Militello piange e applaude: l’ultimo viaggio di Pippo Baudo

A Militello in Val di Catania oggi non si celebra soltanto un funerale. È un rito collettivo, una preghiera che si fa piazza, memoria che diventa scenografia. La città intera ha indossato il lutto per il suo figlio più illustre, Pippo Baudo, e il barocco delle sue chiese, delle sue facciate, dei suoi balconi sembra vibrare insieme alla commozione popolare. Il carro funebre Maserati è arrivato a notte fonda. Ad accoglierlo, centinaia di persone dietro le transenne. Un applauso lungo, liberatorio, mentre le note dell’Intermezzo della Cavalleria Rusticana riempivano la piazza. Non un dettaglio di regia: era stata la sua scelta. Un ultimo gesto di Pippo, teatrale e umano insieme. La città che si veste di lutto Dall’alba Militello si è trasformata. Le bandiere della Trinacria e dell’Italia sventolano a mezz’asta accanto agli stendardi del Santissimo Salvatore, patrono del paese. Le luminarie accese fino a pochi giorni fa per la festa patronale oggi restano spente, cornici mute attorno a piazza Vittorio Emanuele. Molte saracinesche sono abbassate, persino l’antica tabaccheria ha spento l’insegna. Le campane rintoccano come a festa, ma i colpi, ripetuti, sembrano un lamento. Ai lati della piazza, carabinieri, polizia, Protezione civile: le autorità schierate come in un silenzioso picchetto d’onore. In prima fila anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, il ministro Adolfo Urso, il governatore Renato Schifani. Dai balconi, i ruoni barocchi – mascheroni e figure scolpite nella pietra – sembrano osservare anch’essi la folla: volti immobili che paiono piangere con gli uomini. Alle finestre mezzerotte la gente ha affisso foto di Pippo, e nei negozi alcune vetrine sono state trasformate in piccoli altari improvvisati con cornici e fiori. Una piazza di contrasti Piazza Vittorio Emanuele è il cuore pulsante di questo abbraccio. Qui, sulle sedie di plastica blu, gli anziani continuano a giocare a briscola, con le carte che sbattono sul tavolino come colpi di memoria. Poco più in là, nella chiesa di Santa Maria della Stella, si prepara la celebrazione solenne. Intorno, la vita scorre con lentezza: la storica gelateria Faragone, fondata nel 1958, distribuisce granite al limone a chi attende in piedi da ore; il vicino Roxy Bar è diventato punto di ritrovo e rifugio, quasi fosse una grande città. Tutto si intreccia: applausi, campane, saracinesche abbassate, bandiere a lutto. E poi le ringhiere decorate, le carte da morto affisse sui muri che ricordano Gaetano, Salvatore, Vincenzo – ottantenni che se ne sono andati da tempo, ma che i familiari celebrano con affetto immutato. La memoria a Militello è tangibile, e oggi è tutta per Pippo. Voci e ricordi Davanti al municipio, gonfalone listato a lutto, gli anziani si commuovono: «Era uno di noi, non ha mai dimenticato questa terra». Nella Biblioteca comunale, il sindaco Giovanni Burtone sfoglia l’album delle nozze con Katia Ricciarelli, celebrate nel 1986: «Quel giorno il paese intero partecipò alla sua gioia». Una ex cantante di Castrocaro mostra orgogliosa una foto con Baudo: «Mi disse di credere in me. Quell’incoraggiamento resta il dono più grande». E al Palazzo Sciannaca, casa natale di Pippo, il signor Salvatore accoglie i curiosi: «Qui è nato, qui ha sognato. Per Militello non se n’è mai andato davvero». L’omelia e l’addio Alle 16, la chiesa di Santa Maria della Stella ha accolto i funerali solenni. All’interno, 300 posti appena; all’esterno, migliaia di persone davanti al maxischermo. Nell’omelia, don Giuseppe Albanese – padre spirituale di Baudo – ha ricordato l’uomo prima ancora del conduttore: «Pippo ha portato la sua Sicilia nel cuore, ovunque andasse. Ha insegnato che la popolarità non conta nulla se non resta legata alla propria comunità. E oggi la sua comunità lo riabbraccia». Monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, ha aggiunto: «In un mondo che cambia, lui ha rappresentato un punto fermo: la voce, il volto, la dignità della televisione italiana». Un applauso che non finisce Sul feretro i cuscini dei nipoti Nicole e Nicholas, sull’altare la corona inviata dalla Presidenza della Repubblica. Dettagli che raccontano l’intreccio di affetti familiari e riconoscimento nazionale. Al termine della cerimonia, un applauso lunghissimo ha unito piazza e chiesa in un solo respiro. La folla ha iniziato a scandire “Pippo, Pippo”, come fosse uno stadio, ma con la solennità di una preghiera. Il feretro è uscito di nuovo tra le note della Cavalleria Rusticana. La stessa musica che lo aveva accolto nella notte lo ha accompagnato nell’ultimo viaggio verso il cimitero di Militello, dove riposerà nella cappella di famiglia accanto ai genitori. La Sicilia che non dimentica Per Pippo Baudo, che della Sicilia ha sempre fatto un vessillo, non poteva esserci congedo più autentico. Ogni estate tornava qui, per le vacanze di Natale e per quelle estive, a respirare le strade e le piazze del paese natale. «Questa è la mia radice», diceva spesso. E oggi, mentre Militello si è fermata per lui, la sua terra lo ha salutato con gli stessi gesti di una festa patronale e con la stessa emozione di una grande famiglia. Non un addio, ma un grazie che attraversa i vicoli, le chiese, i balconi barocchi: la Sicilia intera che si riconosce nel suo Pippo.

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Giuditta Avellina