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La vita secondo Marcello Fonte, Palma d'Oro a Cannes per Dogman

Spettacolo

Denise Negri

Classe 1978, nato in provincia di Reggio Calabria, ultimo di cinque fratelli e arrivato a Roma negli anni '90 spinto dal fratello scenografo, l'attore ha fatto tutti i lavori possibili approdando al teatro come custode del Fort Apache

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Sono i suoi occhi quelli che hanno colpito, soprattutto, la giuria di Cannes fino a premiarlo con la Palma d'oro per la migliore interpretazione maschile. È vero che passa attraverso loro la sua recitazione, ma forse è perché racchiudono la vita, non sempre facile, che ha avuto fino ad ora. Di Marcello Fonte, classe 1978 nato a Melito di Porto Salvo in provincia di Reggio Calabria, il grande pubblico sapeva, e sa, ancora poco. Mite e mansueto come appare in “Dogman”, pacifico tanto da fargli dire di "odiare la violenza perché lo mette a disagio" di questa incredibile avventura ha la consapevolezza che "ogni cosa bella che arriva ti toglie inevitabilmente qualcos'altro".

La carriera, dal teatro al cinema

Ultimo di cinque fratelli, arrivato a Roma negli anni '90 spinto dal fratello scenografo, ha fatto tutti i lavori possibili approdando al teatro come custode del Fort Apache e sostituendo all'improvviso un attore venuto a mancare proprio sul palco. Un po’ di tv, un po’ di cinema: una piccola parte in "Corpo Celeste" di Alice Rohrwacher, una un po' più grossa in "Io sono tempesta" di Daniele Luchetti, fino a quella, strepitosa di “Dogman”. "Ringrazio Matteo Garrone per avermi dato fiducia e avermi trattato da attore, che è quello che mi sento di essere", dice Marcellino, come lo chiamano gli amici del Nuovo Cinema Palazzo, nella sua San Lorenzo romana, che gli hanno fatto una festa a sorpresa al suo rientro dalla croisette.

L'amore per il teatro

Minuto e spigoloso, un viso che sarebbe tanto piaciuto a Pasolini, questo ragazzo convinto che "povertà e ricchezza siano solo una questione mentale" ama il teatro perché "nella recitazione c'è più verità che nella vita reale". "Ho sempre fatto da cupido, ho sempre unito le persone perché credo nella condivisione", dice, mentre racconta un progetto a cui tiene molto: lo spettacolo "Famiglia" recitato insieme alla compagnia Fort Apache Cinema Teatro, fatta anche di attori ex detenuti, o detenuti in misura alternativa. Sì, perché per Marcellino è naturale mettere "la stessa passione e la stessa professionalità, sul palco del Festival di Cannes o su quello di un teatro di periferia". "Prima parlavo solo calabrese, poi ho imparato l'italiano e adesso spero di imparare lingue straniere", dice ridendo e abbassando quegli occhi, con timidezza e garbo. "Continuerò a sognare", assicura, "spero solo di non finire come Gesù Cristo: prima acclamato, poi crocifisso".