In Evidenza
altre sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Stories Live - Claudio Baglioni, l'intervista al visual artist Giuseppe Guariniello

Spettacolo

Floriana Ferrando

Immagini, suoni e parole lavorano in sinergia per offrire un’esperienza unica e coinvolgente. E' la proposta del digital artist ed experience designer, che con i suoi universi audiovisual fa da sfondo all’incontro tra il grande cantautore e il vicedirettore di Sky Tg24 Omar Schillaci

Condividi:

Design, arte e tecnologia si fondono per dare vita a performance audiovisive inedite e a nuovi linguaggi narrativi. È il progetto artistico di Giuseppe Guariniello, digital artist, experience designer e insegnante, che a Stories Live racconta attraverso le sue produzioni audiovisual la carriera di Claudio Baglioni, ospite del nuovo appuntamento con il ciclo di interviste dedicate al mondo dello spettacolo.

È difficile dare una definizione del tuo lavoro: ci aiuti a capire meglio?

Lavoro su tre filoni principali: quello artistico, che comprende audiovisual, arte, installazioni; quello che riguarda il design e, infine, l’insegnamento. Parlando dell’ambito artistico, ho cominciato intorno ai 20 anni ad avvicinarmi a questo tipo di sperimentazione; mi è capitato di venire in contatto con grandi sperimentatori del passato, così ho iniziato a conoscere il mondo delle performance live, sia nei concerti, sia portando il multimedia nell’ambito museale. 

 

Allora, in Italia, eravamo pronti ad accogliere questo nuovo linguaggio?

In Italia vent’anni fa c’era poco. A livello pratico, erano rari i posti dove trovare un’attrezzatura del genere, mentre oggi qualsiasi sala concerti è attrezzata. Lo vediamo anche nella tv: in programmi come X Factor (SPECIALE) oggi è molto potente il valore della scenografia, ad esempio, costituita da ledwall. Nei programmi di vent’anni fa la scenografia era molto più semplice. 

 

Come nasce il tuo processo creativo?

Il lavoro è quasi sempre totalmente live. Ovviamente si parte da una narrazione, esattamente come per il giornalismo. Questo tipo di arte interviene in un ambiente fisico cercando di massimizzare l’effetto della narrazione, cercare di emozionare l’utente. Nel lavoro realizzato per Stories, la mia prima esperienza in ambito giornalistico, questo concetto è fondamentale. Partendo dai brani di Claudio Baglioni ho fatto una ricerca di footage, che vengono prima ottimizzati per l’utilizzo durante il live e poi mixati su più livelli. In ultimo, ma non per importanza, c’è l’effetto audio: nasce così un mix di varie immagini in contemporanea su cui il suono interviene in tempo reale, trasformandole ulteriormente. Quello che si ottiene è unico: realizzato in un momento preciso sulla base di un concetto e dell’esperienza che si va a generare. Claudio Baglioni, o altri che suonano live, vengono accompagnati da luci e da un contenuto visivo al fine di trasmettere un’emozione. Questo è quello che ho sempre cercato di fare, anche nel caso di Stories Live. 

 

Quindi, nel caso specifico, parola, suono e immagine si sostengono a vicenda...

Vanno a lavorare in sinergia diventando un unicum. È quello che abbiamo cercato di fare in Stories. Va tenuto presente che per quanto riguarda un’esperienza che viene vissuta live da un pubblico, abbiamo un tipo di reazione; nel caso della tv classica o di un podcast si cerca di trasmettere un’emozione diversa, perché la performance viene fruita dalle persone nel loro mondo. Si cerca sempre di arrivare in qualche modo, ma dipende anche dalla sensibilità di ognuno.

 

Tra tutti i tuoi lavori ce n’è qualcuno che trovi particolarmente rappresentativo?

I miei progetti più personali, “SotS - Sound of the Spheres” e “Ind - I need Darkness”: qui ho lavorato per un periodo prolungato con sound designer, artisti e programmatori alla ricerca di nuove forme di sperimentazione e di storytelling che si basano su un’idea totalmente personale. Ho sempre cercato di ricorrere alle tecniche più innovative per tirare fuori una narrazione che vada oltre la tecnologia stessa.

 

Hai parlato di unicità: nel mondo ultra tecnologico di oggi come è possibile distinguersi?

Facendo l’insegnante, da anni vedo tanti ragazzi imparare le nuove tecnologie. Credo sia necessario differenziarsi dalle mode del momento che certo, vanno comprese, ma serve creare qualcosa di personale. Ci si distingue creando contenuti basati su un concetto di partenza: la tecnologia in sé non è la protagonista, ma deve essere usata come strumento. A Stories, ad esempio, ho usato determinate tecnologie, escludendone altre, perché l’artista che accompagnavo lavora in un certo modo. Se avessi dovuto affiancare un artista elettronico avrei utilizzato altri strumenti e realizzato un altro genere di contenuti, tipo l’arte generativa, che dà vita per lo più a forme del tutto geometriche. Qui , invece, ho portato in scena qualcosa di diverso, gli elementi della vita dell’uomo.