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Venezia 2017, Ai Weiwei racconta i profughi: sforzi Italia ammirevoli

Spettacolo

Maria Teresa Squillaci

L’artista cinese, al suo esordio alla regia, porta in concorso alla Mostra del cinema “Human Flow”, un documentario kolossal sui migranti, girato (anche con uno smartphone) in oltre 20 Paesi e 40 campi di accoglienza

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È cominciato come un film girato con l’i-phone ed è diventato un kolossal di 140 minuti fatto di oltre 600 interviste e quasi mille ore di riprese in più di 20 Paesi. L’artista cinese e esordiente regista Ai Weiwei ha presentato alla 74esima Mostra del cinema di Venezia il suo “Human Flow”, l’unico documentario in corsa per il Leone d’oro. Sono serviti quasi due anni per raccontare il “Flusso umano” di 65 milioni di profughi mostrandone i volti, il dolore, le violenze subite, le speranze e le frustrazioni derivanti dai rifiuti e dai respingimenti. Dall’Afghanistan all’Italia (Lampedusa), dalla Turchia al Kenya, dal Messico all’Iraq, Ai Weiwei inquadra uomini, donne e bambini, passando da più di 40 campi a centri di accoglienza.

Un documentario sulle migrazioni nel pianeta

“Dobbiamo renderci conto che stiamo assistendo al più grande esodo dai tempi della Seconda guerra mondiale, una tragedia umana che è sotto gli occhi di tutti – dice il regista – l’umanità è un unicum e se capiamo che non c’è un ‘noi’ e un ‘loro’ allora potremo affrontare la questione nel modo giusto e trovare una soluzione”.
Per questo il regista è presente in prima persona nel documentario. Non solo alcune scene sono girate con il suo i-phone, ma compare mentre si taglia i capelli in un campo profughi, mentre tratta per la frutta o mentre si fa un selfie con un cartello con scritto “Ai Weiwei #withTheMigrants”.

Dall’arte al cinema

Artista e attivista cinese, noto per le sue sculture e installazioni, per Weiwei era la prima volta dietro la macchina da presa: “Faccio molte cose ma sono prima di tutto un individuo, e come tale ho delle responsabilità. Gli artisti dovrebbero aiutare a creare consapevolezza delle tragedie umane, in molti ci provano ma pochi ci riescono perché magari non riescono a raggiungere un grande pubblico. In questo il cinema può aiutare”.
La questione dei migranti è però quotidianamente trattata dai media e il rischio, per un’opera iniziata quasi due anni fa, era di essere “superata” dall’attualità: “Abbiamo cercato di trattare questo 'Flusso Umano' non come un fatto contingente ma con una prospettiva storica. Spesso i media quando parlano dei migranti creano un “noi” e un “loro”, aumentando le divisioni, è questo quello che abbiamo cercato di evitare”.

“Grande sensibilità dell’Italia”

Weiwei esprime anche grande apprezzamento per come l’Italia sta gestendo gli arrivi dei profughi: “Sono molto colpito da una nazione che ha capito questo tema in modo molto più profondo di altre e che lo sta trattando con grande sensibilità e rispetto ma non può essere lasciata sola perché si tratta di un problema globale”. Weiwei allarga appunto il campo: “La soluzione riguarda tutti noi, non solo i rifugiati. Gli individui devono afre pressione sui politici, tutto deve iniziare da noi”.