I fantastici 4 e la Luna in fondo al tunnel

“Victor, Christina, Jeremy… si parte per la Luna!“. Con queste parole il comandante Reid Wiseman si rivolge al suo equipaggio nella giornata che segna di fatto l’inizio del countdown verso la rampa di lancio. Houston, Nasa Johnson Space Center, conferenza stampa dell’equipaggio della missione Artemis II, un viaggio di dieci giorni verso lo spazio profondo a bordo della navicella Orion, per testarne il funzionamento e poi avventurarsi attorno alla Luna e ritorno, con splashdown previsto nell’Oceano Pacifico. Dopo slittamenti e ritardi, la finestra temporale per la partenza da Cape Canaveral a bordo del potentissimo razzo Space Launch System, prevista entro aprile del 2026, è stata anticipata al 5 febbraio. “Il che vuol dire - spiega il comandante – che da lì in poi ogni settimana potrebbe essere quella buona, ma ricordatevi – aggiunge – si tratta di una missione di prova; quindi, partiremo quando il veicolo spaziale e la squadra sono pronti e poi ogni singola fase del viaggio potrebbe essere anche l’ultima se le cose a bordo non funzionano. Perché, lo ripeto, si tratta di una missione di prova e siamo pronti a ogni possibile scenario”. Chi sono i membri dell'equipaggio I fantastici quattro sono veterani dello spazio, come qualche mese fa aveva anticipato a Sky TG24 Insider il loro collega Luca Parmitano. Oltre al comandante Reid Wiseman, 49 anni, all’attivo una missione di lunga durata a bordo della ISS e due anni come capo dell’ufficio astronauti della NASA, la specialista di missione Christina Koch, 46 anni e 328 giorni consecutivi a bordo della Stazione spaziale, protagonista della prima attività extraveicolare tutta al femminile e ora prima donna diretta verso la Luna, anche se per lei questi primati lasciano il tempo che trovano; poi Victor Glover, pilota 49enne con una decennale carriera da astronauta, primo afroamericano a volare verso il nostro satellite, e per finire lo specialista di missione Jeremy Hansen, 49 anni anche lui, cittadino canadese e primo non americano a partecipare a una missione così, che è un record già a partire dalle presentazioni. Il lungo addestramento L’equipaggio ha passato gli ultimi due anni e mezzo in viaggio, attraversando in lungo e in largo gli Stati Uniti e poi proseguendo oltreoceano, in Germania, per capire com’è stato costruito il modulo di servizio della navetta Orion, targato Agenzia Spaziale Europea. Una tappa è stata anche l’Islanda, per impratichirsi di geologia seguendo le orme degli equipaggi delle missioni Apollo, che proprio in quel luogo così remoto e simile per terreno e paesaggi alla Luna svolsero all’epoca una parte del loro training . Il nome della navicella Dopo viaggi e addestramenti, i quattro hanno ormai evaso tutti gli obie, compresa, un paio di mesi fa, la scelta del nome, come da tradizione, per la navicella nuova di zecca che li trasporterà nel viaggio verso la Luna. “Ci siamo chiusi in un lungo brainstorming – spiega il comandante – e all’inizio ognuno di noi aveva in mente i suoi nomi preferiti, ma poi abbiamo parlato di ciò che conta di più, di quali sono i nostri valori fondamentali. Cosa vogliamo che diventi la nostra missione? Vogliamo che Artemis II abbia successo, ma anche pace e speranza per tutta l'umanità. Questo è ciò che desideriamo veramente. E alla fine, quando il lavoro si condensa con la speranza nasce la magia. Quindi voleremo attorno alla Luna a bordo della nostra navicella spaziale, che abbiamo chiamato Integrity”. L’Agenzia spaziale americana ha poi aggiunto in una nota come dietro la scelta di questo nome ci siano i valori che guidano tutti coloro che lavorano per il successo della missione: rispetto, coraggio, onestà e umiltà, in uno “sforzo integrato” ben rappresentato dagli oltre 300 mila componenti del veicolo spaziale. Obiettivo; ispirare le persone e tracciare la rotta per il ritorno sulla Luna, questa volta per restarci. La missione “La nostra missione durerà all’incirca dieci giorni – spiega Victor Glover - e noi dovremmo orbitare attono alla Luna il sesto giorno. Vorrei concentrarmi su un momento molto specifico: credo che i quarantacinque minuti in cui saremo più vicini alla