Arriva nelle sale giovedì 19 marzo, la comnmedia al femminile firmata da Cristina Comencini. Nel cast Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi e Virna Lisi, qui alla sua ultima interpretazione
Scritto dalla nipote di Luigi Comencini, Giulia Calenda, e diretto dalla figlia, Cristina, Latin Lover è, al contempo, un atto d’amore verso il cinema dei padri e una parziale demistificazione della sua mitologia. Il cinema italiano degli anni ’50-’60, di cui Comencini senior è stato uno dei massimi esponenti, dalle farse con Totò (L'imperatore di Capri) al neorealismo rosa (Pane, amore e fantasia), dalla commedia all’italiana (Tutti a casa), alla su involuzione più tragicomica (L'ingorgo). Una stagione gloriosa che qui si vuole seppellire, nel momento stesso in cui la si commemora; con una, freudiana, uccisione del padre, e non soltanto quello biologico. Per farlo si prende un attore immaginario, tal Saverio Crispo (Francesco Sanna) - sorta di epitome di quell’age d’or – e lo si commemora proprio come un caro estinto. Una star dei tempi di cui si dice che “amava stare sempre al centro dello schermo e della vita”. Un uomo favoloso come è il cinema del passato, rimpianto e troppo ingombrante.
E’ lui il latin lover del titolo che viene detronizzato dall’aura mitica di cui era circonfuso, e rivelato anche nelle sue zone d’ombra. Per farlo si citano giocosamente almeno una dozzina di capolavori di quel ventennio, da Un americano a Roma a Il sorpasso, da L’armata Brancaleone a La classe operaia va in paradiso; quasi a dire che si tratta di un retaggio culturale indispensabile, e non solo per il nostro cinema, ma al tempo stesso anche di un fardello che abbiamo portato sulle spalle troppo al lungo, e che è giunto forse il momento di superare. Questo significano le crisi d’identità e di coppia delle tante figlie che l’ex divo ha disseminato nei cinque continenti, e le loro, ora drammatiche ora comiche, elaborazioni. Un gineceo cosmopolita interpretato dal più internazionale dei cast, dall’italiana Angela Finocchiaro alla spagnola Candela Peña, dalla finlandese Pihla Viitala alla “francese” Valeria Bruni Tedeschi, per tacere delle due vedove Marisa Paredes e Virna Lisi, all’ultima interpretazione della sua vita.
Una commedia corale al femminile non dimentica degli esempi di Mario Monicelli (Speriamo che sia femmina), Pedro Almodovar (Donne sull'orlo di una crisi di nervi) e François Ozon (Otto donne e un mistero), che qui però diventa un'altra maniera per gettarsi alle spalle il nostro “cinéma de papa”; che era, come ognun sa, declinato quasi esclusivamente al maschile.
E così, quando Segunda, una delle cinque figlie del divo compianto, si scaglia contro il bellissimo marito fedifrago (Jordi Molla), sputandogli in faccia di averlo usato sempre come uomo oggetto, pare quasi che la regista si stia indirettamente rivolgendo ai tanti “mostri” (Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Gassman, Volontè, etc.) che hanno fatto immenso il nostro cinema ma che è forse ora di mandare per sempre in soffitta.
E’ lui il latin lover del titolo che viene detronizzato dall’aura mitica di cui era circonfuso, e rivelato anche nelle sue zone d’ombra. Per farlo si citano giocosamente almeno una dozzina di capolavori di quel ventennio, da Un americano a Roma a Il sorpasso, da L’armata Brancaleone a La classe operaia va in paradiso; quasi a dire che si tratta di un retaggio culturale indispensabile, e non solo per il nostro cinema, ma al tempo stesso anche di un fardello che abbiamo portato sulle spalle troppo al lungo, e che è giunto forse il momento di superare. Questo significano le crisi d’identità e di coppia delle tante figlie che l’ex divo ha disseminato nei cinque continenti, e le loro, ora drammatiche ora comiche, elaborazioni. Un gineceo cosmopolita interpretato dal più internazionale dei cast, dall’italiana Angela Finocchiaro alla spagnola Candela Peña, dalla finlandese Pihla Viitala alla “francese” Valeria Bruni Tedeschi, per tacere delle due vedove Marisa Paredes e Virna Lisi, all’ultima interpretazione della sua vita.
Una commedia corale al femminile non dimentica degli esempi di Mario Monicelli (Speriamo che sia femmina), Pedro Almodovar (Donne sull'orlo di una crisi di nervi) e François Ozon (Otto donne e un mistero), che qui però diventa un'altra maniera per gettarsi alle spalle il nostro “cinéma de papa”; che era, come ognun sa, declinato quasi esclusivamente al maschile.
E così, quando Segunda, una delle cinque figlie del divo compianto, si scaglia contro il bellissimo marito fedifrago (Jordi Molla), sputandogli in faccia di averlo usato sempre come uomo oggetto, pare quasi che la regista si stia indirettamente rivolgendo ai tanti “mostri” (Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Gassman, Volontè, etc.) che hanno fatto immenso il nostro cinema ma che è forse ora di mandare per sempre in soffitta.