Mahmood, l’infanzia a Gratosoglio: “Papà andò via quando avevo 5 anni”

Spettacolo

Dalla periferia di Milano al palco di Sanremo, il vincitore della 69esima edizione del Festival si racconta: “Qui tanti crescono bene e fanno bella musica”. E sulla domanda se ha una fidanzata o fidanzato, spiega: “Specificare già crea una distinzione”

Da Gratosoglio a stravincere il Festival di Sanremo 2019 (LO SPECIALE) prima nella categoria giovani e poi in quella dei grandi artisti, Mahmood è la rivelazione nel campo della musica di quest’anno. La sua vittoria ha scatenato varie polemiche, soprattutto perché a decretare il trionfo del rapper è stata la giuria di esperti che ha ribaltato il voto popolare, ma le classifiche continuano a premiare il cantante che con la sua “Soldi” è ai primi posti tra i singoli più ascoltati su Apple Music e Spotify. La canzone “è nata dalla frase in arabo waladi habibi ta’aleena, figlio mio, amore, vieni qua - ha raccontato Mahmood al Corriere della Sera - era con quelle parole che papà mi chiamava per tornare a casa quando, bambino, giocavo nel parchetto di Gratosoglio”. L’artista, in alcune interviste, ha raccontato i suoi ricordi d’infanzia e la sua vita nella periferia di Milano, dove ancora vive con la madre. “Nella mia classe sono cresciuto con giovani di diverse nazionalità, sono abituato a convivere, non ho mai subito il razzismo”, ha detto a Repubblica.

L'abbandono del papà a 5 anni

Mahmood, vero nome Alessandro Mahmoud, madre sarda e padre egiziano, ha raccontato al Corriere di non aver avuto più notizie del papà da quando aveva 5 anni: “Ero così piccolo... I momenti di rabbia sono venuti dopo e li ho superati. Però, ho scritto "Soldi" perché avevo bisogno di fissare i ricordi di qualcosa che poteva andare meglio”. E la figura paterna ricompare anche in altri singoli dell’album dell’artista “Gioventù bruciata” perché “è stata un’autoanalisi, perché papà qualcosa mi ha lasciato. Quando dico che faccio Morocco Pop, è un’affermazione d’identità”. Nella formazione musicale del cantante infatti si intrecciano cantautori italiani come De Gregori, Dalla, Battisti, ascoltati dalla madre ad artisti arabi, preferiti dal padre.

La passione per la musica

La passione per la musica è iniziata presto: “Il mio primo ricordo sono io che suono la trombetta Chicco davanti alla tv. A otto anni, già prendevo lezioni di solfeggio, ma i suoni mediorientali li ho recuperati dopo, come quando da bambino non ti piacciono le verdure, poi cresci e cerchi tutte le verdure che ti sei perso”.

“In Egitto con papà, un pezzo delle mie origini”

Mahmood ha parlato anche del suo rapporto con il Paese di provenienza del padre e dell’Islam. È stato il papà a portarlo in Egitto per la prima volta e a fargli visitare le piramidi, il deserto: “Sono rimasto affascinato. Mi piace che quello sia un pezzo delle mie origini”. E sulla differenza tra le due religioni musulmana e cattolica, l’artista ha spiegato che: “Io sono per rispettare tutti. E, davanti alla violenza, sono dalla parte della vita”

“Alle elementari vincevo sempre la medaglia come miglior lettore”

Ma è alla mamma che deve tutto, che l’ha sostenuto e cresciuto a una condizione: “Ti pago i corsi di musica solo se vai bene a scuola”. E Mahmood confessa di aver mantenuto il patto, almeno alle elementari, dove vinceva sempre “la medaglia come miglior lettore di libri”, mentre all’esame di maturità non si presentò e, per punizione, la madre non lo mandò più a musica.

Gratosoglio e la musica

Se la musica da bambino ha rappresentato per Mahmood uno sfogo, il quartiere dove è vissuto è stato per l’artista “un posto dove tanti giovani crescono bene, tanti che fanno bella musica vengono da posti così”. Alla domanda se sia gay, il cantante ha chiarito che è una questione superata dalla sua generazione “che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione”.

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