Valentino Re-Signify, brand experience a Shanghai

Spettacolo

Nicoletta Di Feo

Parte da Shanghai il primo capitolo del processo di risignificazione della Maison voluto dal direttore creativo Pierpaolo Piccioli.

 

Non è una sfilata né tantomeno una presentazione di una collezione. L’arte c’entra ma non è nemmeno una mostra.  'Valentino: Re-Signify Part One'  è piuttosto una brand experience. Un evento multimediale attraverso il quale Pierpaolo Piccioli prosegue il suo cammino di risignificazione dei codici della Maison, ossia il processo concettuale ma anche pragmatico con cui il direttore creativo di Valentino sta definendo la contemporaneità e il futuro del brand.

Un processo che parte da Shanghai, dove negli spazi della Power Station of Arts, dal 19 dicembre al 17 gennaio questo modo di fare e di pensare si concretizza in un’esperienza fisica grazie a Mariuccia Casadio e Jacopo Bedussi e all’allestimento creato da Kennedy London.

 

 

A parlarcene è lo stesso direttore creativo di Valentino. “Avremmo preferito essere a Shanghai”, dice Pierpaolo Piccioli aprendo la conferenza stampa virtuale di presentazione di questo nuovo progetto, ma a causa di forze maggiori siamo a Roma. Abbiamo scelto di cominciare questo primo capitolo del percorso di risignificazione del brand proprio a Shanghai perché lì l’immaginario di Valentino è meno noto. Quei codici che attraverso questo processo vogliamo guardare in modo diverso”. Perché la risignificazione implica un legame con la memoria di un’esperienza documentata, un archivio di dati. È citazione, recupero di segni, colori, motivi preesistenti. Ma è anche appropriazione, modo personale di interpretarli, elaborarli, ricontestualizzarli nel nostro presente, rivisitando proporzioni e priorità, estetiche, tecniche e funzioni.

Sulla base di queste premesse risignificazione è anche l’azzardo di proiettare quei segni verso un fuori.

 

 

Esperienza che si pone come un sistema aperto dove tutto possibile. Un invito a sentire Valentino in maniera diversa

‘Valentino: Re-Signify Part One’ è un’esperienza da vivere personalmente e in modo personale. L’intento è scatenare il dubbio e la curiosità senza offrire alcuna risposta. Si pone infatti come un sistema aperto, con un'entrata ma senza un percorso, per invitare allo sviluppo di interpretazioni diverse e personali, tutte valide perché possibili, nel quale il passato e il presente della Maison Valentino interagiscono con la storia recente e contemporanea della ricerca artistica e visuale, dalla video arte al cinema underground, e dalla fotografia alla computer grafica.

Abbiamo voluto mettere in connessione il mondo di Valentino con altri mondi", ci spiega Pierpaolo Piccioli. “Si tratta di un’esperienza dove ognuno può però trovare le proprie forme di connessione. E’ un invito a sentire Valentino in maniera diversa”.

 

In questo primo capitolo, a cui ne seguiranno altri, i temi di Valentino vengono estratti dall’archivio ma anche dall’oggi per essere innestati in ambiti nuovi, concentrandosi su codici precisi. La Stud, il rosso, i fiori, l’universo estetico dell’Atelier, e la Couture, o meglio il significato che Pierpaolo Piccioli dà del concetto di Couture: un modo di essere, di immaginare, di sognare.

 

Piccioli: al centro il concetto di community come persone che si accomunano per lo stesso modo di sentire, non di apparire

A parlare è un linguaggio poetico e romantico, ma anche concretamente visionario. Ma soprattutto è un linguaggio leggibile e utilizzabile da tutti, perché applicato concretamente ad ogni prodotto Valentino.

Il direttore creativo di Valentino tiene a precisare che “non si tratta di una celebrazione della storia del brand ma di una riflessione sull’identità e su come può essere interpretata oggi questa identità. Identità non come chiusura ma come personalità. Quel che mi interessa”, afferma Piccioli, “non è il concetto di lifestyle inteso come unione di persone che condividono la stessa estetica, bensì il concetto di ‘community’ come gruppo di persone diverse che condividono gli stessi valori, persone che si accomunano, appunto, non per il modo di apparire ma di sentire”.

 

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