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Gucci Love Parade, omaggio di Alessandro Michele a Hollywood come macchina dei sogni

Spettacolo

Nicoletta Di Feo

©Getty

Nell’anno del centenario di Gucci, Alessandro Michele sceglie Los Angeles per il ritorno degli show dal vivo. Sulla Hollywood Boulevard sfila la Gucci Love Parade con la Primavera Estate 2022 e il tributo del direttore creativo al cinema

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C’è Gwyneth Paltrow in un vintage Gucci dell’era Tom Ford in vellutto rosso e riproposto poi da Alessandro Michele;  c’è Diane Keaton in Gucci Aria, c’è Lizzo in cappa bianca con mega G intrecciate a contrasto. Ma ci sono anche Dakota Johnson, Olivia Wilde, Billie Eilish, Salma Hayek, Miley Cyrus e i Maneskin, protagonisti dell’after party al Roxy Theatre.

Le star ci sono tutte ma quella che va in scena sulla celebre Walk of Fame non è la cerimonia degli Academy Awards ma la Love Parade firmata Gucci. Dallo storico Chinese Theatre che per anni ha ospitato la notte degli Oscar, escono oltre 100 look, come gli anni festeggiati dal brand della doppia G.

LOS ANGELES, UN SOGNO CHE SI REALIZZA

Per il primo show dall’inizio della pandemia Alessandro Michele ha scelto Los Angeles e l’ha scelta, ci spiega in una conferenza stampa tenutasi in piena notte, perché è un po’ casa. Los Angeles è un luogo che amo, perché ci sono una serie di elementi che lo rendono vicino a me, all’azienda in cui lavoro e alla mia creatività. Quando ho iniziato sette anni fa ho cominciato a venire sempre più spesso qui e Los Angeles è stata da subito grande ispirazione: dentro le case, nei cinema, nei bar, la stessa notte degli Oscar. La moda aveva uno spazio particolare, era espressione dell’Io, non c’era nessuna intenzione fashionista ed era affascinante. Io sono cresciuto con una mamma che parlava quasi esclusivamente dell’Olimpo americano, di quelle che io chiamo le divinità della West Coast e tuttora ne sono completamente influenzato. Forse anche la scelta di fare il designer è nata dal cinema, inizialmente infatti volevo fare il costumista. Venire a Los Angeles è stato come abbracciare di nuovo la vita, come abbracciare di nuovo l’amore per il mio lavoro. E del resto anche Gucci è legata al mondo del cinema, del jet set, degli artisti del cinema. Quindi ricominciare da qui  dopo il lockdown era un po’ come tornare a casa, questo era il posto prescelto dal destino”.

©Getty

UNA GRANDE PARATA, NON SEMPLICEMENTE UNO SHOW

“Il desiderio è l’erotismo e io cerco di erotizzare come si fa nella moda gli oggetti, le cose che indossiamo, la misteriosa relazione tra corpo e materia. Nello show ho utilizzato dei sex toys che diventano dei bijoux, ed era per dire che la moda è erotizzazione dei capi di abbigliamento. Io ho un’adorazione per le cose, chi guarda la moda come la guardo io è un feticista, è un ossessivo.”

Una grande parata quindi e non semplicemente una sfilata, perché “questo show”, ci dice Alessandro Michele, “è un grande ritorno agli amici, all’umanità, alle persone. Ho deciso di stare sulla strada delle divinità di Hollywood proprio per abbracciare questo posto, per un’idea di libertà e di amore. Credo che l’amore sia una parola potente”.

IN PASSERELLA LA HOLLYWOOD DELLA ‘STRADA’

Sulla passerella, che altro non è che la Walk of Fame, sfila Jared Leto, presto al cinema nel ruolo di Paolo Gucci; Macaulay Culkin, il mitico Kevin di Mamma ho perso l’aereo; Jodie Turner-Smith; Phoebe Bridgers.

I riferimenti al cinema, del resto, sono innumerevoli: ci sono i cappelli tributo ai film americani, i guanti rosa di Marylin Monroe, la maschera da coniglio di Donnie Darko, l’abito con piume di cigno alla Björk, che firma anche la colonna sonora dello show. C’è l’amore di Alessandro Michele per il cinema e per quella moda fatta di oggetti.

Ma la Hollywood che sfila nella nuova collezione Gucci per la prossima primavera-estate è una storia di vita perché la strada ha fatto per la moda molto più delle passerelle.

