La modella e attivista posta sui social la sua pancia gonfia, sintomo dell'endometriosi, e invita chi soffre della stessa malattia a raccontare la propria storia. Questo scatto condiviso, risalente a prima dell'intervento, è solo l'ultimo gesto che l'influencer compie per sensibilizzare di più su certi problemi che ancora troppe donne affrontano con eccessivo pudore
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Un selfie in bagno, davanti lo specchio, come migliaia di altri che inondano l'Instagram di ognuno di noi. Eppure questo è differente perchè porta con sé un messaggio significativo. Giorgia Soleri, modella e attivista da circa 715mila follower, la foto in questione l'ha scattata esattamente un anno fa e mostra quella che lei chiama "la sua endobelly", la pancia gonfia a causa dell'endometriosi. Sfortunatamente questo non è l'unico sintomo di una malattia che complica la vita di milioni di donne e di cui per anni si è parlato troppo poco.
Giorgia ha deciso di sfruttare da tempo la sua visibilità per fare in modo che endometriosi e vulvodinia non fossero più parole sconosciute a troppe persone ma patologie in grado di essere discusse e affrontate. La foto dell'endobelly non è recente: risale a un anno fa, poco prima che Soleri si sottoponesse a un intervento. Scorrendo il suo profilo si trova anche una foto di qualche giorno fa: l'operazione è andata bene e la modella può sfoggiare ora un ventre piatto. Va detto che tuttavia non era scontato che tutto andasse per il meglio ed è giusto arrivare a un passo come l'intervento avendo ben chiare tutte le sue implicazioni. Come ricorda la stessa Giorgia nella lunga didascalia a corredo dello scatto che mostra la sua pancia gonfia: "Da quando sono stata operata, il mio più grande strumento è stato quello di essere estremamente consapevole sui possibili risvolti dell’intervento. Sapevo di poter fortemente migliorare come sapevo di potermi svegliare esattamente come prima, se non peggio. Questo mi ha aiutata ad avere fiducia nella procedura e nel suo risultato".
Uno dei principali problemi quando si affrontano questi temi è che tante persone nella stessa situazione della modella milanese non solo, come detto, non conoscono i rischi e i potenziali benefici di un intervento ma sono spesso addirittura ignare di soffrire di endometriosi. Per questo, più che la foto in sé, a essere importante è la "call to action" presente nel post: Giorgia ha infatti esortato tutte le sue follower che soffrono della stessa malattia a condividere la propria esperienza, per aiutare a fare una migliore informazione sul tema. L' esortazione è stata pienamente raccolta e sotto il post si sono concentrate in poco tempo tante storie di donne, diverse ma tutte accomunate dalla stessa patologia: chi ha già fatto l'intervento, chi non ancora e chi ha scoperto di soffrire di endometriosi solo dopo anni e magari mentre faceva un esame per accertare altro.
Una malattia di cui soffrono tantissime
Proprio la tardiva diagnosi è uno dei maggiori ostacoli che si trovano ad affrontare le persone affette da endometriosi. Si calcola che si scopra di soffrire di questa patologia con un ritardo compreso in genere tra i cinque e nove anni. La stessa Giorgia Soleri, che oggi ne ha ventisei, si è vista diagnosticare la malattia solo a marzo 2021. Nel tempo intercorso tra la comparsa dei sintomi e l'effettivo riconoscimento medico anche la vita quotidiana può diventare difficile per il soggetto che ne soffre, costretto spesso a convivere con dolori lunghi e persistenti.
Aggiungeteci anche che non si tratta di un problema raro: si calcola che oggi una donna su dieci ne soffra. A chi fa parte di questa fetta di umanità a lungo trascurata, che ha voluto raccontare la sua storia usando la cassa di risonanza del suo Instagram, Giorgia ha poi dedicato una storia in cui diceva: "Vorrei abbracciare tutte le persone che con coraggio ed empatia hanno lasciato la propria testimonianza. La condivisione è uno strumento potente e guardando le vostre parole non posso fare altro che ringraziarvi. Nessun* è sol* qui. Siamo la rivoluzione".
Quello che era nato come un semplice selfie che raccontava una storia personale è diventato insomma la base su cui fare germogliare una testimonianza collettiva. Non è un gesto che da solo basta a risarcire chi si è trovato per anni a combattere con un dolore "senza voce" e forse non è neanche l'azione più spettacolare nelle dimensioni (la stessa Giorgia in passato ha proposto flashmob in piazza, davanti a Montecitorio per il riconoscimento della malattia). Si tratta però di un piccolo importante atto, che aiuta a sensibilizzare e a far sentire chi lotta contro certe malattie meno solo nelle sue battaglie. Mica poco.