Una Corte di appello della California ha espresso parere favorevole alla pubblicazione della testimonianza di Roger Gunson, il sostituto procuratore che nel 1977 aveva istruito il caso contro il regista per violenza sessuale ai danni di una donna minorenne, Samantha Geimer. Secondo il legale del Premio Oscar, dimostrerebbe che la magistratura avrebbe infierito ingiustamente su Polanski
Una corte di appello della California ha dato il via libera alla pubblicazione di una testimonianza, ad oggi tenuta sotto segreto, che potrebbe aiutare il regista Roman Polanski nel caso che lo ha visto condannato per violenza sessuale ai danni di una minore nel 1977. Il nuovo procuratore della contea di Los Angeles, George Gascón, ha approvato la divulgazione di una testimonianza rilasciata nel 2010 da Roger Gunson, il sostituto procuratore che nel 1977 aveva istruito il caso contro il regista per violenza sessuale ai danni di Samantha Geimer che all’epoca aveva 13 anni. La decisione lascia intravedere, secondo Variety, la disponibilità a riconsiderare la vicenda “con occhi nuovi”.
La testimonianza
Secondo il legale del regista Premio Oscar, Harland Braun, la trascrizione dimostrerebbe che, all’epoca del processo, la magistratura avrebbe infierito ingiustamente su Polanski. In particolare, la trascrizione mostrerebbe come Rittenband (il giudice che aveva in mano il caso), alla vigilia della sentenza, avrebbe confidato ad amici l'intenzione di condannare Polanski a decenni di prigione. Da qui la decisione di Polanski di fuggire dagli Stati Uniti: dopo essersi dichiarato colpevole dello stupro della minorenne Samatha Geimer, il regista aveva infatti lasciato gli Usa prima della sentenza temendo che il giudice Rittenband avrebbe fatto carta straccia dell'accordo extra-giudiziario e i conseguenti sconti di pena previsti per gli imputati che patteggiano. Negli anni sono stati diversi gli sforzi di precedenti procuratori di estradare il regista negli Usa ma senza ottenere alcun successo, così come sono stati vani gli sforzi del cineasta di risolvere il caso senza far rientro negli Stati Uniti.
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L’interrogatorio
La richiesta di Braun era stata finora negata, l'ultima volta nel 2017 assieme a quella per l'archiviazione del caso. Su richiesta dell'allora legale di Polanski, il sostituto procuratore Gunson era stato interrogato per tre giorni a porte chiuse nel 2010: avrebbe accusato il giudice Rittenband di comportamenti inappropriati e sostenuto che i suoi superiori gli avrebbero impedito di rimuoverlo dal caso. In passato l'ufficio del District Attorney si era rifiutato di chiudere il caso fintanto che Polanski, che oggi vive in Francia, fosse rimasto all'estero sulla base della dottrina secondo cui i fuggiaschi si privano automaticamente dei loro diritti. “Adesso però c'è qualcosa di nuovo che si chiama Zoom", ha argomentato l'avvocato dell'autore de "Il Pianista". “Polanski potrebbe comparire in videochiamata da Parigi”.