Le Nazioni Unite vogliono proteggere le zone di alto mare dallo sfruttamento

Scienze
Oceano (Getty Images)
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Attività umane come la sovrapesca e l’estrazione di minerali dal fondale marino stanno mettendo a rischio la biodiversità delle acque internazionali. L’ONU intende proporre un trattato per tutelarle 

Le zone di alto mare si trovano a oltre 200 miglia marine dalla costa e non sono sottoposte alla sovranità di alcuno stato. Coprono il 46% della superficie del pianeta e contengono alcune delle forme di vita più rare. Possono essere attraversate, senza restrizioni, da ogni nazione. È anche consentito svolgere delle ricerche scientifiche all’interno delle sconfinate aree da esse coperte.
Di recente, la biodiversità presente in queste zone è stata minacciata dallo sfruttamento eccessivo dovuto ad attività come il recupero di minerali dal fondo del mare e la sovrapesca. Nell’arco dei prossimi due anni, l’ONU spera di poter ottenere un trattato vincolante volto a proteggere le acque internazionali.
Gli esperti ritengono che gli oceani siano fondamentali per il nostro pianeta, poiché catturano circa il 90% del calore e il 26% delle emissioni in eccesso di anidride carbonica dovute all’uso dei combustibili fossili e ad altre attività umane.
“Le zone di alto mare proteggono la vita sulla Terra dagli impatti peggiori del cambiamento climatico”, spiega il professor Alex Rogers dell’Università di Oxford.

Un trattato globale ancora non esiste

Nel 1982, l’ONU adottò la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UCLOS) per regolamentare l’estrazione dei minerali nel fondale marino, l’uso delle navi posacavi, la navigazione, la protezione dell’ambiente marino e altre tematiche. Altri gruppi, come la Commissione internazionale per la caccia alle balene, hanno tutelato altri aspetti delle zone di alto mare, tuttavia non esiste ancora un trattato globale finalizzato a proteggere la biodiversità e limitare lo sfruttamento delle risorse.
Secondo i ricercatori, le zone di alto mare saranno la principale fonte per l’estrazione dei minerali nei prossimi anni. Nel 2017, infatti, un team di scienziati inglesi intento a esplorare una montagna sottomarina nell’oceano Atlantico ha scoperto delle alte concentrazioni di una sostanza rara e preziosa impiegata nella costruzione dei pannelli solari. Molte compagnie, inoltre, guardano con interesse alle sorgenti idrotermali che si formano nelle profondità oceaniche, le quali ospitano numerose specie rare ed esotiche. Alcuni gruppi di ricerca, infine, ritengono che studiando le creature strane e meravigliose che risiedono nei fondali si potrebbero creare dei nuovi farmaci.

La tutela della biodiversità

Il nuovo trattato voluto dalle Nazioni Unite dovrebbe concentrarsi su tre elementi. Il primo è la creazione di aree marine protette nelle acque internazionali, similmente a quanto fatto da varie nazioni all’interno della propria giurisdizione. In secondo luogo, dovrebbe essere introdotto anche un sistema di valutazione dell’impatto ambientale che una determinata attività potrebbe avere nelle zone di alto mare. Infine, anche alle nazioni più povere dovrebbe essere concesso di trarre beneficio da ogni scoperta sviluppata tramite le risorse genetiche marine.
“Un trattato globale forte sulle zone di alto mare potrebbe aiutare a proteggere la biodiversità, garantire la sicurezza alimentare di miliardi di persone e contrastare il cambiamento climatico”, sostiene Sandra Schoettner, biologa marina presso Greenpeace. 

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