E’ l’unico film italiano in gara nel concorso internazionale della 67ma edizione del Festival. Una storia di vuoto esistenziale che ambisce alla massima riconoscenza. Sky Cinema ha intervistato il regista Bonifacio Angius
di
Barbara Ferrara
Se la Sardegna vista attraverso lo sguardo di Lawrence è una terra unica che “non assomiglia ad alcun altro luogo”, nel film di Bonifacio Angius, potrebbe assomigliare a qualsiasi altro posto del mondo. Ed è proprio nell’anonimità di una città di provincia come Sassari che il regista sardo ha scelto di ambientare le storie dei suoi protagonisti, Peppino (Mario Olivieri) e Angelo (Stefano Deffenu), un padre e un figlio che si incontrano e si perdono nell’irrimediabile solitudine delle loro vuote esistenze. Un rapporto che si mostra in tutte le sue contraddizioni per quello che è, fragile, spietato e tenero al tempo stesso.
Frutto di un lavoro durato tre anni e della voglia di raccontare senza giudizio la sofferenza più intima e la follia dell’essere umano legata al tempo in cui viviamo, “ Perfidia” è l’unico film italiano con un cast interamente autoctono, in gara nel concorso internazionale del Festival di Locarno in corso dal 6 al 16 agosto. Nell’attesa di sapere se il sogno del Pardo D’Oro si realizzerà, abbiamo incontrato Bonifacio Angius e Stefano Deffenu a casa dell’artista Luca Noce che per il film ha curato le scenografie. Nella splendida cornice della campagna sassarese, a due passi dal mare, abbiamo condiviso un bicchiere di Cagnulari e la gioia di esserci come unico film italiano. A Locarno, in occasione della prima mondiale, ci siamo ritrovati per parlare meglio della pellicola.
Che effetto fa essere l’unico regista italiano in un Festival internazionale?
Esserci è un’immensa gioia ed essere l’unico regista italiano, sardo o del mio quartiere non fa nessuna differenza.
Perché "Perfidia"?
Mentre scrivevo la sceneggiatura del film ascoltavo la versione di Perfidia cantata da Nat King Cole, cercavo un titolo molto forte e l’ho trovato. La perfidia si nasconde sempre dietro una calma apparente, una persona perfida non si mostra mai per la sua malvagità. Non parlo della perfidia dei miei personaggi ma del mondo in cui vivono.
Durante le riprese cosa è stato più difficile e cosa più facile?
Difficile mantenere alta la concentrazione durante tutta la lavorazione e la post-produzione, facile il rapporto con gli attori, appartengono tutti al luogo in cui è stato girato il film, e per me è stato semplice aiutarli a calarsi nell’atmosfera che volevo ottenere.
Cosa c’è di autobiografico nella pellicola?
E’ un film molto personale, racconta la mia più grande paura durante il periodo della scrittura. Pensavo che la cosa peggiore che mi potesse capitare in quel momento fosse rimanere solo. Volevo parlare di persone comuni per elevarle a personaggi mitologici e per riuscirci sono partito da me stesso.
Angelo, il protagonista del film, è privo di consapevolezza, si lascia vivere, non sceglie, non ha un lavoro, né un amore, sogna un barlume di normalità ma non fa nulla per raggiungerla: crede sia lo specchio di una generazione?
No, non lo è né vuole esserlo. Non tutti i trentenni sono come lui. "Perfidia" non è un film generazionale, ma la storia di un ragazzo come tanti che trascorre il tempo al bar e compie atti incoscienti senza ragione apparenti: l’unica spiegazione sta nella sua stessa vita, nel vuoto culturale che lo logora, nella mancanza di aspirazione e di amore.
Cosa c’è dietro il rapporto tormentato di Angelo con il padre?
La dimensione autentica di una umanità che si svela nella sua cruda pienezza. Mi premeva raccontare il rapporto padre-figlio in tutta la moltitudine di comportamenti ed espressioni.
Se "Perfidia" fosse una persona, quale sarebbe il suo miglior pregio e il peggior difetto?
La sincerità sarebbe il suo pregio, la troppa sincerità invece il suo maggior difetto.
Nel film si parla di Gesù e del diavolo, in chi vede lei la faccia del diavolo?
La vedo in un periodo in cui c’è bisogno di molte certezze e non ce ne sono. Per inseguire queste certezze si rischia di non vivere il presente ma di avere semplicemente paura del futuro.
Se potesse scegliere il protagonista del suo prossimo film?
Se fossero ancora vivi Salvo Randone, Ben Gazzara e Peter Falk, altrimenti il De Niro degli anni Settanta e Sylvester Stallone.
Il finale di "Perfidia" ha la forza di una porta presa in faccia, non lascia spazio a vane speranze…
L’intento era proprio quello. Ho raccontato una cittadina di provincia come tante attraverso il problema della disoccupazione, il vuoto. Vite fatte di attese, invidie, desiderio di “normalità” e una follia che nasce da una quotidianità così stagnante da diventare feroce..
