I Negramaro compiono vent'anni di carriera e la celebrano con un tour e una grandissima festa all'aeroporto di Galatina, in provincia di Lecce, il 12 agosto. Ci hanno raccontato chi erano e chi sono diventati. L'intervista
Avere 20 anni, che significa?
Giuliano Sangiorgi, voce: Innanzitutto sentirsi giovani. Avere 20 anni, cioè, celebrare 20 anni di musica insieme, un po' ti riporta indietro col tempo e ti fa pensare davvero al fatto che il tempo sia passato, ma insieme è molto più leggero. Abbiamo vissuto dei momenti stupendi nella nostra vita, abbiamo vissuto anche dei momenti meno belli, ma comunque averli vissuti sempre insieme annulla il tempo. Per cui, in realtà, a tutti dico: io sto festeggiando i nostri 20 anni, ma in realtà sono un ventenne, grazie a questa unione incredibile che ancora è lei.
Perché la scelta dei teatri di pietra, per i vostri concerti?
Andrea Mariano, pianoforte: E' stata una scelta più che altro rivolta alla possibilità di costruire uno show diverso da quelli che abbiamo fatto finora, perché stiamo lavorando tantissimo su un'esperienza audio visuale, io la chiamo, perché vorremmo cercare di coinvolgere il pubblico in totalità, ecco, fargli vivere un'esperienza più immersiva possibile. Stiamo lavorando al palco, che sarà decisamente inedito e alla cornice di questi posti che è eccezionale, tra cui le Terme di Caracalla e Siracusa, non ci siamo mai stati. Quindi, questa parte per noi abbastanza inedita, ci ha stimolato a fare, a costruire questo spettacolo veramente importante per il nostro percorso. Poi, ci sarà ovviamente la festa del 12 agosto. E' un'altra cosa e uscirà fuori da tutti i canoni, anche quella senza precedenti per noi, perché saremo in compagnia di tanti amici e quindi già questo basta a farci festeggiare nella maniera giusta.
Giuliano Sangiorgi, voce: C'è anche da dire che veniamo da un tour europeo italiano, un tour pazzesco, per cui eravamamo abbastanza propensi a continuare nei grandi teatri e in queste esclusivissime, queste location incredibili e storiche che andremo a toccare, ci piaceva proprio fossero i posti in cui concludere un cammino che abbiamo incominciato mesi fa e ricominciarne un altro, proprio dalla festa, invece, nell'aeroporto di Galatina. Diciamo dall'aeroporto del Salento, perché è un aeroporto che è al centro perfetto del Salento, della nostra Puglia.
Vent'anni: cosa teniamo, cosa lasciamo?
Ermanno Carlà, basso: Intanto teniamo ancora con noi tutti i cuori che ci seguono. Credo che non sia per nulla scontato e personalmente più vado avanti e più sono grato e mi rendo conto che tutto quello che faccio, anche se non me ne rendo conto, è fatto per gli altri. Quindi, credo che questo segni pure la nostra maturità. All'inizio siamo stati visti, scelti e amati; io mi chiudevo in me stesso e forse neanche guardavo, pensando al primo S. Siro. Poi ti rendi conto che tu bruci, ma il combustibile, comunque, sono gli altri. Quindi, questo, lo teniamo, e spero che - come sempre - non ci abbandoni mai. Invece, lasciamo dietro tanti ricordi che, però, come dice Giuliano, non hanno tempo. Il fatto di stare insieme, di crescere in questo contesto così speciale annulla il tempo. Quindi, questa occasione ti fa rivedere quello che eri e non lo accetti, lo accetti diversamente rispetto alla norma; perché dopo che una cosa è passata tu la lasci nel passato e rimane lì. Invece, tu credi di essere quella persona, perché stai bruciando ancora come un po' di anni fa e poi dici "caspita!" ancora più velocemente, diversamente dagli altri, ti rendi conto che il tempo è passato, ma noi cosa abbiamo fatto? Siamo stati una fiamma, praticamente, continuiamo a esserlo. Quindi un po' come il fuoco prendi e lasci, però, poi, non finisce lì, sicuramente.
Immaginiamo che questo gruppo sia una persona, un giovanotto di 20 anni. Che cosa vi aspettate, cosa vedete nel vostro futuro?
Danilo Tasco, batteria: Come fossimo dei veri ventenni, probabilmente, portiamo avanti questa voglia di scoprire. Questi 20 anni che son passati ci hanno in qualche maniera fermato, a 20 anni fa. Quindi, oggi viviamo quello che facciamo, la musica, quello che ormai è un lavoro, come una scoperta, come fosse una scoperta quotidiana. Questo ti porta poi a metterti sempre in gioco, a voler risalire sul palco, a entrare in sala prove, ricostruire uno show. Quindi, è come se stesse ancora accadendo, se stesse tutto iniziando.
Quanto è importante la fratellanza, per voi?
