Lorenzo Viotti torna alla Scala: “Dal podio voglio rubare il cuore ai giovani”. VIDEO
SpettacoloIl Maestro dirige “Simon Boccanegra”, l’opera di Giuseppe Verdi presentata in una nuova produzione con la regia di Daniele Abbado in scena fino al 24 febbraio. 33 anni, già tra i direttori d’orchestra più affermati al mondo, Viotti si è raccontato a Sky TG24. Dall’amore per la musica e per l’Italia al ricordo del padre, dai social come strumento per avvicinare i giovani al teatro alla sua vita privata. L’INTERVISTA
“Non è un lavoro, siamo le persone più fortunate al mondo perché la mattina io mi sveglio e vado a suonare”. Trentatré anni, ma già con una lunga carriera alle spalle che lo ha portato ad essere tra i direttori d’orchestra più richiesti al mondo, il Maestro Lorenzo Viotti torna al Teatro alla Scala per dirigere Simon Boccanegra, l’opera di Giuseppe Verdi presentata in una nuova produzione con la regia di Daniele Abbado in scena fino al 24 febbraio con un cast eccezionale come Luca Salsi, Eleonora Buratto, Charles Castronovo e Ain Anger, e tre concerti della stagione sinfonica (il 19, 22 e 23 febbraio). Lo abbiamo incontrato durante le prove.
Maestro, lei ha definito Simon Boccanegra il testamento di Verdi, cosa intende?
C'è questa tristezza, questa presenza dei silenzi, delle domande importanti della vita e c’è anche l'aspetto politico che per Verdi era molto importante. Sento che il pezzo musicale è come un suo addio al mondo. Anche nella fine dell'opera, mi manca la speranza. C'è tutto in Simon Boccanegra, c'è tutta questa morbidezza, questa ricchezza dei suoni.
È stata la prima opera che lei ha visto dal vivo quando aveva cinque anni. Sul podio c'era suo padre Marcello Viotti. Che ricordo ha di quel momento e qual è l'insegnamento più grande di suo padre?
La più bella lezione che ho preso nella mia vita da mio padre è l'amore assoluto per i valori della famiglia, della vita, che non sono la carriera né cose materiali. Non ho veramente ricordi di mio padre come direttore d'orchestra ma ho tantissimi ricordi di mio padre come padre. E questo è molto più importante, specialmente nel mio lavoro per poter dare questa passione agli altri, questo amore e questa libertà. Simon Boccanegra per me bambino è stato anche uno shock perché ho visto una persona morire sul palcoscenico. Questo gioco della morte e la vita che fa parte del nostro lavoro era qualcosa di molto strano per un bambino di 5 anni.
Lei è direttore dell’Opera di Amsterdam ma alla Scala è ormai di casa. In questo mese, oltre al Simon Boccanegra, sarà sul podio anche per tre concerti con un programma completamente diverso che spazia da Rimskij Korsakov a Ravel fino a Rachmaninov. Qual è il suo rapporto con questo teatro
Ho cominciato qui molto giovane, a 25 anni. Ho avuto anche un po' di paure e anche penso un po’ di pregiudizi proprio per la mia età. Mi ricordo che il Maestro Chailly (che è il direttore musicale del Teatro alla Scala, ndr) è venuto sentirmi e dopo il concerto mi ha detto: “Tornerò sempre ad ascoltarti perché ho sentito il lavoro”. Per me sono state parole molto importanti. Ho un amore molto speciale per l'orchestra, per il coro, per il teatro, per il pubblico. Anche se l’Italia non è il mio Paese ho qualcosa nel mio corpo che mi fa sentire vicino all’Italia. Ogni volta sono molto orgoglioso di essere qui. E ogni giorno mi sveglio chiedendomi cosa posso dare di più, cosa posso fare per migliorarmi.
Basta scorrere la sua pagina Instagram per trovare un'immagine completamente diversa da quello che è lo stereotipo del direttore d'orchestra. Lei è sportivo, ama anche la musica techno, è il volto di alcuni brand di moda. Questo le ha creato anche dei problemi o delle difficoltà nell'affermarsi?
Sì, sicuramente. Il mondo della musica classica non è ancora pronto per questa libertà. Questa estate ho avuto un'esperienza molto strana perché ho preso due mesi liberi per vivere, per fare altre cose, per essere con la mia famiglia e ho ricevuto tantissime critiche. Quindi non è possibile avere anche una vita oltre alla musica? Così ho pensato che devo farlo ancora di più perché la gioventù ha bisogno di questa libertà con il rispetto della nostra arte. La mia prima passione è la musica, su questo non c’è dubbio. Ma se voglio diventare ancora più profondo come direttore d'orchestra devo anche avere una vita da cui prendere ispirazione. Devo imparare tutto nella mia vita per poi riportare tutto in teatro.
I social possono essere un modo per avvicinare i giovani alla musica classica?
Sì, assolutamente. I social sono uno strumento per avvicinarli ma dopo il mio lavoro è qui, in teatro. Qui devo riuscire a rubargli il cuore per tre ore. E poi ho raggiunto la mia missione perché torneranno, al 100%.