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Luca Ravenna ospite a Stories su Sky Tg24. VIDEO

Spettacolo

Alla vigilia del tour che lo porterà in giro per l'Europa, Luca Ravenna, uno degli stand up comedian italiani più apprezzati, si racconta al vicedirettore di Sky Tg24 Omar Schillaci nella nuova puntata del ciclo di interviste dedicate ai protagonisti del mondo dello spettacolo 

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È Luca Ravenna il protagonista della nuova puntata di Stories, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Francesco Venuto, lo stand up comedian si racconta in “Luca Ravenna – Open Your Mic”. In onda mercoledì 19 giugno alle 21.00 su Sky TG24, sabato 22 giugno alle 13.30 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand.   

dal nuovo tour europeo al racconto dell'infanzia, dagli inizi alla vita d’autore, dal palcoscenico alla tv

Dopo essere stato tra i primi stand up comedian italiani a confrontarsi con l’estero, è in attesa di annunciare il suo nuovo tour europeo, in italiano. Uno spettacolo per gli italiani all’estero, dato che “Esportiamo il meglio della nostra cultura” ha scherzato, “quando sei a Londra la gente da tutta Italia fa lavori molto differenti ma la l'attenzione e la furia che ha il pubblico è straordinaria che sia Londra, Amsterdam o Berlino. È bellissimo e adesso spero di rifarlo con questo spettacolo perché, cioè, ti fa sentire come Toto Cutugno”. E poi ancora il racconto della sua infanzia, gli inizi, la sua vita d’autore, il palcoscenico e poi la tv.

 

La storia di Luca Ravenna inizia a Milano, a piazza Missori, “Eravamo una famiglia composta da quattro persone. Io parlo spesso della mia famiglia negli spettacoli perché la famiglia è un po’ il valore fondante, mi sembra, in Italia. Uno può far finta di no, ma in realtà siamo costruiti per famiglie, clan, medioevo e tutto quello che ne consegue. Papà, mamma, mio fratello e io”. Un bambino con una spiccata fantasia che sin da subito ha subito il fascino magnetico di raccontare storie. “Ero un ballista incredibile. Quando capisci che raccontando una storia puoi piegare la realtà, ti piace, ti dà un bel brivido. Dicevo delle stupidate incredibili da piccolo” ha ricordato. Gli anni della scuola scivolano via da “studente medio”, poi Roma e il Centro Sperimentale di Cinematografia dove studia come sceneggiatore. “Di quegli anni” racconta “ricordo un docente che un giorno ha preso me e altri compagni nella classe di sceneggiatura, ci ha appeso al muro e ha detto ‘Ma voi qua state rubando il posto agli altri? Siete venuti a raccontare il nulla’. Un po’ simile alla scena di ‘È stata la mano di Dio’. Quando fai questo tipo di lavoro, è bene che ti succeda, che qualcuno ti dica sei nulla e devi darti da fare”. Da lì inizia a collaborare con i The Pills, il collettivo di comici romani che ha dominato la scena delle web serie. “Erano tre geni della comicità totali. Ho avuto la fortuna di lavorare con loro che allora erano veramente i più fighi del mondo e ho imparato tantissimo lì, è stato come fare un master”. Poi quasi per caso l’approdo nella stand up, da pioniere, negli anni in cui in Italia il genere e sconosciuto ai più. “Era il 19 febbraio del 2014 e fu organizzato, credo davvero il primo Open Mic a Roma da Edoardo Ferrario, Saverio Raimondo e Francesco De Carlo” ha ricordato, “sono sceso dal palco e qualcosa aveva fatto click nella testa. Mi sono detto ‘Io da adesso farò solo questo’”.

 

Da lì una brillante carriera che lo ha eletto tra i migliori esponenti del genere in Italia. Centinaia di spettacoli in patria e adesso anche all’estero, ma l’ansia prima di andar in scena non manca mai e per gestirla fa ricorso ad alcuni espedienti scaramantici, rituali, “tipo Nadal” da grande appassionato di tennis qual è. “Allaccio sempre prima la scarpa destra e poi la sinistra, due volte, prima di salire sul palco. Tango la bottiglietta e il tappo in un certo modo mentre entro in scena e prima ancora nei camerini ascolto sempre le stesse canzoni. La prima è ‘Se bruciasse la città’ di Massimo Ranieri, poi ascolto sempre il secondo pezzo dell'album live dei Daft Punk nel 2007” ha confessato. Ma prima ancora di sfondare come stand up comedian, Luca Ravenna si è anche cimentato come autore televisivo, a ‘Quelli che il Calcio…’, sotto la supervisione di un grande come Massimo Venier. “È stata un'esperienza bellissima, molto intensa, con l’adrenalina assurda della diretta. Però lì mi sono reso conto del fatto che non volevo più fare l'autore. Massimo poi è venuto recentemente a un mio spettacolo e mi ha detto ‘Avevi ragione, bravo, hai fatto bene’ è stata una soddisfazione enorme”.

 

Da maestro della comicità, impossibile non chiedergli cosa ne pensi del politicamente corretto. Per lui “non esiste quando si sale sul palco. Sei molto libero perché il contesto lo controlli e il controllo è dato dall’ingaggio che si crea fra il pubblico che ti ha pagato e tu che devi far ridere. Quindi la gente viene volentieri a sentirti e non ci sono limiti reali. Sta a te a capire quanto è divertente ballare sul limite”, ha spiegato. Oltre ai teatri c’è però la tv, e quella esperienza alla prima stagione di Lol, in cui ha dovuto confrontarsi col grande pubblico. “È stato utilissimo perché ho avuto a che fare col mondo mainstream e la stand up non è ancora mainstream. Lo rifarei domani nello stesso identico modo”. Il suo ultimo spettacolo, Red Sox ha avuto un successo incredibile, superando il già celebre ‘568’ per numero di spettatori. “Non ho ancora processato la cosa, non ho elaborato le informazioni emotive. Però sì, sono contentissimo. Sono stati sette mesi molto intensi, bellissimi, stupendi. E poi per la prima volta ho fatto una cosa che posso un po’ definire tendente al ‘nazionale’, non ancora nazionalpopolare diciamo. Nazionalpopolare è il salto dopo”. Infine, dopo il web, la tv e il teatro, tanto teatro, c’è ancora spazio per il cinema? “Spero di riuscire a farlo, farò di tutto per arrivarci. Essendo stato un giovane sceneggiatore che camminava per Roma scrivendo e pensando a chi avrei dedicato il mio Oscar…” ha scherzato, “è una delle cose più difficili da fare. Scrivere un film è facile, che la gente vada a vederlo e che funzioni è molto difficile”.

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