GUARDA IL TRAILER DI "PERFIDIA"
Se la Sardegna vista attraverso lo sguardo di Lawrence è una terra unica che “non assomiglia ad alcun altro luogo”, nel film di Bonifacio Angius, potrebbe assomigliare a qualsiasi altro posto del mondo. Ed è proprio nell’anonimità di una città di provincia come Sassari che il regista sardo ha scelto di ambientare le storie dei suoi protagonisti, Peppino (Mario Olivieri) e Angelo (Stefano Deffenu), un padre e un figlio che si incontrano e si perdono nell’irrimediabile solitudine delle loro vuote esistenze. Un rapporto che si mostra in tutte le sue contraddizioni per quello che è, fragile, spietato e tenero al tempo stesso.
Frutto di un lavoro durato tre anni e della voglia di raccontare senza giudizio la sofferenza più intima e la follia dell’essere umano legata al tempo in cui viviamo, “ Perfidia” è l’unico film italiano con un cast interamente autoctono, in gara nel concorso internazionale del Festival di Locarno in corso dal 6 al 16 agosto. Nell’attesa di sapere se il sogno del Pardo D’Oro si realizzerà, abbiamo incontrato Bonifacio Angius e Stefano Deffenu a casa dell’artista Luca Noce che per il film ha curato le scenografie. Nella splendida cornice della campagna sassarese, a due passi dal mare, abbiamo condiviso un bicchiere di Cagnulari e la gioia di esserci come unico film italiano. A Locarno, in occasione della prima mondiale, ci siamo ritrovati per parlare meglio della pellicola.
Che effetto fa essere l’unico regista italiano in un Festival internazionale?
Esserci è un’immensa gioia ed essere l’unico regista italiano, sardo o del mio quartiere non fa nessuna differenza.
Perché "Perfidia"?
Mentre scrivevo la sceneggiatura del film ascoltavo la versione di Perfidia cantata da Nat King Cole, cercavo un titolo molto forte e l’ho trovato. La perfidia si nasconde sempre dietro una calma apparente, una persona perfida non si mostra mai per la sua malvagità. Non parlo della perfidia dei miei personaggi ma del mondo in cui vivono.
Durante le riprese cosa è stato più difficile e cosa più facile?
Difficile mantenere alta la concentrazione durante tutta la lavorazione e la post-produzione, facile il rapporto con gli attori, appartengono tutti al luogo in cui è stato girato il film, e per me è stato semplice aiutarli a calarsi nell’atmosfera che volevo ottenere.
Cosa c’è di autobiografico nella pellicola?
E’ un film molto personale, racconta la mia più grande paura durante il periodo della scrittura. Pensavo che la cosa peggiore che mi potesse capitare in quel momento fosse rimanere solo. Volevo parlare di persone comuni per elevarle a personaggi mitologici e per riuscirci sono partito da me stesso.
Angelo, il protagonista del film, è privo di consapevolezza, si lascia vivere, non sceglie, non ha un lavoro, né un amore, sogna un barlume di normalità ma non fa nulla per raggiungerla: crede sia lo specchio di una generazione?
No, non lo è né vuole esserlo. Non tutti i trentenni sono come lui. "Perfidia" non è un film generazionale, ma la storia di un ragazzo come tanti che trascorre il tempo al bar e compie atti incoscienti senza ragione apparenti: l’unica spiegazione sta nella sua stessa vita, nel vuoto culturale che lo logora, nella mancanza di aspirazione e di amore.
Cosa c’è dietro il rapporto tormentato di Angelo con il padre?
La dimensione autentica di una umanità che si svela nella sua cruda pienezza. Mi premeva raccontare il rapporto padre-figlio in tutta la moltitudine di comportamenti ed espressioni.
Se "Perfidia" fosse una persona, quale sarebbe il suo miglior pregio e il peggior difetto?
La sincerità sarebbe il suo pregio, la troppa sincerità invece il suo maggior difetto.
Nel film si parla di Gesù e del diavolo, in chi vede lei la faccia del diavolo?
La vedo in un periodo in cui c’è bisogno di molte certezze e non ce ne sono. Per inseguire queste certezze si rischia di non vivere il presente ma di avere semplicemente paura del futuro.
Se potesse scegliere il protagonista del suo prossimo film?
Se fossero ancora vivi Salvo Randone, Ben Gazzara e Peter Falk, altrimenti il De Niro degli anni Settanta e Sylvester Stallone.
Il finale di "Perfidia" ha la forza di una porta presa in faccia, non lascia spazio a vane speranze…
L’intento era proprio quello. Ho raccontato una cittadina di provincia come tante attraverso il problema della disoccupazione, il vuoto. Vite fatte di attese, invidie, desiderio di “normalità” e una follia che nasce da una quotidianità così stagnante da diventare feroce..
GUARDA IL TRAILER DI "PERFIDIA"