Emanuele "Lele" Spedicato, chitarra: Per noi la fratellanza è stata, è e sarà fondamentale per alimentare, come diceva Ermanno, questo fuoco che brucia dentro di noi che si chiama musica, sostanzialmente. Era amicizia, ma è diventata fratellanza, perché vivendo e crescendo insieme, in qualche modo ci si lega così tanto che ogni attimo è importante viverlo insieme. Quindi, cerchiamo di alimentarlo sempre e portalo avanti per altri 20 anni, ma pure più di 20 anni.
Che fine ha fatto la cantina dove vi esibivate agli inizi della vostra carriera?
Ermanno Carlà, basso: Io ci sono stato, perché è casa dei miei, è esattamente sotto la stanza da letto dei miei.
Andrea Mariano, pianoforte: Ne parlavamo due giorni fa di questa cosa, dicendo che qualcosa non ricordavamo e stavamo cercando di ricostruire i passaggi giusti, perché chiaramente dopo vent'anni qualcosa si dimentica.
Ermanno Carlà, basso: Sta ancora lì e i miei, soprattutto mio padre, l'ha lasciata così, proprio uguale, anche con le cose che magari sposteresti. Mia madre invece gli dice "puliamo", tanti i ragazzi non tornano, usiamola. Intanto (lo dice rivolgendosi ai compagni), vi esorto a visitarla, prima o poi dobbiamo farlo. Arrivi lì e dici "possibile?". Era veramente piccola, era un 4x5 e lì, giuro, ti lascia senza parole.
Giuliano Sangiorgi, voce: Secondo me suo padre è il più furbo di tutti, perché ha capito che un domani, se rimane veramente quella cosa inguardabile che era e invivibile, dove però sono cominciati i nostri sogni e per noi era già quello il nostro palco., può farne un museo. Ogni giorno era, poveri mamma Nicoletta e papà Nino, ogni giorno era veramente un concerto, ogni giorno dalla mattina alla sera. Ci sta vedendo lungo di nuovo Nino, perché già per noi tornarci è una cosa incredibile, Come ha detto Ermanno, non è possibile che sia partito tutto da queste mura e invece è proprio lì, dove è difficile, che si comincia a sognare. Qiundi, Nino sta guardando avanti. Sarà un museo pazzesco, quando non ci sarfemo più e Nino ci sarà, però!
E' la prima volta che l'aeroporto di Galatina viene utilizzato per un concerto?
Giuliano Sangiorgi, voce: E' la prima volta. L'aeroporto di Galatina è stato sia militare, sia civile. In realtà, abbiamo fatto una scelta proprio per il luogo, perché chiaramente stiamo già parlando di futuro, di altri progetti che abbiamo e volevamo trovare uno spazio molto più grande anche di uno stadio, perché è il nostro evento. Io scherzando dico è la nostra Campo Volo, è la nostra Modena Park; con tutte le galattiche distanze dal carissimo Luciano Ligabue, da Vasco Rossi, miti. Però, è un po' quello che è successo in Emilia con loro. Tra l'altro all'Emilia Romagna, a tutta l'Itallia che sta passando questo momento terribile, va il nostro conforto più grande, siamo distrutti da questo e possiamo soltanto lontanamente immaginare cosa stiano vivendo. Però in quei posti anche noi abbiamo vissuto Campo Volo, con tutti gli amici in Emilia, I Love Emilia.. Posso dire che la Puglia è la nostra casa ed era giusto a 20 anni non spostarsi da lì, tornare e trovare un posto grandissimo. Per cui abbiamo optato per quello che fosse il posto più avvicinabile da tutti, fisiologicamente perfetto. Racconto una cosa romantica. Ho scoperto che sia io, sia Andrea, forse in giorni diversi, quando i nonni ci facevano marinare la scuola oppure noi non volevamo andare alle scuole elementari, eravamo veramente piccoli, ogni tanto ci portavano a guardare gli aerei partire, perhé l'aeroporto era a due chilometri da casa di mia madre, da casa dei miei nonni e anche meno da casa di Andrea. Quindi, stiamo tornando un po' nei luoghi dove abbiamo visto i primi sogni volare. Cioè, un aereo volare per un bambino è, o almeno all'epoca era, veramente pensare all'impossibile. Secondo me è un po' il luogo dove tutto ha avuto inizio. A prescindere dal fatto che sia un posto militare, civile, perché è stato usato in maniera diversa quell'aeroporto. A noi serviva veramente un posto che potesse essere il pù grande possibile, il più accogliente possibile e che fosse verametne al centro di quella che realmente è stata la nostra terra dei sogni, da bambino. Era molto più facile organzzarla in uno stadio, penso sarebbe stato molto più facile. Abbiamo creato in una zona in cui non è possibile, almeno, si pensava non fosse possibile, portare un evento così grande, stanno lavorando così tanto per proprio creare una cosa inedita. Inedita ed esclusiva e che, forse, non tornerà mai più. Insomma, come i 20 anni, non tornano mai più.
