema 1, in prima tv), Steven Spielberg e Tom Hanks sono stati intervistati da Francesco Castelnuovo. Nell’intervista, l’attore e il regista, alla loro quarta collaborazione cinematografica, hanno toccato tematiche personali e di attualità svelando anche i progetti futuri e i loro film preferiti di Natale. Prendendo proprio spunto dal lancio del film, Hanks e Spielberg hanno affrontato il pericolo della guerra ai nostri giorni: In particolare Spielberg ha detto: “Oggi siamo circondati dalla paura senza sapere dove colpirà la prossima volta. È una specie di guerra, no anzi non è nemmeno una specie: è al contempo una guerra globale, una guerra ideologica e una guerra di religione. Ma quello che ritengo sia veramente inquietante è che il nemico non ha un volto”. Parole che fanno riflettere, con le quali si trova d’accordo l’amico e attore Tom Hanks dicendo: “Abbiamo una legittima paura su dove il terrorismo potrà colpire perché colpisce ovunque: dal World Trade Center, agli aeroporti, alle biblioteche, alle piazze. Penso che il mondo civilizzato possa arrivare a capire da dove provenga, quale sia il suo obiettivo, se sia davvero una sorta di interpretazione della parola di Dio o della legge di Dio sulla Terra, ma è difficile aggrapparsi alla speranza di un comportamento umano di fronte a un tale terrore”.
Durante l’intervista, Spielberg parla per la prima volta del suo nuovo progetto italiano “Il rapimento di Edgardo Mortara”, episodio poco conosciuto al pubblico italiano che lui stesso spiega con queste parole: “È la storia di come l’Italia fu unificata e di come l’unificazione arrivò nello stesso periodo del rapimento di un giovane ragazzo ebreo da parte dell’esercito papale a metà del 1800. Tony Kushner, lo sceneggiatore di Lincoln, ha realizzato uno script eccezionale e intendiamo girare il film”.
Venendo più propriamente al film si tratta di un thriller scritto da Matt Charman con i fratelli Coen, Tom Hanks interpreta James Donovan, avvocato di Brooklyn, che si ritroverà a mediare, gestire e condurre in porto il primo scambio di spie fra Stati Uniti e Unione Sovietica nel 1962. Nella rete dei rispettivi servizi erano rimasti impigliati Rudolf Abel, un inglese di origine russa incaricato di spiare i segreti nucleari americani e il pilota Francis Gary Powers, abbattuto e catturato durante un volo segreto nei cieli sovietici con il suo U-2. Terzo incomodo, uno studente americano di economia, finito nelle carceri della Ddr perché ritenuto a torto una spia. Anche lui fece parte del primo scambio sul Glienicke Bruecke, per ferma volontà di Donovan, che era uomo leale e con la schiena dritta.
Hanks sembra fatto apposta per incarnare l'antica virtù repubblicana americana. Calato come un corpo estraneo nel mondo torbido dello spionaggio, Hanks-Donovan riuscirà a preservare il valore del diritto. "Ho semplicemente interpretato il ruolo come era nel copione", ha avuto modo di dire Hanks, "sui manifesti c’è il mio nome, ma io non ho nulla a che fare con Donovan". La pellicola però non cede alla retorica: alla spia sovietica Spielberg assegna dignità e spessore per tutto il film, che deve alla sceneggiatura dei fratelli Coen intensità e scorrevolezza. E poi c’è Berlino, il suo Muro allora in costruzione, l'aeroporto storico di Tempelhof, il Checkpoint Charlie, luoghi simbolo della Guerra Fredda finiti in tanti romanzi famosi di spy stories. E il ponte di Glienicke, con i suoi archi di ferro verdi, le luci fioche e l'immancabile nebbia gelida che sale dal fiume Havel che gli scorre sotto. Di quelle atmosfere, oggi non è rimasto più nulla: non il Muro, Temphelof è diventato un parco pubblico, il Checkpoint Charlie è ridotto a una Disneyland turistica. Resta il Glienicke Bruecke, che però è un ponte come gli altri, dove scorrono indisturbate le auto guidate da persone che non sanno di attraversare un pezzo di storia. Che ora Spielberg, con il suo magico cinema, cerca di rammentarci.
In occasione dell’uscita del loro ultimo film assieme, Il ponte delle spie (lunedì 10 ottobre alle 21.15, su Sky Cinema 1, in prima tv), Steven Spielberg e Tom Hanks sono stati intervistati da Francesco Castelnuovo. Nell’intervista, l’attore e il regista, alla loro quarta collaborazione cinematografica, hanno toccato tematiche personali e di attualità svelando anche i progetti futuri e i loro film preferiti di Natale. Prendendo proprio spunto dal lancio del film, Hanks e Spielberg hanno affrontato il pericolo della guerra ai nostri giorni: In particolare Spielberg ha detto: “Oggi siamo circondati dalla paura senza sapere dove colpirà la prossima volta. È una specie di guerra, no anzi non è nemmeno una specie: è al contempo una guerra globale, una guerra ideologica e una guerra di religione. Ma quello che ritengo sia veramente inquietante è che il nemico non ha un volto”. Parole che fanno riflettere, con le quali si trova d’accordo l’amico e attore Tom Hanks dicendo: “Abbiamo una legittima paura su dove il terrorismo potrà colpire perché colpisce ovunque: dal World Trade Center, agli aeroporti, alle biblioteche, alle piazze. Penso che il mondo civilizzato possa arrivare a capire da dove provenga, quale sia il suo obiettivo, se sia davvero una sorta di interpretazione della parola di Dio o della legge di Dio sulla Terra, ma è difficile aggrapparsi alla speranza di un comportamento umano di fronte a un tale terrore”.