“La mia Hollywood”, racconta il direttore creativo, “è uscita dagli stage dei film, è per la strada. Le divinità a cui faccio riferimento sono le persone in strada e ho giocato con l’idea che ci si può vestire senza orario e senza occasione. Quello che mi concedo nella vita l’ho fatto nel mio lavoro. L’umanità che immagino di vestire è un’umanità un po’ da ‘giardino delle delizie’, varia, piena di differenze, io leggo un po’ la bellezza ovunque”.

Non c’è traccia di conservatorismo negli abiti che sfilano sulla Walk of Fame di Gucci, perché, come spiega Alessandro Michele “non c’è più tempo per conservare nulla, se non la bellezza. Credo che oggi la moda, come la musica, il cinema, la scrittura, l’arte, abbiano il dovere di dare voce a quello che c’è fuori nella strada”. Il mondo cambia perché le persone cambiano il mondo e io in quanto persona guardo avanti e credo che non potrei fare diversamente. È imprescindibile la relazione tra la moda e la vita e la vita è proprio questo”.

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OMAGGIO AL CINEMA COME MACCHINA DEI SOGNI

Un tributo appunto al cinema come macchina dei sogni, come spiega lo stesso Alessandro Michele nella lettera che accompagna lo show: ‘9 lettere piene di desiderio’. Proprio le nove lettere della parola Hollywood, quel quartiere di Los Angeles raccontato dalla mamma, assistente in una casa di produzione, quell’Olimpo delle divinità che al pari dei Classici sono state parte integrante della sua formazione, nonché fonte inesauribile di sogni.

Per il gran finale del kolossal firmato Gucci tutto il cast invade l’Hollywood Boulevard per lasciare poi spazio al grande artefice di questa ennesima rivoluzione creativa: un emozionato Alessandro Michele in jeans e tuxedo oversize, fiero del suo tributo alla ‘città degli angeli’ e alle sue radici.

LA LETTERA DI ALESSANDRO MICHELE

Mamma lavorava nel cinema come assistente di una casa di produzione. Ricordo i suoi racconti, dettagliati e scintillanti, su quella fabbrica di sogni. C’era il pallore d’alabastro di Marilyn Monroe e la sua voce diafana. C’erano i guanti neri di satin di Rita Hayworth e i capelli di seta di Veronica Lake. E ancora l’incanto seduttivo di Rock Hudson e il trasformismo vertiginoso di Kim Novak. Tutto aveva il sapore della fiaba.

A quei tempi abitavamo in una casa occupata nella periferia di Roma. Avevo bisogno di respirare. Quei racconti sovversivi mi aiutavano a squarciare il grigio. Erano la mia fuga, la mia diserzione. Da laggiù, da quel punto del mondo, HOLLYWOOD appariva come un astro luminosissimo e splendente. Nove lettere piene di desiderio.

Quando ho cominciato a riflettere su come avrei voluto celebrare questo nuovo capitolo della mia avventura lavorativa, ho pensato a mamma e al suo lascito prezioso. Ho pensato al culto della bellezza di cui mi ha nutrito. Al dono irrinunciabile del sogno. All’aura mitopoietica del cinema. E ho scelto Hollywood Boulevard.

Il mio amore irrefrenabile per il mondo classico trova su questa strada piena di stelle una sponda ideale. Hollywood è, in fondo, un tempio greco abitato da divinità pagane. Qui, attori e attrici sono celebrati come eroi del mito: creature ibride capaci di accogliere allo stesso tempo la trascendenza divina e l’esistenza mortale, l’immaginario e il reale. Sono loro gli idoli di una nuova cosmogonia contemporanea, i protagonisti di una forma di persistenza del sacro. Ancora oggi Afrodite, Teseo, Pandora e Medusa abitano nell’Olimpo di Hollywood. Irraggiungibili eppure così umani.

Intorno a questi semi-dei si dispiega la città degli angeli, un luogo inondato da una luce benedetta. È qui che ho incontrato le persone più stravaganti, fuori tempo, refrattarie a qualsiasi idea di ordine. Le ho sempre osservate come in processione alle pendici dell’acropoli dei sogni. Bramose di offrirsi in dono nella loro unicità. Una parata di esseri incantati e profondamente liberi che attraversa una terra dove non c’è passato, né futuro: solo il miracolo dell’immaginifico. Mamma me lo raccontava sempre: Los Angeles risplende di una magia senza tempo, sfiora le divinità e si fa mitologia del possibile.

Alessandro