superficie lunare lo faremo senza avere contatti, avremo una perdita di segnale secondo i calcoli. Anche se non potremo parlare con la Terra e con i nostri amici che saranno nello spazio sulla Stazione Spaziale Internazionale, mi piacerebbe molto se il mondo intero potesse unirsi nella speranza e nella preghiera per il ritorno di acquisizione di quel segnale”. Il pilota mette in fila tutti i compiti estremamente complessi che attendono l’equipaggio a partire dal primo giorno di quello che sulla carta è un viaggio attorno alla luna di prova, che servirà ad aprire la strada alla successiva missione del programma, la più attesa: Artemis III, destinata a riportare il genere umano sulla superficie del satellite. L’ultima volta che ci siamo stati era il dicembre del 1972, con la missione Apollo 17. A Christina Koch spetta il compito di illustrare gli aspetti scientifici del viaggio: ”Ciò che amo della Luna è che non è solo un faro per l'esplorazione e una piattaforma di possibilità per missioni incredibili come questa, ma che ci offre benefici enormi”. Quattro le parole chiave per l’astronauta americana: innovazione, intesa come i progressi che aiuteranno le future missioni ad andare più lontano nel sistema solare, ma anche nuove tecnologie da applicare sulla Terra, proprio come è già accaduto con le missioni Apollo; ispirazione, non solo per i giovani ma per tutti coloro che lavorano in settori collegati allo spazio, dalla manifattura alle cellule staminali, e poi scoperta, ovvero la scienza che verrà con la missione Artemis. Soprattutto quella che si farà grazie agli astronauti, dato che tutto l’equipaggio verrà sottoposto a diversi esperimenti per comprendere come il corpo umano affronta l’esperienza dello spazio profondo, dalle capacità cognitive al sonno, al rendimento in ambienti estremi. Per indagare al meglio, ogni astronauta avrà un suo avatar: “Viaggeremo con alcune cellule e tessuti del nostro corpo inseriti in minuscoli chip, che serviranno a studiare gli effetti della vita in microgravità e dell’esposizione prolungata alla radiazioni – spiega Koch. L’ultima parola chiave per lei è geologia lunare, che applicata si traduce in studio della formazione del sistema solare e della sua evoluzione. “Il nostro avvicinamento alla Luna sarà programmato. Potremo prenderci alcune ore e dedicarle esclusivamente all'osservazione della sua superficie. A seconda dell'orario del lancio e dell'illuminazione, scopriremo parti del nostro satellite mai osservate prima. E, anche se potete non crederci, in questo caso i nostri occhi saranno i migliori strumenti scientifici su cui poter fare affidamento. Per rispondere a domande come: siamo soli nell’universo? tutto comincia dall’esplorazione della Luna”. La nuova corsa allo Spazio Per noi -conclude il canadese Jeremy Hansen - questa missione vuol dire inseguire l’eccellenza. Quando penso a noi quattro penso alla speranza, il nostro viaggio non sarà la soluzione ai problemi della Terra ma rappresenta un contributo positivo e spero che tutti riflettano su quanto sia straordinario quando come genere umano ci poniamo degli obiettivi e lavoriamo tutti assieme per raggiungerli”. E a chi gli chiede come la mettiamo con la nuova corsa allo spazio e la concorrenza della Cina replica: “Bisogna avere una visione realistica, essere preparati e pensare con un certo anticipo. Tutto questo ha senso per noi, ma credo anche che sappiamo cosa fare: inseguire l’eccellenza, lo ripeto È così che si vince una corsa allo spazio ed è così che si fanno progredire i nostri Paesi. Cosa ancora più importante, è così che si crea un ambiente dove incoraggiare gli altri a collaborare. Questo programma di ritorno verso la Luna è un bellissimo esempio di collaborazione, e vincere questa corsa è molto importante per tutti noi”. Quando l’incontro finisce l’equipaggio sorride, ma nella testa ci resta l’eco delle parole del comandante Reid Wiseman, perfetta sintesi dello stato d’animo dei quattro astronauti “Victor, Christina, Jeremy… si parte per la Luna! Dopo un viaggio incredibile durato oltre due anni, finalmente vediamo la luce alla fine al tunnel”.

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Marta Meli