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Erionite, la fibra 100 volte più tossica dell'amianto. Dove si trova e perché è nociva

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I titoli di Sky TG24 del 24/03/2025, edizione delle 8
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I titoli di Sky TG24 del 24/03/2025, edizione delle 8
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È un minerale presente principalmente in rocce vulcaniche di impiego in diversi settori, dall’edilizia all’agricoltura. A partire dalla metà degli anni Settanta questa "fibra killer" ha causato un’epidemia di tumori maligni in alcuni villaggi della Cappadocia

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Grazie ad un recente studio è stata scoperta una “fibra killer” potenzialmente cento volte più tossica dell’amianto: si chiama erionite. È un minerale presente principalmente in rocce vulcaniche di impiego in vari settori, come l’edilizia e l’agricoltura. Sebbene il gruppo delle zeoliti, di cui fa parte, non siano dei minerali dannosi per l’uomo, l’erionite possiede un alto grado di tossicità per inalazione, centinaia di volte superiore a quella dell’amianto. A partire dalla metà degli anni Settanta questo minerale è stato la causa di un’epidemia di mesotelioma pleurico maligno (MPM) in alcuni villaggi della Cappadocia, dove le abitazioni erano costruite con materiali contenenti proprio erionite.

La ricerca

La scoperta arriva da uno studio congiunto tra Sapienza Università di Roma, Università di Genova ed ENEA. È stato finanziato dall’UE, con il programma NextGenerationEU, ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Hazardous Materials. La ricerca, utilizzando un innovativo approccio interdisciplinare, ha analizzato i cambiamenti che avvengono nelle fibre del minerale una volta entrate nei polmoni, dove dovrebbero poi essere filtrate e distrutte tutte le sostanze estranee grazie alla presenza dei macrofagi polmonari, gli spazzini del sistema immunitario.

Un pericolo reale

“L’innalzamento del pH cellulare” spiega Sonia Scarfì, docente presso l’Università di Genova “provoca un’elevata richiesta energetica, soddisfatta da un’iperattivazione dei mitocondri. Il risultato di questa iperattivazione dopo, qualche giorno dalla fagocitosi, è un aumento di produzione dei radicali dell’ossigeno nei mitocondri e, successivamente, una sofferenza mitocondriale che può portare alla morte cellulare”. “Ne consegue” concludono Paolo Ballirano, docente presso Sapienza e Scarfì “che questo fenomeno porta a infiammazione cronica e al potenziale sviluppo di cancro”.

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