Qual è il frame che fermereste, di questi 20 anni?
Andrea De Rocco, campionatore: Il frame più iportante è quello che ha segnato la differenza nei live dei Negramaro, cioé, il passare da un pubblico di tremila affezionati a un pubblico di ventimila. Siccome questa cosa è successa nel posto dove io studiavo, che è l'Università di Lecce. Al ritorno da Sanremo il traffico era completamente bloccato e c'erano ventimila persone. Fu un momento che ricordo particolarmente, perché era una bella differenza.
Ermanno Carlà, basso: Non so se è il più importante o meno, ma è il primo che mi è venuto in mente. Quando stavamo a Sanremo, mentre stavamo facendo "Mentre tutto scorre", spero che non si veda, ma in realtà c'è, quando io tiro un pugno su un sostegno e si sa che ci sono stati dei problemini. Mi ricordo quel momento come un trauma e pensai: basta, è finita, andiamo a casa. Non è per noi, andiamocene", e invece no.
Giuliano Sangiorgi, voce: L'incontro con Alessandro D'Alatri. Non con Caterina Caselli, perché è la cosa più grande che sia successa nella nostra vita. Mi ricordo con Ermanno davanti a lei e lei fu folgorata dalle nostre canzoni. Dopo sei ore avevamo una proposta di sette, otto dischi, una cosa incredibile, quello sta lì, nella storia dei Negramaro. Però, ora che non c'è più Alessandro D'Alatri, prima che succedesse tutto quello che è successo ai Negramaro, Alessandro, proprio da estimatore della musica, della grande musica, aveva deciso di inserirci in tanti contesti cinematografici, in cui avrebbe potuto inserire da Mina, con cui già collaboravamo, dai più grandi e invece aveva scelto questi sei pazzi a cui si era affezionato attraverso la musica. Quando le persone si innamorano reciprocamente, perché così è stato, dal punto di vista artistico, succede una magia. E' come se si fosse amici da sempre. Quel momento lì, che in questi giorni purtroppo ho rivisto, da cui mi ero magari allontanato, nel turbinio delle cose che abbiamo fatto, penso che sia un momento indimenticabile, nella mia vita. Cioè, grazie ad Alessandro che non c'è più, oggi un ricordo grandissimo da parte nostra, che gli abbiamo voluto bene, gli vogliamo bene, gliene vorremo sempre. Grazie, Alessandro D'Alatri.
Andrea Mariano: Il mio è un fotogramma che è impresso, scolpito nella mente, legato al primo S. Siro del 2008. Stadio che noi abbiamo fatto contro ogni proposito, quasi prematuramente, secondo tante persone. Quindi, non avevamo l'esperienza degli stadi e io stando tutto quel tempo nei camerini non avevo pensato che, a Milano, quando si inizia il concerto alle nove di sera, in realtà, c'è ancora la luce. Io mi aspettavo il buio, quindi, quando siamo usciti e sono arrivato dietro al palco, ho questa immagine scolpita che - in mezzo ai tralicci - vedevo la gente davanti a me, perché S. Siro è un muro di gente che hai davanti e quella cosa penso che non la dimenticherò mai a vita. Non me la aspettavo, pensavo di vedere il buio, che un po' di tutela, prima del concerto. Ecco, io ho visto tra i tralicci questa marea umana e penso che non la dimenticherò mai.
Danilo Tasco, batteria: Un frame che è lì immobile e che per quanto fermo ancora ci accompagna, è proprio l'emozione sul volto dei fan, quando sta per iniziare il concerto. Ogni volta che saliamo sul palco, vedere questi occhi, questi volti, dalle prime file a tutta la platea, collegarsi con quell'emozione, sapere che stai per suonare e lo fai per loro.
Emanuele "Lele" Spedicato, chitarra: A me piace ricordare il primo S. Siro, ma la cena di sere prima, prima di comunicare alla nostra agenzia che volevamo fare S. Siro. A una cena in particolare a Casa 69, dove vivevamo tutti insieme. Eravamo seduti a tavola e decidemmo di proporre di fare S. Siro, quindi, di giocare d'azzardo. Mi è rimasto proprio impresso, tatuato nella mente, perché fu un momento pazzesco per noi, di svolta.
Giuliano Sangiorgi, voce: L'ultimo ricordo bello è proprio di questi giorni. Eravamo da Jago, al museo di Jago, questo grande artista, questo scultore ed è arrivata una ragazza e mi sono commosso come fosse la prima volta, perché mi ha fatto vedere il tuatuaggio di "E' solo vento negli occhi", quindi, l'ultima canzone. Allora, io penso che sia tutto collegato. Un tatuaggio è per sempre, è collegato a qualcosa di ancestrale. Ho pensato che continuiamo a essere tatuaggi sulla pelle delle persone e questo mi emoziona ancora molto.