L’IA potrebbe svelare il carattere attraverso lo sguardo

Scienze
visita oculistica (Getty Images)

Gli algoritmi dell’apprendimento automatico dell’intelligenza artificiale sembrano poter delineare quattro dei cinque tratti della personalità della Big Five 

Gli occhi, a parer dell’oratore latino, Marco Tullio Cicerone, sono una porta verso il mondo interiore.
Se a questa visione largamente condivisa uniamo i risultati dello studio congiunto tra l’Università di Stoccarda e quella del South Australia, che ha analizzato e monitorato i movimenti oculari utilizzando l’intelligenza artificiale, scopriamo che può bastare quest’ultima per illustrare i tratti della personalità degli individui.

Lo studio nel dettaglio

I due atenei hanno operato cercando, per la prima volta nell’ambito della ricerca, di delineare i tratti della personalità dei partecipanti analizzando il loro sguardo. I ricercatori si sono serviti di un tracciatore dotato di intelligenza artificiale grazie al quale hanno monitorato ed analizzato i movimenti oculari dei 42 soggetti che hanno preso parte all’esperimento.
Gli studiosi hanno poi confrontato i risultati ottenuti dal tracciatore visivo di SensorMotoric Instruments con dei questionari specifici.

Esito dello studio

L’intelligenza artificiale è stata in grado di delineare in modo affidabile ben quattro tratti della personalità per ogni partecipante: nevroticismo, estroversione, gradevolezza e coscienziosità.
Una sfaccettatura in meno rispetto alle cinque che possono essere scoperte tramite la teoria dei Big Five, che fino ad ora, tra la moltitudine di modelli incentrati sullo studio della personalità, permane uno degli strumenti più condivisi e testati, sia a livello teorico che empirico. McCrae e Costa attraverso studi psicolessicali hanno infatti postulato cinque grandi dimensioni di personalità, le così dette Big Five, che sembrerebbero accumunare tutte le persone prese in esame: estroversione-introversione, gradevolezza-sgradevolezza, coscienziosità-negligenza, nevroticismo-stabilità emotiva, apertura mentale-chiusura mentale.
L’Obiettivo finale dello studio attuato dai due atenei, secondo Tobias Loetscher, ricercatore dell’Università del South Australia, è quello di poter migliorare, in un futuro prossimo, le interazioni uomo-macchina. I risultati di questa ricerca sembrano infatti poter portare alla realizzazione di robot che siano molto più vicini, umanamente parlando, alle nostre esigenze.
“Questa ricerca offre l'opportunità di sviluppare robot e computer in modo che possano diventare più naturali e possano meglio interpretare i segnali sociali umani. Le persone sono sempre più alla ricerca di servizi personalizzati e migliorati, tuttavia i robot e i computer odierni non sono socialmente consapevoli, quindi non possono adattarsi a segnali non verbali”, commenta Loetscher.

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