Il tentativo, non andato a buon fine ma comunque molto utile per le osservazioni future di fenomeni rari come questo, è stato condotto da due grandi gruppi internazionali di astronomi, di cui ha fatto parte anche Ruben Sánchez-Ramírez, ricercatore dell'Inaf, l’Istituto Nazionale di Astrofisica
Grazie al lavoro coordinato di due grandi gruppi internazionali di astronomi, di cui ha fatto parte anche Ruben Sánchez-Ramírez, ricercatore dell'Inaf, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, è stato possibile indagare sulla firma elettromagnetica lasciata da uno degli eventi cosmici più catastrofici in assoluto, ovvero la collisione tra una stella di neutroni e un buco nero, uno tra gli oggetti più pesanti dell’Universo. L’evento non è stato identificato, ma i risultati dell’indagine, pubblicati sulla rivista scientifica “Nature Astronomy”, ha potuto fornire importanti informazioni su come individuare questi rari fenomeni in futuro.
Il ruolo di Ligo e Virgo
A rivelare i dettagli su questo interessante lavoro ci ha pensato proprio l’Inaf, in un comunicato apparso sul proprio sito, spiegando come il bagliore residuo della fusione di una stella di neutroni e di un buco nero, che in gergo tecnico viene definito “Nsbh merger”, non è mai stato individuato. Proprio per questo gli esperti ne hanno voluto cercare uno, nel corso della terza campagna osservativa degli interferometri Ligo e Virgo, strumentazioni specializzate nel rilevare “le più piccole increspature nel tessuto spaziotempo, chiamate onde gravitazionali, prodotte quando gli oggetti più pesanti dell’Universo si scontrano, fondendosi”, spiega l’Inaf. I due cacciatori di onde gravitazionali, che si trovano rispettivamente negli Stati Uniti e in Italia, sono riusciti ad individuare alcuni possibili candidati di fusioni Nsbh nel gennaio scorso, “ma i due team guidati dal California Institute of Technology non sono riusciti a trovarne la controparte ottica”. Il momentaneo risultato negativo, però, è stato però ritenuto importante dagli astrofisici perché fornisce informazioni molto utili su come continuare questo tipo di ricerca.
La firma elettromagnetica della kilonova
Obiettivo dei ricercatori in questo studio è stata una kilonova, un oggetto celeste frutto della fusione di due stelle di neutroni e considerata appunto la firma elettromagnetica legata alla fusione tra una stella di neutroni e un buco nero. Andare a caccia di kilonovae è molto difficile, perché sono deboli ed in rapida dissolvenza e occorre analizzare con attenzione un’ampia regione del cielo per trovare la posizione esatta della fusione. La kilonova, spiegano ancora gli esperti dell’Inaf, può nascere dalla collisione di due stelle di neutroni o, come in questo caso, di una stella di neutroni e di un buco nero e genera un’esplosione astronomica, “definita anche macronova, 1000 volte più luminosa di una nova classica, che si osserva soprattutto nella fase in cui è predominante l’emissione di radiazione elettromagnetica nella banda visibile e infrarossa”. Le kilonovae, in sostanza, una tra le poche modalità che gli esperti hanno per confermare l’esistenza dei sistemi Nsbh, le cui onde gravitazionali sono somiglianti a quelle dei sistemi binari di buchi neri di piccola massa. Nella maggior parte dei casi, comunque, proprio perché si tratta di eventi particolarmente rari, non si riesce a scovare nessuna kilonova, come successo nell’ambito di questa ricerca, ma è possibile dedurre le proprietà di queste fusioni e delle rispettive kilonovae anche non individuandole, “poiché la mancata rilevazione fornisce informazioni su ciò che potrebbe essere avvenuto in quella zona di cielo”. Lo studio in questione, infatti, ha dimostrato che è possibile intraprendere ricerche in questo senso dal momento che sono alla portata dei moderni telescopi ottici, all’interno di una significativa porzione di universo.