Alla Scala una nuova Carmen, Patrick de Bana: “Ho portato tutti i profumi della Spagna”

“Ci sono più ‘Spagne’ ma io scelgo questa che viaggia nella mia immaginazione verso il passato e trova nel presente i riflessi della sua ricca cultura e della sua infinita arte. È da questo intimo legame con la Spagna che traggo i primi schizzi della mia Carmen, come una donna dall'antico e accattivante retaggio gitano, ma anche un'eroina appassionata vestita di libertà; un Don José disarmato dall'eredità di un modo perverso di intendere l'amore e, senza dubbio, il destino personificato come un implacabile maestro di cerimonie che li inseguirà in ogni angolo”. Nasce da qui la Carmen firmata da Patrick de Bana, presentata in prima mondiale al Teatro alla Scala in occasione del Trittico Kratz/Preljocaj/de Bana in scena fino al 12 marzo. Una nuova creazione, nata proprio per la compagnia scaligera e le sue étoiles, in cui il coreografo scava tra mitologia, cultura, profumi e simboli della sua Spagna, Paese in cui vive, su un tessuto musicale che si basa sulla Carmen Suite di Rodion Ščedrin e trasporta il pubblico nelle radici gitane con le sonorità di Aconteció e di Ayer en Hoy . Nato da madre tedesca e padre nigeriano ad Amburgo, Patrick De Bana lavora da anni come coreografo per i più importanti teatri al mondo dopo una lunga carriera come danzatore. È stato infatti primo ballerino del Béjart Ballet di Losanna e poi della Compañía Nacional de Danza diretta da Nacho Duato. Qual è l’idea da cui nasce la sua Carmen? L'idea principale è quella di portare un po' di Spagna su un palcoscenico mondiale come quello della Scala di Milano, far arrivare quel profumo tipico della Spagna per far toccare le radici di questo Paese. Siviglia ha, per esempio, un profumo molto bello in estate: è il gelsomino ma anche la dama de noche che si apre la sera. Ecco questo è il mio desiderio. Nella scena finale di questa sua versione vediamo proprio scendere sul palco petali di gelsomino, simbolo della purezza. Questo odore della Spagna è un qualcosa che contamina anche lo stile coreografico con forti richiami al flamenco… Ci sono diversi sapori della Spagna e questi sapori si mescolano con altro. Io sono nato in una famiglia multietnica e sono per natura l’incontro di paesi e mondi diversi. Per cui per me la vita, e di conseguenza anche l’arte e la danza ovviamente, è fatta dall’unione di culture. E quando sento dire che non è possibile mischiare stili diversi perché non è giusto mi chiedo cosa significhi “giusto o sbagliato”. Siamo qui per vivere la vita, per sperimentare, per cercare di essere felici il più possibile. Sono molto fortunato di poter fare questo attraverso l'arte, come artista, come ballerino e come coreografo. Quindi prendo ogni occasione per provare a scoprire e ad assaporare culture e persone diverse. Quando si parla di Carmen si pensa inevitabilmente a versioni che hanno segnato la storia della danza come quella firmata da Roland Petit o quella di Mats Ek. In questa sua creazione è stato influenzato da altri coreografi o no? Sono stato molto ispirato dalla versione di Rafael Aguilar, che era anche molto amico di Maurice Béjart. E lui naturalmente non è né classico né contemporaneo ma appartiene al mondo del flamenco. Amo la sua Carmen ed è così reale, così umana. Proprio come Maurice era per me. Per questa nuova Carmen è tornato a lavorare con Roberto Bolle, per cui aveva creato l’assolo In your black eyes. Per fare un gioco di parole, cosa vede negli occhi di Roberto Bolle? Io vedo e ho conosciuto Roberto, non Roberto Bolle. Perché prima di Roberto Bolle c’è un essere umano meraviglioso che è molto generoso, luminoso. Un uomo molto potente, molto forte ma allo stesso tempo tenero e sensibile. Sono stato molto fortunato a collaborare con lui e abbiamo costruito anche una vera amicizia. Per me è molto importante incontrare prima l'essere umano perché se non riesco a connettermi con il lato umano degli artisti non riesco poi a lavorare con loro. Ed è un grande piacere per me collaborare anche con Nicoletta Manni, Alice Mariani, Maria Celeste Losa, Linda Giubelli, Caterina Bianchi. Artisti e personaggi diversi ma prima di tutto persone. Per me, ripeto, è importante cogliere il lato umano e per farlo devi essere un po’ psicologo, un po’ amico, un po’ fratello, un po’ un padre. Poi nasce l’arte. Sai, molte volte la gente pensa che gli artisti siano così speciali. No, non siamo speciali. Siamo umani, proprio come te e me.

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