Giovedì 31 ottobre, nel giorno del 20° anniversario della sua scomparsa, Sky Cinema Classics rende omaggio al regista italiano più celebre nel mondo con la messa in onda di Giulietta degli Spiriti, I Vitelloni, Lo sceicco bianco
di
Paolo Nizza
"Felliniano... Avevo sempre sognato, da grande, di fare l'aggettivo."
Federico Fellini battezza così il suo ingresso tra le voci del dizionario della lingua italiana. L ‘autore che un giorno avrebbe dato voce persino alla luna riposa tra la fellema, ovvero il sughero, e il fellino (fungo della famiglia delle Poliporacee). Autobiografico per sua stessa ammissione anche quando parlava di una sogliola, “Fellini è il cinema”, parola di George Simenon.
Eppure la decima musa non sorride subito al maestro riminese . Lo Sceicco bianco, primo film firmato da Federico come unico regista e proiettato alla mostra del cinema di Venezia, è accolto dalla rivista Bianco e nero con un commento lapidario: “La prova di regia di Fellini è convenzionale, scadente e grossolana, ineluttabilmente senza appello”.
Annichilito dalla critica, il film evapora dalle sale dopo una manciata di giorni. Colpa anche del protagonista Alberto Sordi, allora inviso al pubblico e considerato dai distributori un’autentica sciagura per il botteghino.
Tuttavia Fellini non si arrende. Iingaggia, contro il parete di tutti, di nuovo Albertone e gira I Vitelloni. Il film viene interrotto quattro volte per mancanza di fondi. La pellicola non vuole distribuirla nessuno. Federico vagabonda per mendicare un noleggio come un disperato. Il nome di Sordi scompare da manifesti e dalla prime 50 copie del film .
E tra una domanda senza risposta: “ Ma tu se adesso venisse Jean Russell e ti dicesse dai pianta tutto e vieni con me, ci andresti?” e un gesto dell’ombrello accompagnato da un: “lavoratoriiiiii! Lavoratori della maltaaa! Prrrr...” il film conia un neologismo: nasce il vitellone. Il perdigiorno di provincia avvezzo alla crapula e all’ozio, si trasfigura in una categoria dello spirito.
Fellini si candida a costruttore di mondi, perché il cinema, sono parole sue, “Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”.
Scritto in una quindicina di giorni, I Vitelloni shakera i ricordi riminesi di Fellini con le reminiscenze di Ennio Flaiano nato a Pescara. Per entrambi una giovinezza bagnata dal mare e sancita da un aforisma proprio di Flaiano: “Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno”.
Alla fine del film, il personaggio di Moraldo, senza dire niente a nessuno, prende un treno per Roma. Al pari di Federico la cui carriera è ormai sbocciata. Sara l’unico italiano a vincere 5 Oscar. Come dirà Orson Welles imbeccato da Pasolini in La Ricotta: “Egli danza”.
In Giulietta degli Spiriti, primo lungometraggio di Fellini a colori, il maestro balla con la sua Margherita. In una pirotecnica epifania di son et lumiere. Una vertiginosa visione "nata su Giulietta e per Giulietta", tra medium, veggenti, suore, sante, detective, cadaveri barbuti, pederasti, domestiche, ballerine, fantasmi, efebi, nonni, nipotine, cavalieri, amanti.
Certo, si potrebbe credere che “adesso ci sia soltanto il sentimento di un buio in cui stiamo sprofondando.” per usare le parole di Federico scomparso il 31 ottobre del 1993 nel letto di un ospedale del policlinico di Roma.
Ma a 20 anni di distanza da quel lutto, il cinema di Fellini continua a essere visto, studiato e ammirato tutto il mondo.
Niente male per un regista che amava dire “Io nel mio lavoro mi sono solo divertito”.
"Felliniano... Avevo sempre sognato, da grande, di fare l'aggettivo."
Federico Fellini battezza così il suo ingresso tra le voci del dizionario della lingua italiana. L ‘autore che un giorno avrebbe dato voce persino alla luna riposa tra la fellema, ovvero il sughero, e il fellino (fungo della famiglia delle Poliporacee). Autobiografico per sua stessa ammissione anche quando parlava di una sogliola, “Fellini è il cinema”, parola di George Simenon.
Eppure la decima musa non sorride subito al maestro riminese . Lo Sceicco bianco, primo film firmato da Federico come unico regista e proiettato alla mostra del cinema di Venezia, è accolto dalla rivista Bianco e nero con un commento lapidario: “La prova di regia di Fellini è convenzionale, scadente e grossolana, ineluttabilmente senza appello”.
Annichilito dalla critica, il film evapora dalle sale dopo una manciata di giorni. Colpa anche del protagonista Alberto Sordi, allora inviso al pubblico e considerato dai distributori un’autentica sciagura per il botteghino.
Tuttavia Fellini non si arrende. Iingaggia, contro il parete di tutti, di nuovo Albertone e gira I Vitelloni. Il film viene interrotto quattro volte per mancanza di fondi. La pellicola non vuole distribuirla nessuno. Federico vagabonda per mendicare un noleggio come un disperato. Il nome di Sordi scompare da manifesti e dalla prime 50 copie del film .
E tra una domanda senza risposta: “ Ma tu se adesso venisse Jean Russell e ti dicesse dai pianta tutto e vieni con me, ci andresti?” e un gesto dell’ombrello accompagnato da un: “lavoratoriiiiii! Lavoratori della maltaaa! Prrrr...” il film conia un neologismo: nasce il vitellone. Il perdigiorno di provincia avvezzo alla crapula e all’ozio, si trasfigura in una categoria dello spirito.
Fellini si candida a costruttore di mondi, perché il cinema, sono parole sue, “Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”.
Scritto in una quindicina di giorni, I Vitelloni shakera i ricordi riminesi di Fellini con le reminiscenze di Ennio Flaiano nato a Pescara. Per entrambi una giovinezza bagnata dal mare e sancita da un aforisma proprio di Flaiano: “Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno”.
Alla fine del film, il personaggio di Moraldo, senza dire niente a nessuno, prende un treno per Roma. Al pari di Federico la cui carriera è ormai sbocciata. Sara l’unico italiano a vincere 5 Oscar. Come dirà Orson Welles imbeccato da Pasolini in La Ricotta: “Egli danza”.
In Giulietta degli Spiriti, primo lungometraggio di Fellini a colori, il maestro balla con la sua Margherita. In una pirotecnica epifania di son et lumiere. Una vertiginosa visione "nata su Giulietta e per Giulietta", tra medium, veggenti, suore, sante, detective, cadaveri barbuti, pederasti, domestiche, ballerine, fantasmi, efebi, nonni, nipotine, cavalieri, amanti.
Certo, si potrebbe credere che “adesso ci sia soltanto il sentimento di un buio in cui stiamo sprofondando.” per usare le parole di Federico scomparso il 31 ottobre del 1993 nel letto di un ospedale del policlinico di Roma.
Ma a 20 anni di distanza da quel lutto, il cinema di Fellini continua a essere visto, studiato e ammirato tutto il mondo.
Niente male per un regista che amava dire “Io nel mio lavoro mi sono solo divertito”.