"Romanzo di una strage", il racconto di Piazza Fontana
SpettacoloArriva venerdì 30 marzo nelle sale il film di Marco Tullio Giordana che ripercorre gli avvenimenti legati alla bomba che esplose a Milano il 12 dicembre 1969. Nel film, tra gli altri, Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea
Guarda anche:
A dicembre la manifestazione in ricordo della strage
Dopo l'attentato del 12 dicembre del 1969 alla Banca dell'Agricoltura "l'Italia ha perso la sua verginità. La strage di piazza Fontana è stata un po' il nostro 11 settembre". Ne è convinto Pierfrancesco Favino, che nel film Romanzo di una strage interpreta l'anarchico Giuseppe Pinelli. La pellicola di Marco Tullio Giordana sarà in 250 sale dal 30 marzo distribuita dalla 01 e prodotta dalla Cattleya di Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini e Marco Chimenz in collaborazione con Rai Cinema.
Favino: "Come l'11 settembre" - Il film ripercorre gli avvenimenti che vanno dalla morte di Antonio Annarumma, il poliziotto ucciso durante una manifestazione, all'omicidio del commissario Luigi Calabresi il 17 maggio 1972. Fulcro è la strage di piazza Fontana. "Mi piacerebbe - fa notare Favino - che i giovani attraverso il film capissero che per gli italiani la strage di piazza Fontana ha avuto un impatto emotivo analogo a quello seguito all'11 settembre. Fino a quel momento avevano un rapporto di fiducia con i politici, credevano in maniera pura, quasi ingenua nella democrazia".
La vicenda di Pinelli, insiste Favino, "mi ha particolarmente coinvolto, anche perché ho conosciuto la vedova e le figlie. Abbiamo però scelto di renderlo sullo schermo più sanguigno di quanto non fosse e senza il difetto di balbuzie, questo per evitare che Pinelli fosse visto fin dall'inizio come un agnello sacrificale, che ispirasse un sentimento di pietà"
Mastandrea: "Il mio lavoro più difficile" - Valerio Mastandrea, che nel film è il commissario Luigi Calabresi, dice invece di essersi preparato in maniera diversa: "Per pudore ho preferito non incontrare la famiglia. Se la strage di Piazza Fontana fosse accaduta ieri sarebbe attualissima. Oggi siamo viziati da questo silenzio, dalle impunità, dai pregiudizi. Non è un caso se si è aspettato 40 anni per fare questo film. Le cose avvenute allora non sono poi tanto diverse da quelle accadute ad esempio a Genova, durante il famigerato G8 del 2001: il meccanismo è lo stesso e uguale il risultato, l'impunità per gli autori". "In 20 anni - aggiunge - questo ruolo è stato il mio lavoro più difficile, ha messo in discussione le mie convinzioni, mi fa interrogare come uomo e come cittadino italiano".
L'incontro Moro-Saragat - Nel film di Giordana si racconta come dopo la morte di Pinelli si siano incontrati riservatamente al Quirinale il presidente Saragat (Omero Antonutti), filo-americano, convinto atlantista, e Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), fautore di una cauta apertura alle opposizioni e allora ministro degli Esteri. Le informazioni in possesso di Moro indicano nei gruppi neonazisti veneti i responsabili della strage e la pista rossa un depistaggio messo in opera dai servizi segreti. Saragat appare scosso, si sente messo sotto accusa, protesta la sua assoluta estraneità. Sul suo personaggio Gifuni spiega: "E' un Moro inedito di 9 anni prima dei 55 giorni del rapimento. Un uomo di grande integrità interiore, ma pieno di dubbi. L'incontro con Saragat è particolarmente importante, ed è frutto dell'incrocio di varie fonti storiche, fra cui le parole testuali di Moro scritte durante la prigionia delle Brigate Rosse. Su Moro c'era una considerevole quantità di elementi su cui lavorare. Fra l'altro, i miei costumi sono stati realizzati dallo stesso sarto che ha confezionato le sue camicie".
A dicembre la manifestazione in ricordo della strage
Dopo l'attentato del 12 dicembre del 1969 alla Banca dell'Agricoltura "l'Italia ha perso la sua verginità. La strage di piazza Fontana è stata un po' il nostro 11 settembre". Ne è convinto Pierfrancesco Favino, che nel film Romanzo di una strage interpreta l'anarchico Giuseppe Pinelli. La pellicola di Marco Tullio Giordana sarà in 250 sale dal 30 marzo distribuita dalla 01 e prodotta dalla Cattleya di Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini e Marco Chimenz in collaborazione con Rai Cinema.
Favino: "Come l'11 settembre" - Il film ripercorre gli avvenimenti che vanno dalla morte di Antonio Annarumma, il poliziotto ucciso durante una manifestazione, all'omicidio del commissario Luigi Calabresi il 17 maggio 1972. Fulcro è la strage di piazza Fontana. "Mi piacerebbe - fa notare Favino - che i giovani attraverso il film capissero che per gli italiani la strage di piazza Fontana ha avuto un impatto emotivo analogo a quello seguito all'11 settembre. Fino a quel momento avevano un rapporto di fiducia con i politici, credevano in maniera pura, quasi ingenua nella democrazia".
La vicenda di Pinelli, insiste Favino, "mi ha particolarmente coinvolto, anche perché ho conosciuto la vedova e le figlie. Abbiamo però scelto di renderlo sullo schermo più sanguigno di quanto non fosse e senza il difetto di balbuzie, questo per evitare che Pinelli fosse visto fin dall'inizio come un agnello sacrificale, che ispirasse un sentimento di pietà"
Mastandrea: "Il mio lavoro più difficile" - Valerio Mastandrea, che nel film è il commissario Luigi Calabresi, dice invece di essersi preparato in maniera diversa: "Per pudore ho preferito non incontrare la famiglia. Se la strage di Piazza Fontana fosse accaduta ieri sarebbe attualissima. Oggi siamo viziati da questo silenzio, dalle impunità, dai pregiudizi. Non è un caso se si è aspettato 40 anni per fare questo film. Le cose avvenute allora non sono poi tanto diverse da quelle accadute ad esempio a Genova, durante il famigerato G8 del 2001: il meccanismo è lo stesso e uguale il risultato, l'impunità per gli autori". "In 20 anni - aggiunge - questo ruolo è stato il mio lavoro più difficile, ha messo in discussione le mie convinzioni, mi fa interrogare come uomo e come cittadino italiano".
L'incontro Moro-Saragat - Nel film di Giordana si racconta come dopo la morte di Pinelli si siano incontrati riservatamente al Quirinale il presidente Saragat (Omero Antonutti), filo-americano, convinto atlantista, e Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), fautore di una cauta apertura alle opposizioni e allora ministro degli Esteri. Le informazioni in possesso di Moro indicano nei gruppi neonazisti veneti i responsabili della strage e la pista rossa un depistaggio messo in opera dai servizi segreti. Saragat appare scosso, si sente messo sotto accusa, protesta la sua assoluta estraneità. Sul suo personaggio Gifuni spiega: "E' un Moro inedito di 9 anni prima dei 55 giorni del rapimento. Un uomo di grande integrità interiore, ma pieno di dubbi. L'incontro con Saragat è particolarmente importante, ed è frutto dell'incrocio di varie fonti storiche, fra cui le parole testuali di Moro scritte durante la prigionia delle Brigate Rosse. Su Moro c'era una considerevole quantità di elementi su cui lavorare. Fra l'altro, i miei costumi sono stati realizzati dallo stesso sarto che ha confezionato le sue camicie".